NOTE STORICHE SULLA SANTA CASA DI TRESIVIO

(Prof.ssa Aurora Carugo)

 

Partendo da Sondrio, sia lungo la strada panoramica che sale lungo la mezza costa della sponda retica, sia lungo la strada statale di fondo valle, si rende ben visibile e fa bella mostra di sé, per dimensioni e maestosità compositiva, il Santuario della Santa Casa di Loreto a Tresivio, costruito dalla devozione popolare a più riprese nel corso dei secoli, ma con un impulso decisivo durante il sec. XVlll.

 Il Santuario venne infatti iniziato nel 1646 ma, da documenti antichi, risulta che in tale luogo già esisteva la chiesa di S. Maria di Tronchedo. Le prime notizie risalgono al 1016 [1] e nel 1094 è indicata come «baxilica» [2], una piccola cappella, secondo il significato attribuito a questo termine dai testi del tempo. Dal 1106 almeno risulta documentata la sua dipendenza dal monastero di S. Abbondio di Como [3].

Presumibilmente nella prima metà del XIl secolo presso questa chiesa si venne costituendo una piccola comunità monastica benedettina, una “cerula”, come si legge in un atto del 1185 [4], ospitata  verosimilmente nella “domus” di proprietà della chiesa che viene spesso citata nei suoi atti amministrativi.

Intorno alla metà del Duecento venne meno la presenza diretta dei monaci benedettini, ma continuò ad esistere la chiesa di S. Maria, dove, nel 1440, il nobile Giovanni Beccaria fondò un beneficio con riserva del diritto di patronato [5].

La devozione mariana, sempre viva tra gli abitanti di Tresivio e testimoniata anche dalla presenza di una antica confraternita denominata “schola Sanctae Mariae” [6], porterà alcuni secoli più tardi a costruire intorno e sopra la chiesa di S. Maria di Tronchedo il santuario della Santa Casa .

1629

E' nel corso della seconda metà del Seicento- lasciati alle spalle i contrasti politici e religiosi e l'esperienza della peste- che sì assiste in Valtellina ad un fervore di edilizia religiosa, cui parteciparono anche quelle maestranze ticinesi e intelvesi protagoniste del rinnovamento barocco, alimentato dalle forze spirituali e materiali della Controriforma.

La menzione di una erigenda chiesa dedicata alla Beata Vergine di Loreto a Tresivio è già contenuta negli atti della visita pastorale del vescovo Lazaro Carafino del 1629, quando il vescovo si sofferma sui decreti particolari per l'antichissima e fatiscente chiesetta di S.Maria di Tronchedo.

Quest'ultima, la cui esistenza appare documentata a partire dall' XI secolo, testimonia la presenza di una devozione mariana che risale nei secoli, confermata del resto anche dalla presenza, nella comunità di Tesivio, di una confraternita di S.Maria, di origine almeno quattrocentesca.

1646

Negli atti della seconda visita pastorale del vescovo Carafino si legge: "Per la chiesa di S.Maria, hora Lauretana di Tresivio o Tronchedo. Volendosi fabbricare di nuovo questa chiesa s'osservi il disegno approvato et intanto si mantenga delle cose necessarie per la celebrazione e si celebri frequentemente per mantenervi e accrescervi la divozione, e s'eseguiscano li decreti delle passate visite "".

Esisteva quindi un progetto approvato per un edificio la cui costruzione consentiva comunque di celebrare nell'antica chiesetta.

Il 30 novembre 1646 l'arciprete Giacomo Antonio Lambertenghi benediva la prima pietra della S. Casa di Loreto.

Il notaio Gio.Pietro Crivelli, nel rogare l’atto, ci informa che furono la confraternita di S.Maria e le popolazioni di Tresivio e di Acqua a farsi promotrici della costruzione. Alle spese si sarebbe fatto fronte con le rendite di S.Maria e questue.

Nel documento si parla esplicitamente non di una edicola, ma di un'altra chiesa, da erigere all'esterno di S.Maria di Tronchedo, a nullora, verso monte.

1649

Il 18 luglio del 1649 viene eretta nella S. Casa la confraternita della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo.

1654

Dagli atti della terza visita pastorale del vescovo Carafìno si rileva: "...è cominciato un tempio di grande e dispendosa mole, però si ricorda alla devozione dei fedeli il proseguimento fino alla fine. Frattanto si provveda delle suppellettili necessarie alla celebrazione delle messe, e si facci reindorare fra doi mesi la patena che si trova. Si prepari un libro capace, nel quale distintamente si notino le spese e il ricavato per detta chiesa da deputati, iquali ogni anno ne renderanno li conti all'arciprete...per essere da lui admessi e sottoscritti ".

1653

E’ sempre il notaio Crivelli ad annotare  in una disposizione testamentaria un legato all'Altare della Santa Casa e alla confraternita della Beata Vergine del Monte Carmelo, "unita all'altare". Non ci è dato sapere a che punto fosse giunta la costruzione, ma vi si poteva già celebrare, essendo dotata di altare.

1654

Giacinto Guicciardi, nel rispetto delle ultime volontà dello zio, nobile sign. Antonio, fonda il benefìcio della S. Casa, riservando il diritto di patronato alla propria famiglia.

Designa come primo cappellano il chierico Francesco Medici, destinato ad entrare in possesso della cappellania non appena ordinato sacerdote. Il cappellano aveva l'onere di celebrare nella" Casa o chiesa lauretana" due messe alla settimana. Fonte di queste notizie sono sempre gli atti del notaio Crivelli.

1658

Lo stesso notaio registra gli accordi intercorsi tra Martino Scala e il figlio Antonio e i lapicidi Gervasio e Martino Colturi di Bormio, abitanti a Tresivio.

Pietro Angelo Scala è una figura tra le più significative nel panorama della architettura valtellinese del secondo Seicento. E' forse da identificare nel sopracitato Martino Scala uno dei primi architetti della S. Casa?

1660

A documentare le difficoltà materiali oltre che economiche legate alla costruzione del tempio, viene registrata dal notaio Crivelli la licenza per condurre acqua in località S.Maria.

Sono sempre gli atti del Crivelli a documentare l'inaugurazione dell'organo costruito da Carlo Prata, di Gera Larlo e la donazione alla S. Casa Lauretana di una reliquia di S.Carlo Borromeo.

Se ne deduce che un primo corpo di fabbrica fosse già agibile ed atto ad ospitare le funzioni liturgiche accompagnate dal suono dell'organo.

1666

Viene data la licenza per costruire una strada ad uso della Fabbrica della chiesa della B.V.Maria Lauretana.

 1669

Viene stipulato un accordo tra la Venerabile Fabbrica della S. Casa di Tresivio e "li picapietre".

Il 29 novembre dello stesso anno il francescano Bonaventura Del Monte consegna al Santuario una croce di legno con reliquie della Terra Santa autenticate dal superiore di Gerusalemme.

1682

Il vescovo Carlo Ciceri constata di persona, durante la sua visita, che i lavori procedono a rilento e quindi autorizza l'arciprete e i Deputati del Santuario a passare nelle altre parrocchie valtellinesi per raccogliere questue.

1688

Negli atti della visita pastorale del vescovo Torriani il vescovo constata come i lavori siano andati "mediocremente bene", nonostante la fabbrica abbia avuto come responsabili solo il capomastro e gli amministratori,"homeni di campagna".

Auspica pertanto l'intervento, per evitare dispendio di risorse, di "qualche persona dell'arte d'architettura". Potrebbe farsi carico della ricerca di un architetto il canonico Francesco Bonomi, "beneintendente dell'arte", col consenso dell'arciprete.

1693

Nei registri contabili della chiesa sì legge l'avvenuto completamento del campanile di destra della facciata.

1701

Da un atto rogato dal notaio Giorgio Tomietti si evince che l'arciprete Ignazio Lazzaroni benedice la prima pietra di una seconda S. Casa, posta più a nord. Si era deciso di decapitare il colle in modo da ottenere una spianata onde edificare una nuova costruzione per la quale si abbandonava il barocco d'oltralpe per seguire uno schema nuovo.

1707

Come attestato dai libri contabili si lavorava al tetto del coro.

1716

Le stesse fonti danno notizia dei lavori di costruzione della cupola.

1717

Negli atti delle visite pastorali del vescovo Olgiati è inserita una relazione del visitatore Gerolamo Gaetani fatta il 24 agosto. Vi si parla di una chiesa appena costruita, alla quale si accede tramite gradinate, attraverso tre porte poste sulla facciata e due poste ai lati. L'interno è ampio, provvisto di coro e due cappelle con arco d'accesso ancora allo stato grezzo, mentre le due cappelle vicine alle porte sono rifinite, imbiancate, dotate di cancelli in legno , pietra sacra e arredi idonei.

Al centro della chiesa, tra le due principali cappelle laterali, vi è una casa lauretana, dotata di altare con pietra consacrata, arredi lignei, tre lampade d'argento e una grande croce pure d'argento.

1724

Note contabili ci informano che il luganese Giacomo Adamo,capomastro, lavorava con i suoi operai al cornicione della chiesa e ai capitelli interni.

Scorrendo i registri contabili delle parrocchie valtellinesi non è raro imbattersi in mastri luganesi che portano il cognome di Adamo. Il più noto è forse Martino Adamo, architetto attivo in Valtellina nella seconda metà del Seicento.

1730-31

In questi anni il tetto della cupola viene ricoperto con "piode".

1733

I registri contabili ci informano dell'intervento del tedesco Michele Locsthett nella ristrutturazione dell'organo Prata.

La cripta dell'antica chiesetta di S.Maria subisce un parziale crollo. Vengono quindi sostenute delle spese per "rifare la volta di sotto e il suolo della chiesa caduto".

Un altro crollo avvenne in temi successivi al punto che si rese necessario riempire la cripta di detriti e realizzare un nuovo pavimento.

