(Prof.ssa Aurora Carugo)
Partendo
da Sondrio, sia lungo la strada panoramica che sale lungo la mezza costa della
sponda retica, sia lungo la strada statale di fondo valle, si rende ben
visibile e fa bella mostra
di sé, per dimensioni e maestosità compositiva, il Santuario della Santa Casa
di Loreto a Tresivio, costruito dalla devozione popolare a più
riprese nel corso dei secoli, ma con un impulso decisivo durante il sec. XVlll.
Presumibilmente
nella prima metà del XIl secolo presso questa chiesa si venne costituendo una
piccola comunità monastica benedettina, una “cerula”, come si legge in un atto
del 1185 [4], ospitata verosimilmente nella “domus” di
proprietà della chiesa che viene spesso citata nei suoi atti amministrativi.
Intorno
alla metà del Duecento venne meno la presenza diretta dei monaci benedettini, ma
continuò ad esistere la chiesa di S. Maria, dove, nel 1440, il nobile Giovanni
Beccaria fondò un beneficio con riserva del diritto di patronato [5].
La
devozione mariana, sempre viva tra gli abitanti di Tresivio e testimoniata
anche dalla presenza di una antica confraternita denominata “schola Sanctae
Mariae” [6], porterà alcuni secoli più
tardi a costruire intorno e sopra la chiesa di S. Maria di Tronchedo il
santuario della Santa Casa .
1629
E' nel corso della seconda metà del Seicento- lasciati alle
spalle i contrasti politici e religiosi e l'esperienza della peste- che sì
assiste in Valtellina ad un fervore di edilizia religiosa, cui parteciparono
anche quelle maestranze ticinesi e intelvesi protagoniste del rinnovamento
barocco, alimentato dalle forze spirituali e materiali della Controriforma.
La menzione di una erigenda chiesa dedicata alla Beata
Vergine di Loreto a Tresivio è già contenuta negli atti della visita pastorale
del vescovo Lazaro Carafino del 1629, quando il vescovo si sofferma sui decreti
particolari per l'antichissima e fatiscente chiesetta di S.Maria di Tronchedo.
Quest'ultima, la cui esistenza appare documentata a
partire dall' XI secolo, testimonia la presenza di una devozione mariana che
risale nei secoli, confermata del resto anche dalla presenza, nella comunità di
Tesivio, di una confraternita di S.Maria, di origine almeno quattrocentesca.
1646
Negli atti della seconda visita pastorale del vescovo
Carafino si legge: "Per la chiesa di S.Maria, hora Lauretana di Tresivio o
Tronchedo. Volendosi fabbricare di nuovo questa chiesa s'osservi il disegno
approvato et intanto si mantenga delle cose necessarie per la celebrazione e si
celebri frequentemente per mantenervi e accrescervi la divozione, e
s'eseguiscano li decreti delle passate visite "".
Esisteva quindi un progetto approvato per un edificio la
cui costruzione consentiva comunque di celebrare nell'antica chiesetta.
Il 30 novembre 1646 l'arciprete Giacomo Antonio
Lambertenghi benediva la prima pietra della S. Casa di Loreto.
Il notaio Gio.Pietro Crivelli, nel rogare l’atto, ci
informa che furono la confraternita di S.Maria e le popolazioni di Tresivio e
di Acqua a farsi promotrici della costruzione. Alle spese si sarebbe fatto
fronte con le rendite di S.Maria e questue.
Nel documento si parla esplicitamente non di una edicola,
ma di un'altra chiesa, da erigere all'esterno di S.Maria di Tronchedo, a
nullora, verso monte.
1649
Il 18 luglio del 1649 viene eretta nella S. Casa la
confraternita della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo.
1654
Dagli atti della terza visita pastorale del vescovo
Carafìno si rileva: "...è cominciato un tempio di grande e dispendosa
mole, però si ricorda alla devozione dei fedeli il proseguimento fino alla
fine. Frattanto si provveda delle suppellettili necessarie alla celebrazione
delle messe, e si facci reindorare fra doi mesi la patena che si trova. Si
prepari un libro capace, nel quale distintamente si notino le spese e il
ricavato per detta chiesa da deputati, iquali ogni anno ne renderanno li conti
all'arciprete...per essere da lui admessi e sottoscritti ".