1754

Il piccapietra bormiese Giuseppe Maria Tamagnino costruisce il portale maggiore del Santuario. Suo padre, Vitale,che già dal 1666 abitava a Tresivio, aveva invece realizzato le porte laterali.

1755

Mastro Giacomo Bichler riveste con lamine di rame finemente lavorato le porte dell'ingresso principale.

I registri contabili della chiesa costituiscono finora l'unica testimonianza relativa all'attività di questo artista, forse di origine tedesca.

1780-1790

Si lavora ancora all'interno della chiesa con particolare riguardo agli altari.

1795

Iniziano i lavori per la torre campanaria, che avranno compimento solo nel 1832.

1833-55

Una memoria contenuta negli atti della visita pastorale del vescovo Romanò informa della presenza nel tempio di numerose crepe, al punto da paventare una sua chiusura.

1874

Con il determinante contributo del canonico Gianoncelli e sotto la direzione tecnica dell'ingegnere Giacomo Orsatti si provvede ai lavori di restauro e anche di finltura. Da una memoria dell’epoca si ha notizia che “la chiesa della Madonna era eretta ma non finita, eccetto la facciata che era stabilita (intonacata) come si vede, il resto a rustico tutto l’interno del tempio…la scalinata a sera non c’era e fu costruita…la guglia a sera non c’era e fu innalzata per compire il disegno….verso sera, nel’interno della chiesa lo scurolo presente era ingombro di materiale e mancante di alcun lume in fondo, senza stabilitura alle pareti e senza lastrico al suolo…l’intero tempio, nell’interno, fu tutto ritoccato e sigillate le screpolature”.

1876

La chiesa viene dotata di un nuovo organo costruito dalla ditta Locatelli di Bergamo.

  

 


 

Sala conferenze del Centro di formazione del Credito Valtellinese di Tresivio (SO)  lì, 17 novembre 2001

 LA  STORIA

RECENTE DELLA

“SANTA CASA LAURETANA”

DI TRESIVIO (1962-2002)

(Angelo De Michielli)

 

 

1962 — Costituzione di un Comitato «Pro Restauri» Santa Casa. Viene aperto un conto corrente postale intestato al Comitato per facilitare il versamento di offerte provenienti da fuori parrocchia a favore del Santuario.

 5 febbraio 1968 — Il soprintendente ai Monumenti della Lombardia, Gisberto Martelli, scrive al parroco di Tresivio di aver più volte ricevuto segnalazione da parte dell'arch. Pietro Scurati-Manzoni dell'«urgenza di addivenire al consolidamento dell'edificio». «....Lo stato del Monumento è veramente allarmante, come mostrano le profonde lesioni passanti, dovute principalmente alle spinte delle volte impostate a grande altezza e quindi con effetti imponenti; se non anche cedimenti fondali. Si consiglia l'Ente proprietario di volere subito prov­vedere alle opere più urgenti con propri mezzi, da approvarsi da que­sto ufficio... (che) promuoverà su­bito la pratica col Ministero per la procedura di un contributo...» «.... Dovrebbe inoltre l'Ente proprietario promuovere un programma organico di interventi che dovrebbe avere come necessaria premessa l'esame statico generale del monumento per individuare le cause dei profondi dissesti; sentendo per questo un ingegnere specialista della materia, al quale questa Soprintendenza potrà affiancare l'arch. Scurati-Manzoni....»

Sempre in data 5 febbraio la Sovrintendenza si rivolge al Sindaco di Tresivio facendo presente che nel corso dei sopralluoghi effettuati dal funzionario di zona, arch. Pietro Scurati-Manzoni, «sono state rilevate le numerose lesioni, anche di notevoli   dimensioni,   presenti nell'intera muratura dell'edificio.» Dato lo stato di pericolo, si richiama l'attenzione del Sindaco sulla normativa vigente, «per predisporre i mezzi e le opere eventualmente necessarie per la prevenzione dell'incolumità pubblica»

 7 febbraio 1968 — Il sindaco di Tresivio Emilio Bonomi, facendo riferimento   alla  lettera  inviatagli dalla Soprintendenza, scrive al parroco che per quanto riguarda il pericolo «che l'edificio del Santuario in oggetto rappresenta per la pubblica incolumità, non ritiene intanto di poter adottare i suggeriti provvedimenti a  termini dell'art.   153  del T.U. 4.2.1915 n. 148, perché mancano i requisiti di urgenza». Trattandosi di «situazione esistente da tempo» e non essendo dimostrato «che abbia subito variazioni ovvero sia diventata improvvisamente più pericolosa per la pubblica incolumità», il Sindaco dichiara di non poter far uso del potere di ordinanza. Tuttavia egli richiama il parroco ad adempiere alle disposizioni dell'art. 677 del C.P., che obbliga il proprie­tario di un edificio minacciante rovina alla conservazione e alla vigilanza dell'edificio stesso e a provve­dere ai lavori necessari per rimuovere il pericolo.

Il Sindaco ha invitato la Prefettura di Sondrio a disporre sopralluogo del Genio Civile, «per accertare se ricorrono le circostanze atte a giustificare l'emissione di ordinanza di chiusura al culto del Santuario in oggetto e alla recinzione di esso».

 15 febbraio 1968 — La S. Casa viene chiusa al pubblico con un'ordinanza del sindaco Emilio Bonomi.

 20 febbraio 1968 — Il parroco di Tresivio,   don   Mario   Simonetta, scrive alla Soprintendenza di aver appreso che la S. Casa era stata dichiarata Monumento nazionale il 20 luglio  1913. Ciò è motivo di ben sperare   nell'interessamento   della Soprintendenza agli improrogabili lavori di restauro. La parrocchia è in gravi difficoltà finanziarie e non può procedere, con mezzi propri, neppure alle opere più urgenti. Deve pertanto limitarsi alle disposizioni emanate dal sindaco e a provvedere alla recinzione della chiesa per salvaguardare l'incolumità pubblica.

 26 febbraio 1968 — Il parroco di Tresivio, don Mario Simonetta, co­munica al Ministero per la Pubblica Istruzione      Direzione   generale Antichità e Belle Arti — Divisione Monumenti — di aver ricevuto noti­fica dell'ordinanza del sindaco di Tresivio  relativa alla chiusura al culto del Santuario della S. Casa di Loreto e di avervi provveduto. Fa presente che con decreto 20 luglio 1913 il Santuario è stato dichiarato monumento nazionale e che la parrocchia non è in grado di sostenere le spese di riparazione, anche per i lavori di più modesta entità. Invita pertanto il Ministero a comunicare il progetto delle opere che intende effettuare e il relativo preventivo, disponendo inoltre che la spesa sia assunta in tutto a carico dello Stato. Ricorrendo gli estremi di urgen­za, invoca l'adozione dei provvedimenti atti ad assicurare la conservazione dell'edificio; ......”poiché è prevedibile che la spesa per il completo riattamento sia dell'ordine di decine di milioni, lo scrivente si per­mette di chiedere che vengano subito poste in atto le opere che impediscano il crollo dell'edificio, rimandando ad esercizi futuri le opere stesse per il migliore ripristino del Santuario”.....

 17 giugno 1968 — Telegramma del sindaco di Tresivio Emilio Bonomi al Direttore Generale Antichità e Belle Arti — Roma: «Seguito mia ordinanza 359 del 15 febbraio scorso inviata codesta Di­rezione, segnalo necessità interven­to urgente per evitare imminente crollo Santuario Santa Casa questo Comune. Attendo istruzioni, emergenza».

 18 giugno 1968 — Il sindaco di Tresivio Emilio Bonomi, trasmette alla Soprintendenza ai Monumenti di Milano il «progetto, con relativa documentazione, per le opere di riparazione del Santuario».

 21 giugno 1968 — Il parroco di Tresivio Don Mario Simonetta, scrive alla Direzione della Scuola Beato Angelico di Milano affinchè venga pubblicato sulla rivista d'arte della scuola uno studio sulla S. Casa eseguito dall'arch. Pietro Scurati-Manzoni. La redazione di «Arte Cristiana» risponde affermativa­mente in data 24 giugno, lieta di «far conoscere le bellezze del San­tuario della S. Casa di Loreto in Tresivio e far sentire così la necessi­tà che tale monumento sia mantenuto in vita e serva al bene dei fedeli».

27 giugno 1968 — In una lettera indirizzata al sindaco di Tresivio il soprintendente segnala il carattere di estrema urgenza dei restauri e che «il Ministero, con nota 6813/F Div. Monumenti del 25 maggio 1968 ha invitato questo Ufficio, che lo aveva proposto, a rimettere la perizia dei lavori necessari per l'importo di lire 15.000.000. L'elaborato è in corso di redazione da parte di que­sto Ufficio».

 Settembre 1968 — Esce sul numero 558 di «Arte Cristiana» l'art. dell'arch. Pietro Scurati-Manzoni dal titolo: «La Santa Casa di Tresivio».

 22 maggio 1969 — Vista la perizia del soprintendente ai Monumenti di Milano in data 8.3.1969, il ministro della Pubblica Istruzione, on. Fer­rari Aggradi, decreta l'approvazione della stessa «per l'esecuzione dei lavori da effettuare in economia (cottimo fiduciario) per il restauro della S. Casa di Tresivio per l'importo di 15.000.000».

 1971 — Vengono asportate dalle nicchie ricavate sulle pareti esterne della chiesetta nazaretana le dodici statue lignee degli Apostoli. La Soprintendenza denuncia la sparizione delle statue, ritrovate dai Carabinieri a Colico. Viene iniziato un procedimento contro l'arciprete e gli antiquari Valli e Pedrazzini.

 1973 — ignoti asportano due tele raffiguranti «La samaritana al pozzo» e «La fuga in Egitto».

 21 maggio 1976 — Il parroco di Tresivio don Cipriano Ferrario si rivolge all'Ufficio di Arte Sacra della Curia, intendendo sollecitare la ripresa dei lavori nella S. Casa. «...Il tetto e la parte esterna sono stati completamente terminati. La parte interna è invece pronta per i due terzi,   mancando,   per   completare l'opera, il consolidamento della cupola e dei bracci laterali. Da alcuni anni però i lavori sono fermi e nemmeno si ha conoscenza di quando potrebbero essere ripresi, anche i ponteggi sono stati rimossi......

 2 agosto 1976 — Su segnalazione dell'incaricato della Curia di Como per l'Arte Sacra, don Signorelli, il parroco di Tresivio don Cipriano Ferrario si rivolge all'architetto Zamboni della Soprintendenza ai monumenti della Lombardia, «per trovare il modo di riprendere il discorso riguardante il Santuario del­la Madonna di Loreto in Tresivio».

 Settembre 1976 —Sul bollettino parrocchiale vengono date notizie sulle dodici statue scomparse dalla S. Casa. Il Tribunale di Sondrio ha accolto l'istanza presentata dalla parrocchia di Tresivio in data 20 febbraio 1976 e ha ordinato l'immediata restituzione delle statue «alla parrocchia proprietaria, la quale si impegna a tenerle a disposizione dell'autorità giudiziaria. Gli antiquari dichiarano di non essere in grado di restituirle. Il 9 luglio viene fatto il processo e la parrocchia si costituisce parte civile».

Gli antiquari presentano ricorso in appello contro la sentenza. " Il calendario della festa della Madonna Lauretana prevede, oltre al giro della processione intorno al Santuario, la sua eccezionale aper­tura nel pomeriggio di domenica 12 settembre, «per permettere alla popolazione di prendere visione dei lavori eseguiti e di quelli ancora da eseguire».

 11 marzo 1977 — Si svolge il processo per le statue presso la Corte di Appello di Milano. Ancora una vol­ta il Tribunale dà ragione alla parrocchia, confermando la sentenza di Sondrio. Gli antiquari ricorrono in Cassazione.

 14 settembre 1977 — In una lettera indirizzata alla Soprintendenza, alla Comunità Montana della Valtellina, alla Curia vescovile di Como e al sindaco di Tresivio, il parroco di Tresivio don Cipriano Ferrario comunica come, ancora una volta, ignoti siano penetrati nella S. Casa, forzando il cancello in ferro che immette nella cripta.

Non avendo potuto rubare nulla, essendo da tempo state rimosse tutte le suppellettili asportabili, si sono abbandonati a spregevoli atti di vandalismo e satanismo: «hanno divelto e distrutto la pietra sacra dell'altare centrale, staccati alcuni pezzi di marmo rosso dai gradini dell'altare centrale, rovesciata un'acquasantiera e soprattutto, forzando la serratura dell'organo, hanno ulteriormente danneggiato il prezioso stru­mento già da tempo fuori uso». Lo scrivente ha denunciato il fatto ai Carabinieri di Ponte in Valtellina in data 25/8/1977, ma osserva come ciò non basti e invita pertanto «gli organismi preposti e le forze interessate perché si adoperino, nell'ambito della loro competenza, in modo che sia ripreso ed infine concluso il restauro del Santuario». Il rettore del Santuario fa presente i provvedimenti più urgenti da attuare. Dall'inizio dei restauri, «è stato rifatto completamente il tetto (che attualmente presenta almeno due perdite) e tinteggiato tutto l'esterno. L'interno invece è stato consolidato con poderose chiavi in ferro e restaurato per i due terzi. Per completare l'opera bisognerà rafforzare la cupola perché presenta tuttora pericolose crepe e sistemare i bracci laterali. Dal momento che la Soprintendenza ai Monumenti della Lombardia ha già speso innumere­voli milioni in favore di un Monumento tanto significativo per la Valtellina dal punto di vista storico e architettonico, non si vede perché l'impegno per il restauro debba venir meno proprio ora. Tanto più che lasciare le cose come sono, si rischia di ritornare al punto di partenza: una costruzione non utilizzata decade inesorabilmente”......

 19 settembre 1977 — Il parroco di Tresivio don Cipriano Ferrario, richiamandosi ad un incontro nel quale gli era stato assicurato che il Santuario era in lista per ricevere i fondi necessari onde terminare il restauro, si rivolge all'onorevole Tarabini «per conoscere notizie più precise ed eventuali passi da compiere» ed auspica un interessamento «corale».

 20 settembre 1977 — Il presidente della Comunità Montana della Valtellina Giulio Spini, pur considerando altamente meritorio di attenzione il problema dei restauri della S. Casa, segnala che l'Ente «non può dar luogo ad interventi per mancanza di fondi e di capitoli di spesa»,

 31 ottobre 1977 — Il soprintendente comunica di aver esposto la situazione del Santuario al Ministero dei Beni Culturali, chiedendo un ulteriore stanziamento di fondi per completare il restauro. «Purtroppo — aggiunge — per quest'anno non è stato possibile riprendere i lavori, causa il mancato assegnamento di detti fondi».

 3 ottobre 1978 — Il funzionario di zona arch. Cecilia Roncati compie un sopralluogo e constata il gra­ve stato di pericolo delle murature interessanti la cupola e la zona del transetto, come mostrano le pro­fonde lesioni esistenti. In data 6 ottobre la Soprintendenza invita pertanto l'Ente proprietario «a provvedere con urgenza e a proprie spese, a far redigere da persona competente una perizia, da approvarsi da questo Ufficio, comprendente tutti i lavori necessari al completo e definitivo restauro del monumento. Detta perizia verrà immediatamente trasmessa al Ministero per la relativa approvazione....»

 Il 30 ottobre 1978 - Il parroco di Tresivio don Cipriano Ferrario segnala al funzionario di zona della Soprintendenza che ignoti danneggiano il portale barocco della S. Casa strappando i pannelli di rame sbalzato e propone quindi di erigere, a protezione, un cancello in ferro.

Identica segnalazione, lo stesso giorno, viene fatta alla Commissio­ne diocesana di arte sacra. Nella let­tera si informa la Curia anche del sopralluogo   dell'arch.   Roncati  e dell'invio dell'ing. Merizzi, per stu­diare gli interventi più necessari, per l'importo di trenta-quaranta milioni.  «L'ing.  Merizzi ha visitato il Santuario il 14 ottobre e mi ha promesso di concludere a giorni il suo studio tecnico, cosi da effettuare al più presto un nuovo sopralluogo con la presenza della sig.ra Roncati e   della   Commissione  Economica parrocchiale......

 23 dicembre 1978 — Il parroco don Cipriano Ferrario informa l'Ufficio Amministrativo della Curia di aver consegnato in data 19 dicembre alla Soprintendenza lo studio relativo ai restauri della S. Casa, comprendente relazione tecnica, computo metrico, preventivo di spesa, disegni ecc., eseguito dall'ing. Merizzi. Il preventivo di spesa è di lire 103 milioni. La domanda di finanziamento sarà inoltrata direttamente all'ufficio della Soprintendenza...

 15 marzo 1979 — Il parroco don Cipriano Ferrario informa l'onorevole Tarabini di aver inviato alla Soprintendenza, in data 19 dicem­bre e 6 febbraio, il preventivo e la documentazione richiesta per eseguire gli interventi più urgenti nel Santuario. Lo prega di conseguenza di seguire e di appoggiare la domanda di finanziamento presentata dalla Soprintendenza al Ministero competente.

 25 maggio 1979 — Telegramma del Sottosegretario del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali: «Questo Ministero autorizza So­printendenza monumenti Milano at eseguire lavori restauro Santa Casa Loreto Tresivio per importo cento milioni».

 20 agosto 1979 — Il parroco don Cipriano Ferrario avvisa la Soprintendenza di essere venuto a conoscenza dello stanziamento del Ministero e di attendere un sopralluogo con la ditta appaltatrice dei lavori. Viene stilato a cura della Pro Loco di Tresivio il programma di una giornata di studio sugli aspetti storico-religiosi-artistici del Santua­rio della Santa Casa di Loreto «per approfondire e divulgare la conoscenza dell'insigne monumento, oggetto di restauro in questi anni».

 23 settembre 1979 — Convegno sul tema «Aspetti storico-artistici della S. Casa di Loreto a Tresivio». Organizzato dalla Pro Loco, vede l'attiva e qualificata partecipazione dello storico don Tarcisio Salice, dell'ing. Corrado Merizzi, che ha seguito per conto della Soprintendenza l'ultimo restauro, e degli architetti Gianandrea Maspes e Fulvio Ninatti.

 Settembre 1980 — La Corte di Cassazione conferma la sentenza di Sondrio per la vertenza giudiziaria relativa alla scomparsa delle dodici statue della S. Casa. Occore stabilire il valore delle statue per il risarcimento dei danni.

 31 ottobre 1980 — In una lettera rivolta al sen. on. Tarabini, il parroco afferma che l'arch. Galletti, funzionario di zona, gli ha riferito il 4 ottobre, di non poter appaltare i lavori di restauro perché non sono ancora arrivati i soldi da Roma. «.. Mi rivolgo quindi a lei perché ci dia una mano ad eliminare gli attuali ostacoli burocratici in modo tale che i soldi già stanziati arrivino alla Soprintendenza di Milano, e quest'ultima, da parte sua, inizi quanto prima i lavori...».

 13 settembre 1981 — Nella ricorrenza della festa della natività della Madonna il Santuario della S. Casa è stato aperto al pubblico. In questa occasione il gruppo culturale degli “amici della S. Casa” ha preparato all'interno una mostra dal titolo: «C'era una volta un bel santuario... ora c'è un monumento nazionale dimenticato».

 4 novembre 1981 — Il direttore generale del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali scrive all’on. Tarabini, sottosegretario di Stato per il Tesoro: «Onorevole sottosegretario, in merito alla sua segnalazione riguardante i lavori di restau­ro alla S. Casa di Loreto in Tresivio (SO), sono lieto di informarla che il mio ufficio con D.M. del 8/10/1981, ha provveduto a finanziare la relativa perizia di lire 103.500.000».