1653
E’ sempre il notaio Crivelli ad annotare in una disposizione testamentaria un legato
all'Altare della Santa Casa e alla confraternita della Beata Vergine del Monte
Carmelo, "unita all'altare". Non ci è dato sapere a che punto fosse
giunta la costruzione, ma vi si poteva già celebrare, essendo dotata di altare.
1654
Giacinto Guicciardi, nel rispetto delle ultime volontà
dello zio, nobile sign. Antonio, fonda il benefìcio della S. Casa, riservando il
diritto di patronato alla propria famiglia.
Designa come primo cappellano il chierico Francesco
Medici, destinato ad entrare in possesso della cappellania non appena ordinato
sacerdote. Il cappellano aveva l'onere di celebrare nella" Casa o chiesa lauretana"
due messe alla settimana. Fonte di queste notizie sono sempre gli atti del
notaio Crivelli.
1658
Lo stesso notaio registra gli accordi intercorsi tra
Martino Scala e il figlio Antonio e i lapicidi Gervasio e Martino Colturi di
Bormio, abitanti a Tresivio.
Pietro Angelo Scala è una figura tra le più significative
nel panorama della architettura valtellinese del secondo Seicento. E' forse da
identificare nel sopracitato Martino Scala uno dei primi architetti della
S. Casa?
1660
A documentare le difficoltà materiali oltre che economiche
legate alla costruzione del tempio, viene registrata dal notaio Crivelli la
licenza per condurre acqua in località S.Maria.
Sono sempre gli atti del Crivelli a documentare
l'inaugurazione dell'organo costruito da Carlo Prata, di Gera Larlo e la
donazione alla S. Casa Lauretana di una reliquia di S.Carlo Borromeo.
Se ne deduce che un primo corpo di fabbrica fosse già
agibile ed atto ad ospitare le funzioni liturgiche accompagnate dal suono
dell'organo.
1666
Viene data la licenza per costruire una strada ad uso
della Fabbrica della chiesa della B.V.Maria Lauretana.
Viene stipulato un accordo tra la Venerabile Fabbrica
della S. Casa di Tresivio e "li picapietre".
Il 29 novembre dello stesso anno il francescano Bonaventura
Del Monte consegna al Santuario una croce di legno con reliquie della Terra
Santa autenticate dal superiore di Gerusalemme.
1682
Il vescovo Carlo Ciceri constata di persona, durante la
sua visita, che i lavori procedono a rilento e quindi autorizza l'arciprete e i
Deputati del Santuario a passare nelle altre parrocchie valtellinesi per
raccogliere questue.
1688
Negli atti della visita pastorale del vescovo Torriani il
vescovo constata come i lavori siano andati "mediocremente bene",
nonostante la fabbrica abbia avuto come responsabili solo il capomastro e gli
amministratori,"homeni di campagna".
Auspica pertanto l'intervento, per evitare dispendio di
risorse, di "qualche persona dell'arte d'architettura". Potrebbe
farsi carico della ricerca di un architetto il canonico Francesco Bonomi,
"beneintendente dell'arte", col consenso dell'arciprete.
1693
Nei registri contabili della chiesa sì legge l'avvenuto
completamento del campanile di destra della facciata.
1701
Da un atto rogato dal notaio Giorgio Tomietti si evince
che l'arciprete Ignazio Lazzaroni benedice la prima pietra di una seconda
S. Casa, posta più a nord. Si era deciso di decapitare il colle in modo da
ottenere una spianata onde edificare una nuova costruzione per la quale si
abbandonava il barocco d'oltralpe per seguire uno schema nuovo.
1707
Come attestato dai libri contabili si lavorava al tetto
del coro.
1716
Le stesse fonti danno notizia dei lavori di costruzione
della cupola.
1717
Negli atti delle visite pastorali del vescovo Olgiati è
inserita una relazione del visitatore Gerolamo Gaetani fatta il 24 agosto. Vi
si parla di una chiesa appena costruita, alla quale si accede tramite
gradinate, attraverso tre porte poste sulla facciata e due poste ai lati.
L'interno è ampio, provvisto di coro e due cappelle con arco d'accesso ancora
allo stato grezzo, mentre le due cappelle vicine alle porte sono rifinite,
imbiancate, dotate di cancelli in legno , pietra sacra e arredi idonei.
Al centro della chiesa, tra le due principali cappelle
laterali, vi è una casa lauretana, dotata di altare con pietra consacrata,
arredi lignei, tre lampade d'argento e una grande croce pure d'argento.