 8 dicembre 1981 —- Recita del rosario pomeridiana nella S. Casa, per ricordare il 50° anniversario dell'erezione canonica del Santuario.

È la festa dell'Immacolata. La recita del rosario e delle litanie lauretane riunisce una comunità non nu­merosa, ma spinta da! desiderio di pregare, magari per la prima volta, nel Santuario. Come i figli di Israele, quando partirono dall'Egitto, secondo la descrizione dell'Esodo, «anche noi stavamo in piedi, un po' disordinati, con una certa fretta di uscire, i sacerdoti senza paramenti: segno profetico di una chiesa desiderosa di sola testimonianza». Così ha scritto don Cipriano.

 11 dicembre 1981 — La Soprin­tendenza invia a! parroco di Tresivio copia della perizia dei lavori da effettuarsi nella chiesa.

 25 gennaio 1982 — Riprendono i lavori al Santuario. Don Cipriano Ferrario annota sul bollettino parrocchiale: «....il ghiaccio è rotto. Auguriamoci che il lungo inverno del nostro santuario volga alla fine. Con l'impegno di tutti».

 Aprile 1982 — Sei scavi interni e due esterni hanno permesso di mettere in luce la consistenza delle fon­damenta del tempio e in particolare dei pilastri che reggono la cupola. I tecnici della Sovrintendenza valuteranno gli interventi da eseguire.

 2 giugno 1982 — Il parroco don Cipriano Ferrarlo segnala al sindaco di Tresivio il problema del parcheggio presso il Santuario per evitare che venga utilizzato a tale scopo il parco che lo circonda.

 3 giugno 1982 — Angelo De Michielli, presidente della Biblioteca Comunale di Tresivio, inaugura la sua attività con il ridestare l'atten­zione per la S. Casa. Realizza una serata culturale attorno a queste tre iniziative:

a) concerto d'organo tenuto dal maestro Giancarlo Parodi;

b) presentazione e vendita di 100 pregevoli acqueforti di Livio Benetti, raffiguranti il Santuario;

c) presentazione e vendita di un quaderno monografico dal titolo «Storia e attualità dei Santuario della S. Casa di Tresivio» (n.4 dei Quaderni valtellinesi, editi dal Centro Culturale e Sociale Don Minzoni di Sondrio).

 Novembre 1982 — Si conclude la vertenza relativa alle dodici statue di legno un tempo sistemate attorno alla chiesetta interna alla S. casa. La parrocchia viene risarcita con 18 milioni.

I lavori di restauro verranno ripresi con la riempitura degli scavi fatti per i sondaggio delle fondamenta, che verranno consolidate attraverso un sistema di palificazione.

L’ing. Merizzi esprime parere contrario circa l’intervento sulle fondazioni, perché ritiene che un terreno anche di natura fortemente cedevole, portante da secoli una costruzione, sia ormai consolidato per il carico da essa trasmesso. È preferibile stabilizzare l'opera limitando l'intervento all'elevazione.

 16 marzo 1983 — Il ministro per i Beni culturali e Ambientali scrive al senatore Tarabini «che a causa delle limitate disponibilità di cassa, nel corrente esercizio finanziario sarà possibile finanziare solo i lavori della S. Casa di Loreto».

 Marzo 1983 — Il bollettino della Biblioteca comunale n.1 contiene un articolo di Battista Leoni in cui scheda le pubblicazioni sulla S. Casa apparse nel XVIlI e XIX secolo, annotando anche quelle più recenti.

 3 giugno 1983 — Il parroco di Tresivio don Cipriano Ferrario segnala al sindaco, alla Soprintendenza e al Prefetto di Sondrio, l'instabilità del muro di sostegno del piazzale della S. Casa nel tratto verso nord. Invita il sindaco ad adottare gli opportuni provvedimenti per la transitabilità della strada comunale adiacente e fa presente che la parrocchia non dispone dei mezzi per effettuare le opere di consolidamen­to. Il crollo del muro provochereb­be notevoli dissesti ai piani di fondazione dello spigolo nord-ovest del Santuario della Santa Casa.

Il presidente della Biblioteca comunale Angelo De Michielli, con l'intento di promuovere iniziative atte al rilancio e alla salvaguardia del patrimonio locale, chiede al consiglio pastorale della parrocchia partecipazione e disponibilità, «onde ricercare dapprima la adeguata formula di intesa per poter poi studiare metodi e maniere adatti ad ap­prontare un impianto di illuminazione alla S. Casa di Loreto».

 18 giugno 1983 — Il ministro per i Beni Culturali ed Ambientali in­forma il senatore Tarabini che i lavori di restauro della S. Casa saranno finanziati quest'anno sulla base di una perizia di lire 60 milioni.

La notizia viene segnalata sulla stampa locale. Ad essa viene dato ampio spazio anche sul supplemento al n.35 del Bollettino della Società Storica valtellinese, del 30 luglio 1983.

 22 giugno 1983 — Il sindaco di Tresivio, Pasquale Clementi, sollecita la Soprintendenza ad intervenire per la ricostruzione del muro pericolante che sostiene il piazzale del­la S. Casa.

 11 luglio 1983 — Il soprintendente Lionello Costanza Fattori, comunica al parroco di Tresivio che verrà svolto quanto prima un sopralluogo sul muro di recinzione della S. Casa.

 22 luglio 1983 — Il parroco di Tresivio don Cipriano Ferrario, denuncia ai Carabinieri di Ponte il furto di una vasca acquasantiera rotonda, in pietra bianca, presumibil­mente del sec. XVIlI. Si trovava nella cripta del Santuario. Il furto è avvenuto tra il 3 e il 18 luglio.

 26 novembre 1983 — Presso la sala consiliare del Municipio di Tresivio si tiene una tavola rotonda sul tema «La Santa Casa di Tresivio: attualità e prospettive per un rilancio». L'incontro dibattito è stato voluto e organizzato dalla Biblioteca comunale che, fino dal suo sorgere, si è interessata ai problemi connessi al restauro ed ha portato avanti il discorso della sensibilizzazione con iniziative varie.

Dopo il saluto del sindaco di Tresivio, sig. Pasquale Clementi, sono intervenuti i relatori sig. Angelo De Michielli, presidente della Biblioteca, prof. Aurora Carugo, consigliere della Società Storica Valtellinese, don Cipriano Ferrario, rettore del santuario, sig. Dante Sosio, studioso e ricercatore, l'arch. Gianandrea Maspes, il funzionario di zona arch. Giorgio Galletti, l'arch. Fulvio Ninatti, moderatore. Il Sindaco di Sondrio, Alberto Frizziero, ha inviato la sua adesione.

Hanno partecipato al dibattito, prestando il loro contributo di idee, fra gli altri, l'assessore alla cultura del Comune di Sondrio sig. Ugo Rota e l'ing. Flaminio Benetti, presidente della Comunità Montana di Sondrio. Durante il convegno è emersa la necessità di interventi alle fonda­menta del Santuario con il sistema delle micropalificazioni, già ampiamente collaudato, per assicurare la stabilità della chiesa e poter quindi proseguire in altri lavori di restauro.

Per l'esecuzione delle micropalificazioni era stata inoltrata a Roma una perizia di 200 milioni, ma di ta­le somma richiesta, ha detto l'arch. Galletti, sono stati assegnati solo 60 milioni, che saranno usati per la revisione del tetto, delle grondaie e per altri interventi minori. A conclusione dell'incontro è sta­ta avanzata la proposta di ricorrere ad una sottoscrizione, come è stato fatto per la torre ligariana di Sondrio, interessando privati ed Enti vari per reperire i mezzi finanziari necessari per il proseguimento dei lavori di restauro.

Gli Atti, curati da Lidia Passerini Cantoni, sono stati pubblicati dalla Biblioteca comunale di Tresivio sul Bollettino n.3, marzo 1985.

 7 dicembre 1983 — Il parroco di Tresivio don Cipriano Ferrario, scrive al Vicario Generale, mons. Festorazzi, affinchè la Diocesi prenda posizione circa la S. Casa. La risposta, datata 15 dicembre, avverte che, «purtroppo in Diocesi non esistono fondi particolari e allora bisogna vedere che passi si possono fare......

 16 gennaio 1984 — Il presidente della Biblioteca Comunale Angelo De Michielli informa l'assessore regionale e presidente del Progetto Integrato Valtellina, avv. Antonio Muffatti, delle attività svolte per sensibilizzare l'opinione pubblica sul problema del restauro della S. Casa, confidando in un Suo interessamento affinchè venga tenuto presente anche nella stesura definitiva del P.I.V. (Progetto integrato Valtellina).

1 febbraio 1984 —Il comitato «Amici della S. Casa» e la Biblioteca comunale di Tresivio rivolgono un appello al ministro Gullotti per il finanziamento della perizia n. 11 del 5 maggio 1983 — restauro statico della S. Casa di Loreto di Tresivio basato su un importo di lire 209.000.000 — trasmessa dalla Soprintendenza al Ministero per i Beni Culturali il 16 giugno 1983. Durante il mese di febbraio vengono montati i ponteggi sotto la cupola; si intende giungere fino ad un pennacchio per sigillare le crepe.

 Marzo 1984 — L'editoriale del Bollettino n.2 della Biblioteca Comunale porta un titolo significativo: «Tresivio: in cammino con la sua S. Casa». In esso si segnalano le difficoltà che la S. Casa ancora incontra nel suo tormentato cammino, dal momento che per il 1984 non si profila l'eventualità di finanziamenti. Si ricordano anche i con­tributi spontanei prodotti dall'attività di sensibilizzazione come le letterine degli alunni delle scuole ele­mentari, inviate al ministro Gullotti, e gli articoli comparsi sulla stampa locale. Per quanto riguarda i lavori nel Santuario si provvede alla revisione del tetto, ad eliminare le infiltrazioni d'acqua, alla posa di para neve, alla sistemazione delle finestre tolte anni fa dalla lanterna della cupola.

 24 maggio 1984 — La Soprintendenza comunica di non poter provvedere al consolidamento del muro pericolante del piazzale della S. Casa, essendo già impegnata nell'oneroso restauro statico della chiesa. Gli oneri e le responsabilità sull'incolumità pubblica gravano pertanto sui proprietari confinanti.

 Giugno 1984 — Con la rimozione dei calcinacci e del materiale per ponteggi si conclude la fase dei lavori iniziata nel gennaio 1982 col sondaggio ai pilastri della cupola. La ditta Patriarca ha quindi provveduto a sigillarne tutte le crepe, interventi che permetteranno di controllarne il suo assestamento. L'intervento decisivo dovrebbe consistere nel consolidamento, mediante micropalificazioni, delle fondamenta dei quattro pilastri su cui grava la cupola. Dopo di che la Soprintendenza penserebbe di cerchiarla con una struttura d'acciaio nascosta nella muratura. La difficoltà di reperire la somma necessaria, mette una seria ipoteca sull'esecuzione dell'opera.

  Luglio 1984 — Per interessamen­to del presidente Flaminio Benetti, nel programma biennale 1984-85 della Comunità Montana di Sondrio, è stato inserito, per ciò che concerne le iniziative culturali, «.... si deve operare per il coordinamento e promozione di interventi miranti alla salvaguardia dell'unico Monumento nazionale presente sul territorio comunitario, la S. Casa di Tresivio, in modo da accelerare l'opera di conservazione e recupero...».

 6-9 settembre 1984 — Dopo lunghi anni di attesa il parroco don Cipriano Ferrario annuncia con gioia che la festa della Madonna si celebrerà in Santuario.

È un evento significativo. Ritrovarsi in una chiesa spoglia e tran­sennata per la recita del rosario, la celebrazione della messa e la processione, suscita forti emozioni. La notizia dell'apertura viene data dal «Corriere della Valtellina»; I fedeli, numerosissimi, affluiscono da ogni parte della Valle. La S. Casa torna ad essere, per pochi giorni, un luogo di incontro spirituale ed umano.

 18 settembre 1984 — Anche il presidente della Comunità Montana di Sondrio Flaminio Benetti, sollecita il Ministero dei Beni Culturali e Ambientali affinchè vengano finanziate le perizie risalenti al 16 giugno 1983 «riguardanti l'auspicabile definitiva sistemazione statica del più importante monumento ecclesiale presente sul nostro territorio».

 4 ottobre 1984 — Il senatore Tarabini, scrivendo al presidente della Biblioteca comunale di Tresivio, lo assicura del suo intervento presso il Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali ai fini di un ulteriore possibile finanziamento dei lavori necessari alla sistemazione del Santuario della S. Casa».

 Dicembre 1984 — Per iniziativa della Biblioteca comunale, l'Ufficio Tecnico del Comune di Tresivio predispone il progetto e il preventivo di spesa per l’illuminazione esterna del Santuario. Si prevede la realizzazione a breve termine.

Non rimane a questo punto che esprimere l'ennesimo augurio, affinchè questa «nostra» S. Casa, che speriamo presto «illuminata», possa infondere in Noi, ancora, la luce della speranza e riscaldare, magari, i freddi meccanismi dei nostri tempi.

 1986-87-88 — La Comunità Montana Valtellina di Sondrio nel triennio l986-88, su iniziativa dell’assessore alla cultura Angelo De Michielli, con incarico affidato al Politecnico di Milano, ha finanziato un progetto di indagini e di restauro statico del Santuario la cui situazione strutturale già precaria è peggiorata con le calamità del 1987.

Il sen. Vittorino Colombo, già presidente del Senato, si interessa costantemente presso il Ministero dei Beni Ambientali ed Architettonici di Roma affinché la S. Casa possa avere dei finanziamenti e visitando il cantiere si sofferma in preghiera.

 1995 Solamente dal 1995, dopo i lavori di consolidamento alla cupola e alle fondazioni intrapresi direttamente dalla Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici, sono state rimosse  tutte le transenne e la vita all’interno della Santa Casa,  con la riapertura del Santuario, è ritornata gradualmente alla normalità.

 1996 Finalmente dal 1996, con i fondi della Legge Valtellina, i contributi della Conferenza Episcopale Italiana, del Vescovo di Como, mons. Alessandro Maggiolini e del sacerdote tresiviese mons. Mario Bonomi e grazie alle sottoscrizioni della gente, è stato possibile intervenire in maniera definitiva sul Santuario: l’allora parroco don Cipriano Ferrario, rettore del Santuario, ha costituito un Comitato incaricato di occuparsi di tutte le numerose e delicate fasi di restauro. 

Nel 1996 sono ricominciati i pellegrinaggi di molte parrocchie della Valle, tra cui quella di Sondrio con oltre 600 pellegrini e, in occasione delle feste settembrine della Madonna , presiedute da mons. Eliseo Ruffini, per continuare le celebrazioni per la posa della prima pietra (1646-1996), si sono celebrate feste solenni con iniziative volte ad un pronto rilancio sia religioso, sia socio-culturale del Santuario.

Ricorrendo il 30 novembre 1996 il 350° anniversario della posa della prima pietra del Santuario, in occasione della visita a Como (4-5 maggio 1996) del Papa Giovanni Paolo Il, anche la Santa Casa di Tresivio ha riaperto i battenti per permettere a una numerosa folla di fedeli di seguire su un grande schermo, in diretta televisiva, il Santo Padre e recitare con Lui il Rosario.  E’ stata questa una occasione memorabile per accogliere nel migliore dei modi, dopo quasi 30 anni di attesa, la gente che, per la fede genuina, ha questo Santuario mariano nel cuore, cosicché potesse testimoniare con la propria partecipazione la devozione al Papa, alla Chiesa e alla Madonna nera di Tresivio.

Papa Giovanni Paolo Il, nella Sua visita a Como domenica 5 maggio 1996,  durante la recita del "Regina coeli", rivolto ad una folla immensa ha definito i Santuari mariani della nostra diocesi "sentinelle della fede" e quello ".... della Santa Casa di Loreto a Tresivio, monumento di arte e di fede sincera, meta di devoti pellegrinaggi che ravvivano la devozione dei fedeli" e ci ha esortato ad invocare Maria senza mai stancarci: "..Maria Santissima, Madre di Dio e nostra Madre è sempre un modello attuale a cui fare riferimento nel corso della giornata per trovare nei Suoi esempi ispirazione, guida sicura, motivo di conforto e di speranza....".

 1997-2001 I più importanti interventi  di restauro,  ultimati nel 2001,  progettati  dall'arch. Gian Andrea Maspes e dall'ing. Lorenzo Jurina del Politecnico di Milano, comprendono: il consolidamento della muratura e delle arcate che sostengono il sagrato, nonché delle strutture murarie su cui grava la cupola,  dell'arco trionfale, del tetto e del campanile, la sistemazione del sagrato (con aiuole, intercapedini e impianto di illuminazione esterna), il restauro dei pinnacoli, la ripulitura degli stucchi della cupola e dei cornicioni, il rifacimento delle finestre, il restauro completo dell’organo, l’impianto elettrico e di amplificazione sonora.  In alcuni dei  lavori effettuati nel 2001, con la presenza del nuovo parroco don Augusto Bormolini, (sistemazione impianti elettrici della cripta, varie sistemazioni esterne, ecc.) va segnalato il lavoro determinante dei volontari: i gruppi Alpini e Protezione civile di Tresivio, e  in particolare tengo qui a ricordare il grande lavoro svolto da anni, come volontario, dal tresiviese Claudio Della Patrona.

 2001 Nel 2001 la Santa Casa torna agibile. E’ l’anno in cui il santuario, riaperto in modo definitivo, ritorna a pieno titolo ad essere il punto di riferimento per tutta la gente:  infatti vengono ripristinate in modo definitivo anche le manifestazioni socio-culturali che hanno sempre caratterizzato la vita di questo santuario (concerti d’organo, rassegna delle corali della zona, concerti di bande e orchestre, pesca di beneficenza, mostre varie, ecc.) e viene anche dedicato un quadro votivo alla Madonna Nera (Per Grazia Ricevuta), opera dell’artista Felice Beltramelli di Dongo (CO), presso la “Cà del Dino” in località “al Sass” a Boirolo di Tresivio (1440 m.s.l.m.).

 2002 Rimangono ancora da fare alcuni interventi ( sistemazioni interna e esterna, locale di accoglienza, ascensore, ecc.)  ma tutti sappiamo che  la passione e l’attaccamento dimostrati dalla gente, testimonianza di fede genuina e di recupero delle nostre radici, nel  far rivivere quei valori che hanno accompagnato e animato le generazioni dei tresiviesi e degli abitanti dell’intera valle nel corso della travagliata costruzione del santuario (già nel 1620, proprio per sottolineare la determinazione del nostro carattere  avevamo meritato dal  Papa Gregorio XV  le parole “Fortiter Egistis”), ci hanno saputo portare alle pagine gioiose di oggi, quasi conclusive, del “racconto in  cammino” della Santa Casa di Tresivio.

  

Preghiera alla Madonna di Tresivio

 

Maria, tu che, nascosta

nella silente attesa della casa di Nazareth,

hai ricevuto nel tuo grembo santo

Gesù, salvatore di tutti, e a lui ti sei abbandonata

in una confidenza totale:

liberaci dalle nostre tribolazioni;

aiuta chi ci è vicino e soffre;

fa che apriamo la mente e il cuore

perché il tuo Figlio

sofferente, morto e glorioso,

ci coinvolga nel suo mistero

e ci trasformi a sua immagine

nello Spirito per la gloria del Padre.