1724
Note contabili ci informano che il luganese Giacomo
Adamo,capomastro, lavorava con i suoi operai al cornicione della chiesa e ai
capitelli interni.
Scorrendo i registri contabili delle parrocchie
valtellinesi non è raro imbattersi in mastri luganesi che portano il cognome di
Adamo. Il più noto è forse Martino Adamo, architetto attivo in Valtellina nella
seconda metà del Seicento.
1730-31
In questi anni il tetto della cupola viene ricoperto con
"piode".
1733
I registri contabili ci informano dell'intervento del
tedesco Michele Locsthett nella ristrutturazione dell'organo Prata.
La cripta dell'antica chiesetta di S.Maria subisce un
parziale crollo. Vengono quindi sostenute delle spese per "rifare la volta
di sotto e il suolo della chiesa caduto".
Un altro crollo avvenne in temi successivi al punto che si
rese necessario riempire la cripta di detriti e realizzare un nuovo pavimento.
1754
Il piccapietra bormiese Giuseppe Maria Tamagnino
costruisce il portale maggiore del Santuario. Suo padre, Vitale,che già dal
1666 abitava a Tresivio, aveva invece realizzato le porte laterali.
1755
Mastro Giacomo Bichler riveste con lamine di rame
finemente lavorato le porte dell'ingresso principale.
I registri contabili della chiesa costituiscono finora
l'unica testimonianza relativa all'attività di questo artista, forse di origine
tedesca.
1780-1790
Si lavora ancora all'interno della chiesa con particolare
riguardo agli altari.
1795
Iniziano i lavori per la torre campanaria, che avranno
compimento solo nel 1832.
1833-55
Una memoria contenuta negli atti della visita pastorale
del vescovo Romanò informa della presenza nel tempio di numerose crepe, al
punto da paventare una sua chiusura.
1874
Con il determinante contributo del canonico Gianoncelli e
sotto la direzione tecnica dell'ingegnere Giacomo Orsatti si provvede ai lavori
di restauro e anche di finltura. Da una memoria dell’epoca si ha notizia che
“la chiesa della Madonna era eretta ma non finita, eccetto la facciata che era
stabilita (intonacata) come si vede, il resto a rustico tutto l’interno del
tempio…la scalinata a sera non c’era e fu costruita…la guglia a sera non c’era
e fu innalzata per compire il disegno….verso sera, nel’interno della chiesa lo
scurolo presente era ingombro di materiale e mancante di alcun lume in fondo,
senza stabilitura alle pareti e senza lastrico al suolo…l’intero tempio,
nell’interno, fu tutto ritoccato e sigillate le screpolature”.
1876
La chiesa viene dotata di un nuovo organo costruito dalla
ditta Locatelli di Bergamo.
Sala conferenze del Centro di formazione del Credito
Valtellinese di Tresivio (SO) lì, 17 novembre 2001
RECENTE DELLA
“SANTA CASA LAURETANA”
DI TRESIVIO
(1962-2002)
(Angelo De Michielli)
1962 — Costituzione di un Comitato
«Pro Restauri» Santa Casa. Viene aperto un conto corrente postale intestato al
Comitato per facilitare il versamento di offerte provenienti da fuori
parrocchia a favore del Santuario.
Sempre in data 5 febbraio la Sovrintendenza si rivolge al
Sindaco di Tresivio facendo presente che nel corso dei sopralluoghi effettuati
dal funzionario di zona, arch. Pietro Scurati-Manzoni, «sono state rilevate le
numerose lesioni, anche di notevoli
dimensioni, presenti nell'intera
muratura dell'edificio.» Dato lo stato di pericolo, si richiama l'attenzione
del Sindaco sulla normativa vigente, «per predisporre i mezzi e le opere
eventualmente necessarie per la prevenzione dell'incolumità pubblica»
Il Sindaco ha invitato la Prefettura di Sondrio a
disporre sopralluogo del Genio Civile, «per accertare se ricorrono le circostanze
atte a giustificare l'emissione di ordinanza di chiusura al culto del Santuario
in oggetto e alla recinzione di esso».
27 giugno 1968 — In una lettera indirizzata al
sindaco di Tresivio il soprintendente segnala il carattere di estrema urgenza
dei restauri e che «il Ministero, con nota 6813/F Div. Monumenti del 25 maggio
1968 ha invitato questo Ufficio, che lo aveva proposto, a rimettere la perizia
dei lavori necessari per l'importo di lire 15.000.000. L'elaborato è in corso
di redazione da parte di questo Ufficio».