Rendici testimoni

lieti, contemplativi e fattivi

del Cristo che ci doni,

così che abbiano a ricevere speranza

coloro che avviciniamo:

il tuo Santuario, che guarda dall’alto,

custodisca le nostre valli

nella fede antica e attuale e profetica.

  

   Como, 08 – 12 – 2001                                                                                         †Alessandro Maggiolini, Vescovo

 

 BIBLIOGRAFIA CONSULTATA:

 -Cenni storici in torno alla santa Casa di Tresivio (Valtellina)- Ricorrendo il VI centenario della traslazione della Santa Casa di Loreto, Como 1894.

-Atti della tavola  rotonda: “La Santa Casa di Tresivio (26-11-1983) e Il cammino della Santa Casa negli ultimi anni.-Tresivio-Bollettino della Biblioteca comunale n.3-1985.

-Alfredo Corti – Tresivio in Valtellina e la sua Santa Casa, “Periodico della Società storica comense”, XLIlI, Como 1969.

-M.A. CARUGO, Tresivio. Una pieve valtellinese tra Riforma e Controriforma, Sondrio 2000.

-L. MARTINELLI PERELLI, Presenza benedettina in Valtellina: Santa Maria di Tresivio, in Lombardia monastica e religiosa, a cura di G. Merlo, Milano 2001.

 


 

Santuario “Santa Casa di Loreto” di Tresivio, lì 17 novembre 2001

 

ARCHITETTURA, ARTE E RESTAURI DEL  SANTUARIO “SANTA CASA DI LORETO”

DI TRESIVIO

(Arch.  Gianandrea Maspes – Ing. Pietro Maspes)

 

1.PREMESSA

Il santuario lauretano è espressione forte della civitas, ma soprattutto della civilitas di Tresivio.

E’ un monumento ad alta valenza simbolica, che contrasta efficacemente con la tendenza economicistica di un’epoca tutta tesa alle realizzazioni pratiche che comportano inevitabilmente spersonalizzazione dell’individuo e generano quella aridità spirituale che spesso si esprime nella indifferenza rispetto alla storia civile, morale e religiosa della comunità cui si appartiene.

Questa chiesa è per i tresiviesi testimonianza efficace dell’impegno creativo delle generazioni che qui hanno vissuto e operato; è perciò utile, direi indispensabile per la comprensione della continuità storica, delle radici, e in definitiva per fornire un senso al loro essere attuale.

E la conoscenza della storia consente poi di conquistare un forte sentimento di identità personale, sociale e civile.

Si rafforza così la coesione di una società che riconosce e condivide dei valori.

In altre epoche storiche, la civiltà ruotava attorno al tempio, a Tresivio questa centralità è ancora reale.

Lo dimostrano la cura, l’amore e il rispetto di tutta la popolazione nei confronti di questo monumento.

 

2. L’ARCHITETTURA

Si tratta di un volume complesso realizzato a partire dal 1646 e terminato nel 1760 in un susseguirsi di interventi modificati sia nel tempo, sia nella impostazione stilistica.

Dalla architettura articolata e ricca di chiaroscuri del barocco che impronta di luce e movimento la navata, si passa alla pacata architettura di coro, transetto e tiburio, i cui possenti volumi settecenteschi vengono solennemente scanditi da chiare, ampie, pareti piane con decorazioni scenografiche.

L’ aggiunta appare molto evidente leggendo la piante, ma si riscontra, seppure con meno evidenza, anche nei prospetti; i documenti storici poi ci portano ad avanzare alcune ipotesi e considerazioni.

Nei documenti si accenna ad una primitiva chiesa quattrocentesca dedicata alla Madonna e si fa riferimento agli imponenti lavori di spianamento del colle in occasione della erezione del santuario.

A differenza di quanto si era ritenuto in un primo tempo, tale operazione dovrebbe essere avvenuta non con l’asportazione di terreno e conseguente demolizione della antica basilica, bensì con un paziente riporto di materiale; infatti:

1) la chiesa di S.Maria de Tronchedo, certamente non molto piccola se aveva uno schema basilicale a tre navate, trova collocazione nell'attuale cripta. L’impianto della stessa presenta infatti schema icnografico tripartito; risulta inoltre insolitamente ubicata sotto la navata;

2) i poderosi muri di sostegno del terreno intorno al colle giustificano un consistente riporto di terreno;

3) lo spirito con cui venivano eretti i santuari in questo periodo storico in Valtellina (baluardo contro il protestantesimo) e le caratteristiche stesse dell'edificio, richiedevano certamente una posizione «castellana», cioè che fosse il più possibile elevata e dominante;

4) le lesioni riscontrate sull'edificio, che tra l'altro non appaiono molto recenti, confermerebbero l’assestamento del terreno con resistenza meccanica non omogenea.

La posa della prima pietra del santuario avviene presso la basilica di S. Maria de Tronchedo; a prima vista non è facile intuire lo spazio fisico su cui tali edifici potessero coesistere; ma anche ora le costruzioni presenti sono tre:

- l'attuale cripta, probabile rimaneggiamento della basilica di S.Maria;

- la Santa Casa vera e propria, che ricalca la casa di Nazareth;

- il Santuario, ovvero il “contenitore”, lo scrigno eretto per custodire e proteggere la Santa Casa.

Infatti inizialmente l’edicola della Santa Casa era più a sud, quindi sopra la cripta attuale, e solo nel 1701 venne rifatta nella attuale posizione.

L’edificio si presenta come un castello-palazzo barocco di cui ha la grandiosità, la robustezza degli elementi, il profilo rettilineo, la compattezza strutturale la fanno assomigliare ad un presidio che domina la Valle sottostante, arroccata com’è sul colle.

Esaminando la costruzione barocca dall’esterno, notiamo che sopra l’alta zoccolatura si stende un disegno che alterna, con ritmica orditura, parti vuote sovrapposte a piloni fortemente evidenziati da un doppio ordine di lesene.

Queste ultime, rimarcate dalla maggiore densità del colore, si staccano dal fondo chiaro delle pareti accentuando la ritmica partizione della facciata; a completamento dei prospetti si stagliano i cornicioni continui in pietra verde che delimitano il doppio ordine del disegno.

Queste ampie partizioni verticali, che si alternano alle lesene, conferiscono ordine e cadenza alle facciate, euritmia meglio percepibile sui prospetti laterali il cui disegno risulta più semplice rispetto alla articolata facciata principale.

Le parti in maggiore evidenza per la marcata presenza di lesene, in effetti sono le nervature della struttura, gli elementi portanti che scaricano al suolo le spinte laterali trasmesse dall’ampia ed elevata volta della navata.

Nicchie e finestre, organizzate nel rigoroso disegno dei prospetti, staticamente svolgono la funzione di alleggerimento delle murature; sono infatti ubicate nelle parti dell’edificio meno sollecitate e contribuiscono al raggiungimento dell’equilibrio compositivo, anzi partecipano alla perfetta sintesi tra aspetto estetico, esigenze funzionali ed intuizione statica.

Infatti dalle finestrate dei prospetti ricchi di vibrazioni cromatiche, disegnati con rigorosa logica compositiva, penetra all’interno una illuminazione soffusa, filtrata dai matronei disposti a due livelli, mentre al piano terra, gli articolati spazi laterali sono riservati agli ambienti di sacrestia e conservazione degli arredi sacri.

La fronte principale, più maestosa delle altre, ha un ricercatezza maggiore, persegue tuttavia gli stessi principi compositivi.

Suddivisa in cinque zone, quella centrale, più ampia delle altre, ha superfici ancora più lisce: le aperture sono formate da semplici finestre (in parte cieche), ampie, appena rimarcate da cornici, la loro presenza non altera tuttavia la fluidità delle pareti chiare, che contrastano con l’importanza delle lesene, elementi atti a conferire il movimento in profondità e gli effetti chiaroscurali della composizione.

Il fondale liscio della parete centrale è però arricchito, piacevole eccezione, dal pregevole portale dello scultore Giuseppe Maria Tamagnino, che lo compì nel 1754, oltre un secolo dopo la posa della prima pietra del santuario.

La differenza di impostazione architettonica a cui si accennava all’inizio è ancora più evidente se si esamina la pianta della costruzione come oggi si presenta al visitatore.

Sul disegno allegato sono evidenziate, con campitura diversa, le principali epoche di realizzazione della costruzione: due in particolare informano l’architettura del santuario: in rosso la parte barocca, in rosa quella settecentesca (trascurando l’edicola del 1701 in colore verde).

Più ancora che tempi costruttivi distinti, si nota la frattura tra concezioni spaziali diverse e fondate su esigenze architettoniche non affini.

Come già sottolineato la parte più interessante dal punto di vista del linguaggio architettonico è quella verso

 Sud, cioè quella che comprende la facciata e si estende fino alla cupola esclusa, determinando un volume

 scandito dai due ordini sovrapposti alquanto sviluppati in altezza.

Il perimetro esterno della pianta è quasi un quadrato, ma l'architettura tende ad un effetto di contrasto per la presenza di una volta a botte che suggerisce una assialità: questo spazio costretto tende a «sfuggire» e dilatarsi verso cappelle laterali e matronei.

Tale tipologia ci riconduce ad esempi di chiese ad aula, certamente più ricche di modulazioni, ma concezionalmente analoghe a questa, reperibili oltralpe; ad esempio la chiesa di S. Michele a Monaco di Baviera propone già nel secolo XVI questo tipo di architettura ad aula coperta con volta a botte, cappelle laterali e matronei che si affacciano sulla sala centrale.

Il disegno originario non prevedeva probabilmente l'attuale zona coro-cupola-tiburio, del resto il documento del 1752 in cui si afferma che il progetto del Santuario prevedeva quattro torri, non fa che confermare l'ipotesi di una costruzione con pianta rettangolare o quadrata nella quale il prospetto principale girasse riproponendosi anche sui fianchi.

A maggior ragione credo che nel Settecento questa «novità» non incontrasse unanimi consensi nelle comunità di Acqua e di Tresivio; se a ciò si aggiunge l'autorizzazione del vescovo Carafino di estendere le questue fino a Poschiavo e al Bormiese con un apporto ben diverso di contributi finanziari, si può anche ipotizzare la coincidenza di tale scelta con l'esigenza di modificare, mediante ampliamento, la costruzione in corso d'opera.

L'aggiunta della zona presbiteriale e del transetto con cupola e tiburio modificano profondamente l'icnografia iniziale: la chiesa perde il suo impianto ad aula per assumere la pianta a croce: lo slancio verticale del corpo a prisma iniziale viene mitigato e il complesso assume proporzioni inusitate in Valle.

I grossi pilastri su cui si impostano cupola e tiburio mirano ad un effetto di grandiosità ottenuto rimarcando la possanza delle strutture; questo nuovo tema conduttore, che pur si accosta felicemente alla precedente costruzione, se ne distacca, architettonicamente parlando, e crea anche un diverso assetto tipologico; è talmente sensibile la diversità di linguaggio architettonico tra le due parti del santuario che è lecito attribuirle a due differenti personalità artistiche.

Non escluderei quindi che il primo progettista del Santuario fosse un cittadino d'oltralpe convertitosi al cattolicesimo, visto che il suo nome non compare mai nei documenti.

Il carattere transalpino della parte Sud dell'edificio traspare da molti fattori; l'essenza strutturale, oltre a plasmare lo spazio architettonico, si proietta sull'esterno in una composizione «spontanea» delle facciate: è un modello di coerenza plastico-strutturale a cui nulla toglie la relativa scarsità dinamica interna e la parsimonia con cui viene trattata la decorazione.

 

3. IL  «COMITATO»  ED I RESTAURI PROMOSSI DALLA PARROCCHIA

Il Comitato per la S. Casa, appositamente costituito presso la Parrocchia di Tresivio, ha svolto un attento lavoro di selezione degli interventi ritenuti di prioritaria importanza al fine di rendere agibile il Santuario, chiuso ai fedeli dal 1968.

Nell’ambito dei progetti approvati dalla Soprintendenza si sono pertanto operati degli stralci, definiti specifici capitolati e computi metrici, esaminate le offerte, scelte le ditte, sottoscritti i contratti, affidate la direzione lavori e rielaborate le singole contabilità.

Le priorità stabilite fin dall’inizio dal Comitato sono pertanto riassunte nei seguenti punti:

1. Consolidamento dell’angolo a sud-ovest del muro del sagrato perchè fortemente lesionato con pericolo di crollo.

2. Sistemazione dell’area del sagrato con tubazioni di drenaggio, canalizzazione delle acque meteoriche e intercapedine di isolamento lungo i muri perimetrali dell’edificio, nonchè taglio di parecchi alberi con estirpazione delle radici; il tutto perchè le acque non regimentate e le radici delle piante costituiscono fonte di disgregazione del muro di sostegno del colle su cui appoggiano le fondazioni dell’edificio.

3. Consolidamento della grossa orditura lignea principale del tetto e fissaggio delle ardesie sia del tetto sia del cornicione mediano con rifacimento delle lattonerie; perché la struttura del tetto è debole e flette sotto il carico della neve, e perché le ardesie, soprattutto nella parte perimetrale della copertura e del cornicione costituiscono un costante e reale pericolo di caduta ad ogni soffio di vento appena più forte della normale brezza.

4. Consolidamento, per le ragioni di cui al punto precedente. dei pinnacoli piramidali agli angoli dell’edificio e delle parti in pietra ammalorate del cornicione, nonchè della copertura del campanile: infatti un pinnacolo è crollato rovinosamente sul sagrato pochi anni or sono.

5. Restauro delle vetrate di tutti i serramenti oltre alla sostituzione dei telai che non hanno adeguata tenuta al vento e all’acqua: parecchi vetri legati a piombo sono rotti.

6. Ricostruzione delle scale e dei solai in legno interni al campanile, crollati già da anni, sia per permettere in futuro il ripristino delle campane e la possibilità di suonarle, sia per tenere legati i quattro muri perimetrali del campanile stesso. I suddetti lavori sono prioritari e devono essere eseguiti nella stessa sessione in quanto comportano la costruzione e il nolo di ponteggi di notevoli dimensioni, stante la grande mole del Santuario.

Come spesso succede nei lavori di restauro, in corso d’opera si è reso necessario, come vedremo, apportare alcune modifiche ai programmi iniziali; allo stato attuale delle cose però il Comitato può sostenere di aver raggiunto il primo obiettivo: la revoca dell’ordinanza di inagibilità da parte del Sindaco di Tresivio.

 

4.IL MURO SUD OVEST DEL SAGRATO

Il primo intervento ha dunque riguardato il consolidamento del muro sud ovest che “contiene” il terreno su cui sorge il santuario; il sagrato è delimitato perimetralmente da murature e arcate possenti, che hanno subito nel corso degli anni lesioni, deformazioni, ‘spanciamenti’ e strapiombi, alterazioni a volte vistose, a volte minime e di diversa natura.

La tecnica costruttiva e la tessitura stessa delle murature si presenta infatti con caratteristiche non omogenee, mostrando le diverse ‘mani’ e certamente la non contemporaneità di costruzione.

Il progetto prevedeva del resto il rifacimento di una delle arcate del tratto sud-ovest che aveva già subito il crollo parziale in chiave, mettendo a rischio la stabilità di quelle adiacenti, tuttavia in corso d’opera, effettuate le opere di decespugliazione ed estirpate le radici degli alberi, è stato chiaro che purtroppo si rendeva indispensabile intervenire in modo più radicale.

Quello che in un primo tempo appariva una semplice operazione di “cucitura” e consolidamento parziale, una volta liberata la struttura, effettuati gli scavi all’estradosso e realizzati alcuni ponteggi, si è reso necessario ripensare completamente modalità e criteri d’intervento.

Il nuovo progetto, tempestivamente redatto, ha comportato la predisposizione di nuove centinature e la realizzazione di strutture di ancoraggio in calcestruzzo armato, il ricorso a tiranti in acciaio, l’uso di malte speciali di consolidamento delle murature e dell’estradosso delle arcate, scavi più estesi in situazioni delicate, opere di protezione e di drenaggio finalizzate a contenere l’azione devastante del gelo e della vegetazione.

La foto sopra dimostra in modo eloquente la delicatezza dell’intervento compiuto: dopo avere

messo in sicurezza le arcate per scongiurare i possibili crolli, si è provveduto ad eliminare piante, radici e terreno fino a mettere a nudo l’estradosso delle arcate.

E’ ben visibile il segno della quota a cui arrivava il riporto di terreno sopra le volte e il rapporto con l’altezza d’uomo: per contenere la spinta anche su questa parte della muratura si è provveduto quindi ad inserire una serie di zanche nel muro, a predisporre una rete in acciaio e quindi a consolidare il tutto con una malta specifica per questo tipo di interventi.

All’esterno delle volte si è quindi provveduto a predisporre un trave continua per collegare i tiranti (distinguibili per la guaina rossa) ancorati alla muratura consolidata.

Eseguite le opere di impermeabilizzazione e fissato il telo protettivo anti radice, l’acqua raccolta nel tubo microfessurato perimetrale viene convogliata in un pozzetto ispezionabile di raccolta sul lato ovest e da qui in una vasca di desabbiazione da cui verrà immessa nella rete delle acque meteoriche.

 

5.IL CAMPANILE

Parallelamente ai lavori di consolidamento del muro di sud ovest, si provvedeva a sistemare le parti del campanile ottocentesco più deteriorate: tetto, cornicioni ed impalcati interni.

Raggiungere la cella campanaria utilizzando gli impalcati esistenti era infatti molto pericoloso, perché ci si trovava di fronte a strutture fatiscenti, friabili e marciscenti; le scale in legno risultavano prive di alcune traversine e quelle rimaste non erano affatto affidabili; la stessa grossa orditura di copertura risultava deteriorata ed aveva spinto pericolosamente parte dei cornicioni, con evidente rischio per i passanti.

Fin qui erano arrivate le piante infestanti, il manto di copertura lapidea risultava instabile, le scossaline avevano perso parte degli ancoraggi, il pinnacolo aveva subito l’oltraggio di un fulmine.

La mole del santuario fa apparire il campanile quasi un modesto accessorio, ma quando si dovettero predisporre gli arditi ponteggi a sbalzo per raggiungere il tetto dall’esterno, si ebbe la reale percezione delle dimensioni dell’opera e l’emozione del volo che da tale sommità si poteva abbracciare con lo sguardo.

Ora il tetto è rifatto e solido, cornicioni e intonaci opportunamente restaurati, gli impalcati in legno sostituiti nella loro posizione originale, le scale solide e percorribili, seppure con la cautela che tale “arrampicata” comporta.

L’accesso al campanile ha consentito anche il restauro delle campane e la loro puntuale elettrificazione: ora il santuario è ancora più presente tra la gente.

 

6. IL CONSOLIDAMENTO STATICO

Anche la Soprintendenza, che aveva provveduto a fare consolidare l’arco trionfale vistosamente lesionato, ritenendo in un primo tempo che questo fosse l’unico provvedimento indispensabile ed urgente per l’assetto statico della struttura, si dovette ricredere e chiese di dirottare parte del finanziamento previsto per il restauro architettonico verso opere più urgenti.

Il modello delle deformazioni spaziali venne predisposto dal Politecnico di Milano sotto la guida del prof. ing. Lorenzo Jurina, già incaricato dalla Soprintendenza stessa: si procedette quindi ad una serie di azioni puntuali.

La molteplicità dei problemi strutturali di un organismo così complesso ha reso infatti necessari cospicui interventi finalizzati a vincolare le murature in elevazione al livello della cupola, dei secondi matronei e del pavimento del Santuario, nonché a migliorare la resistenza meccanica della muratura.