Gli antiquari presentano ricorso in appello contro la
sentenza. " Il calendario della festa della Madonna Lauretana prevede,
oltre al giro della processione intorno al Santuario, la sua eccezionale apertura
nel pomeriggio di domenica 12 settembre, «per permettere alla popolazione di
prendere visione dei lavori eseguiti e di quelli ancora da eseguire».
Non avendo potuto rubare nulla, essendo da tempo state
rimosse tutte le suppellettili asportabili, si sono abbandonati a spregevoli
atti di vandalismo e satanismo: «hanno divelto e distrutto la pietra sacra
dell'altare centrale, staccati alcuni pezzi di marmo rosso dai gradini
dell'altare centrale, rovesciata un'acquasantiera e soprattutto, forzando la
serratura dell'organo, hanno ulteriormente danneggiato il prezioso strumento
già da tempo fuori uso». Lo scrivente ha denunciato il fatto ai Carabinieri di
Ponte in Valtellina in data 25/8/1977, ma osserva come ciò non basti e invita
pertanto «gli organismi preposti e le forze interessate perché si adoperino,
nell'ambito della loro competenza, in modo che sia ripreso ed infine concluso
il restauro del Santuario». Il rettore del Santuario fa presente i
provvedimenti più urgenti da attuare. Dall'inizio dei restauri, «è stato
rifatto completamente il tetto (che attualmente presenta almeno due perdite) e
tinteggiato tutto l'esterno. L'interno invece è stato consolidato con
poderose chiavi in ferro e restaurato per i due terzi. Per completare l'opera
bisognerà rafforzare la cupola perché presenta tuttora pericolose crepe e sistemare
i bracci laterali. Dal momento che la Soprintendenza ai Monumenti della
Lombardia ha già speso innumerevoli milioni in favore di un Monumento tanto
significativo per la Valtellina dal punto di vista storico e architettonico,
non si vede perché l'impegno per il restauro debba venir meno proprio ora.
Tanto più che lasciare le cose come sono, si rischia di ritornare al punto di
partenza: una costruzione non utilizzata decade inesorabilmente”......
Identica segnalazione, lo stesso giorno, viene fatta alla
Commissione diocesana di arte sacra. Nella lettera si informa la Curia anche
del sopralluogo dell'arch. Roncati
e dell'invio dell'ing. Merizzi, per studiare gli interventi più
necessari, per l'importo di trenta-quaranta milioni. «L'ing.
Merizzi ha visitato il Santuario il 14 ottobre e mi ha promesso di
concludere a giorni il suo studio tecnico, cosi da effettuare al più presto un
nuovo sopralluogo con la presenza della sig.ra Roncati e della
Commissione Economica
parrocchiale......
È la festa dell'Immacolata. La recita del rosario e delle
litanie lauretane riunisce una comunità non numerosa, ma spinta da! desiderio
di pregare, magari per la prima volta, nel Santuario. Come i figli di Israele,
quando partirono dall'Egitto, secondo la descrizione dell'Esodo, «anche noi
stavamo in piedi, un po' disordinati, con una certa fretta di uscire, i
sacerdoti senza paramenti: segno profetico di una chiesa desiderosa di sola
testimonianza». Così ha scritto don Cipriano.
a) concerto d'organo tenuto dal maestro Giancarlo Parodi;
b) presentazione e vendita di 100 pregevoli acqueforti di
Livio Benetti, raffiguranti il Santuario;
c) presentazione e vendita di un quaderno monografico dal
titolo «Storia e attualità dei Santuario della S. Casa di Tresivio» (n.4 dei
Quaderni valtellinesi, editi dal Centro Culturale e Sociale Don Minzoni di
Sondrio).
I lavori di restauro verranno ripresi con la riempitura
degli scavi fatti per i sondaggio delle fondamenta, che verranno consolidate
attraverso un sistema di palificazione.
L’ing. Merizzi esprime parere contrario circa l’intervento
sulle fondazioni, perché ritiene che un terreno anche di natura fortemente
cedevole, portante da secoli una costruzione, sia ormai consolidato per il
carico da essa trasmesso. È preferibile stabilizzare l'opera limitando
l'intervento all'elevazione.