Per contrastare le forti spinte orizzontali indotte dal peso della struttura si è posizionata sull’intradosso della base della cupola una catena anulare in lega d’acciaio ad alta resistenza; l’aspetto innovativo di tale elemento, che svolge una funzione simile a quella di un cerchio per una botte, consiste nel suo posizionamento all’interno della struttura e non all’esterno, come sarebbe più intuitivo; i vantaggi che se ne traggono, a parità d’efficacia, sono molteplici: in primo luogo la sua installazione è stata più semplice e rispettosa della struttura, in secondo luogo risulta meno visibile sia dall’esterno che dall’interno del santuario in quanto celata dalla cornice alla base della cupola, in terzo luogo costituisce un anello in grado di bilanciarsi distribuendo gli sforzi in maniera più omogenea sul tamburo ottagonale.

Dal momento che nell’economia dell’operazione ha inciso in maniera determinante il costo per la realizzazione dei ponteggi (basti pensare che l’imposta della cupola si trova 22 metri sopra il pavimento del Santuario, l’equivalente di un edificio di sette piani, mentre l’intradosso della lanterna raggiunge i 33 metri), si è ritenuto opportuno completare il restauro della cupola anche per i lavori non strettamente legati alla statica dell’edificio.

In particolare si è provveduto al fissaggio, mediante microchiodatura, degli stucchi e delle modanature pericolanti, al consolidamento delle cornici, al montaggio dei serramenti ed alla tinteggiatura di tutte le superfici con colori conformi agli originali.

Al fine di migliorare l’accessibilità in sicurezza di questa zona in occasione di future manutenzioni, si sono poi montati degli anelli per rocciatori e delle mensole in acciaio che, se aperte, consentono il rapido allestimento di un ponteggio mentre, in posizione di riposo, scompaiono dietro la cornice.

Fondamentale per il miglioramento dell’efficienza strutturale del Santuario è stata l’iniezione di materiale consolidante nelle porzioni di muratura sottoposte agli sforzi di compressione più elevati, in particolare i sostegni della cupola e le pareti del transetto.

Dai carotaggi effettuati, la tessitura del muro e soprattutto la composizione delle malte risultavano palesemente inadeguate a sopportare carichi così gravosi e manifestavano segni di schiacciamento.

Per garantire che il materiale iniettato raggiungesse tutte le cavità e chiudesse le fessure si è reso necessario l’utilizzo di tecniche sofisticate unite alla realizzazione di un gran numero di fori distribuiti indicativamente su di una maglia di 100 x 50 cm.

Per evitare il riaprirsi delle lesioni presenti sulle pareti del transetto (di cui si è provveduto alla sigillatura), migliorare la resistenza della muratura su cui poggia la cupola e per rendere solidali presbiterio e transetto, è stato opportuno il montaggio di una rete di tiranti costituiti da barre filettate in acciaio ad alta resistenza, in parte inglobate nella muratura, in parte celate al di sopra della cornice del transetto.

Il tensionamento avviene in alcuni casi agendo con chiave dinamometrica, in altri mediante l’utilizzo di martinetto idraulico.

La realizzazione alla quota dei secondi matronei di una soletta cementizia armata nelle due direzioni e separata tramite una guaina dalle strutture sottostanti, riveste un ruolo determinante per l’irrigidimento di questa porzione di fabbricato; il fatto che ad essa sia ancorata una catena che attraversa il transetto è utile per conferire maggior rigidezza longitudinale, necessaria sia in base alle indagini dirette sull’edificio sia da considerazioni sul modello numerico predisposto al calcolatore.

Con le stesse finalità e con i medesimi obiettivi si è provveduto a predisporre sotto il pavimento della chiesa i tiranti longitudinali che vincolano la navata alla zona del transetto e dell’abside, allo scopo di frenare la rotazione verso il basso della zona nord del fabbricato che in passato ha recato consistenti danni al Santuario. Infatti le vistose lesioni longitudinali lungo il transetto e le cappelle laterali furono determinate da un assestamento del santuario lungo l’asse principale, constatazione che avvalora l’ipotesi secondo la quale la chiesa venne realizzata in parte sul riporto di terreno necessario per ottenere lo spianamento del colle.

Coerentemente con i risultati sia delle misurazioni con distanziometro millesimale effettuate nel periodo 1987-88, sia del modello numerico predisposto in occasione dell’intervento attuale, si sono evitati nuovi interventi sulle fondazioni che avrebbero potuto modificare un assetto statico ormai consolidato da tempo.

Prima di chiudere questa fase dei lavori sono stati rimossi dal tetto i pinnacoli pericolanti (che attualmente si trovano dal restauratore) e con l’occasione si è provveduto a controllare le lastre tegulari (piöde) del tetto e quelle dei cornicioni, in modo da fissare quelle instabili e integrare con nuove quelle mancanti.

 

7. LE FINESTRATE

La luce diffusa che si pennella morbida sulle articolate modanature e pareti del santuario è un elemento fondamentale nella percezione della spazialità tipica del barocco tedesco.

Evitare alterazioni di tale aspetto determinate era di fondamentale importanza, per cui si è posta particolare attenzione nella scelta del tipo di vetro da utilizzare ad integrazione di quelli esistenti ormai quasi completamente distrutti.

Visto che i telai in legno dello spessore di soli 3 cm erano irrecuperabili, si è deciso di ricorrere ad una struttura tubolare in acciaio zincato con vetro-camera, nella quale tuttavia inserire i pannelli con vetri e piombi esistenti, quando recuperabili, e comunque in modo tale da non modificare il disegno originario.

Predisposti i disegni esecutivi, sono stati richiesti numerosi preventivi a diverse ditte del settore ed anche campionature di vetri e telai, per cui il Comitato ha potuto operare le proprie scelte, tenendo conto anche dell’aspetto economico della operazione, per cui si è pervenuti ad una scelta semplificata rispetto ai disegni di progetto, senza tuttavia alterazioni sensibili del risultato finale.

Naturalmente si è posta particolare attenzione alle vetrate con decorazioni che sono state recuperate integralmente nei nuovi telai e restaurate nelle parti in cui i colori avevano perso di intensità.

 

8. DRENAGGI E SISTMAZIONI ESTERNE

Il muro di sud ovest era particolarmente lesionato e di dimensioni ciclopiche, tuttavia la tecnica costruttiva e la tessitura stessa delle murature perimetrali al sagrato si presentano con caratteristiche non omogenee, mostrando le diverse ‘mani’ e certamente la non contemporaneità di realizzazione.

intercapedine attorno alla cripta nei pressi della fondazione dei campanili di facciata.

Oltre a ciò si è previsto la nuova modellazione del terreno al fine di ridurre la spinta sui muri perimetrali ed al tempo stesso riportare i parapetti alla altezza di sicurezza prevista dalle normative di legge vigenti.

La posa dei pozzetti per la raccolta delle acque meteoriche dai pluviali

Solo in un tratto verso est, dove il muro di sostegno venne realizzato completamente a secco, si è ritenuto opportuno creare una correa di ripartizione dei carichi e prevedere un parapetto in legno che si prevede di mascherare con la piantumazione di una siepe sempre verde.

Sempre verso est, in prossimità delle abitazioni attigue al santuario, si è provveduto ad abbassare il muro fortemente stapiombante ed a consolidarlo con correa e tiranti in calcestruzzo armato ed un terrazzamento al fine di ridurre il più possibile la spinta del terreno.

Il disegno dei percorsi attorno al santuario rispetta il disegno di progetto, seppure con una riduzione in altezza delle aiuole come richiesto dal comune.

Perimetralmente alla cripta si è provveduto a realizzare l’intercapedine di ventilazione delle murature e attorno a tutto il santuario si è provveduto a disporre uno strato drenante ed a riportare  un opportuno strato materiale arido costipato e quindi di terreno al fine di consolidare il piede delle possenti murature settecentesche. Tutte le modifiche introdotte sono state effettuate in accordo con i funzionari della Soprintendenza che hanno compiuto numerosi sopralluoghi.

  


[1] Atti privati milanesi e comaschi del sec. XI, a cura di G. Vittani e C. Manaresi, Milano 1933, n.77.

[2] Atti privati, IV, a cura di C. Manaresi e C. Santoro, Milano 1969, n.313.

[3] Archivio di stato di Milano (ASMi), Archivio Diplomatico-Pergamene, (AD, P) cart. 104, atto del dicembre 1106.

[4] Ibidem, ivi.

[5] Il documento è stato rogato da Martino Ambra, ma non ne esiste traccia nelle imbreviature dello stesso notaio presso l’Archivio di stato di Sondrio. Cfr. la nota di Tarcisio Salice in G.A. PARRAVICINI, La pieve di Sondrio, Sondrio 1969, p. 301 e F.S. QUADRIO, Dissertazioni critico-storiche intorno alla Rezia di qua delle Alpi oggi detta Valtellina, Milano 1960-1961, IlI, p. 289.

Il Besta attribuisce la fondazione della  “cella benedettina di Santa Maria di Tronchedo”  alla famiglia Beccarla, citando come fonte “le pergamene di Sant’Abbondio presso l’Archivio di Stato di Torino” (E. BESTA, Storia della Valtellina e della Valchiavenna, I, Dalle origini all’occupazione gigiona, Milano 1955, p. 195.

L’esame di questo fondo operato da Liliana Martinelli Perelli non ha tuttavia permesso di rintracciare le prove di tale attribuzione (L. MARTINELLI PERELLI, Presenza benedettina in Valtellina: Santa Maria di Tresivio, in Lombardia monastica e religiosa, a cura di Grado Giovanni Merlo, Milano 2001, p. 296.

[6] M.A. CARUGO, Tresivio. Una pieve valtellinese tra Riforma e Controriforma, Sondrio 1990, p.23.