Il presidente della Biblioteca comunale Angelo De Michielli, con l'intento di promuovere iniziative atte al rilancio e alla
salvaguardia del patrimonio locale, chiede al consiglio pastorale della
parrocchia partecipazione e disponibilità, «onde ricercare dapprima la
adeguata formula di intesa per poter poi studiare metodi e maniere adatti ad
approntare un impianto di illuminazione alla S. Casa di Loreto».
La notizia viene segnalata sulla stampa locale. Ad essa
viene dato ampio spazio anche sul supplemento al n.35 del Bollettino della
Società Storica valtellinese, del 30 luglio 1983.
Dopo il saluto del sindaco di Tresivio, sig. Pasquale
Clementi, sono intervenuti i relatori sig. Angelo De Michielli, presidente
della Biblioteca, prof. Aurora Carugo, consigliere della Società Storica Valtellinese, don Cipriano Ferrario, rettore del santuario, sig. Dante Sosio,
studioso e ricercatore, l'arch. Gianandrea Maspes, il funzionario di zona
arch. Giorgio Galletti, l'arch. Fulvio Ninatti, moderatore. Il Sindaco di
Sondrio,
Hanno partecipato al dibattito, prestando il loro
contributo di idee, fra gli altri, l'assessore alla cultura del Comune di
Sondrio sig. Ugo Rota e l'ing. Flaminio Benetti, presidente della Comunità
Montana di Sondrio. Durante il convegno è emersa la necessità di interventi
alle fondamenta del Santuario con il sistema delle micropalificazioni, già
ampiamente collaudato, per assicurare la stabilità della chiesa e poter quindi
proseguire in altri lavori di restauro.
Per l'esecuzione delle micropalificazioni era stata
inoltrata a Roma una perizia di 200 milioni, ma di tale somma richiesta, ha
detto l'arch. Galletti, sono stati assegnati solo 60 milioni, che saranno usati
per la revisione del tetto, delle grondaie e per altri interventi minori. A
conclusione dell'incontro è stata avanzata la proposta di ricorrere ad una
sottoscrizione, come è stato fatto per la torre ligariana di Sondrio,
interessando privati ed Enti vari per reperire i mezzi finanziari necessari per
il proseguimento dei lavori di restauro.
Gli Atti, curati da Lidia Passerini Cantoni, sono stati
pubblicati dalla Biblioteca comunale di Tresivio sul Bollettino n.3, marzo
1985.
1 febbraio 1984 —Il comitato «Amici della S. Casa»
e la Biblioteca comunale di Tresivio rivolgono un appello al ministro Gullotti
per il finanziamento della perizia n. 11 del 5 maggio 1983 — restauro statico
della S. Casa di Loreto di Tresivio basato su un importo di lire 209.000.000 —
trasmessa dalla Soprintendenza al Ministero per i Beni Culturali il 16 giugno
1983. Durante il mese di febbraio vengono montati i ponteggi sotto la cupola;
si intende giungere fino ad un pennacchio per sigillare le crepe.
È un evento significativo. Ritrovarsi in una chiesa
spoglia e transennata per la recita del rosario, la celebrazione della messa e
la processione, suscita forti emozioni. La notizia dell'apertura viene data
dal «Corriere della Valtellina»; I fedeli, numerosissimi, affluiscono da ogni
parte della Valle. La S. Casa torna ad essere, per pochi giorni, un luogo di
incontro spirituale ed umano.
Non rimane a questo punto che esprimere l'ennesimo
augurio, affinchè questa «nostra» S. Casa, che speriamo presto «illuminata»,
possa infondere in Noi, ancora, la luce della speranza e riscaldare, magari, i
freddi meccanismi dei nostri tempi.
Il sen.
Vittorino Colombo, già presidente del Senato, si interessa costantemente presso
il Ministero dei Beni Ambientali ed Architettonici di Roma affinché la S. Casa
possa avere dei finanziamenti e visitando il cantiere si sofferma in preghiera.
Nel
1996 sono ricominciati i pellegrinaggi di molte parrocchie della Valle, tra cui
quella di Sondrio con oltre 600 pellegrini e, in occasione delle
feste settembrine della Madonna , presiedute da mons. Eliseo Ruffini, per
continuare le celebrazioni per la posa della prima pietra (1646-1996), si sono
celebrate feste solenni con iniziative volte ad un pronto rilancio sia
religioso, sia socio-culturale del Santuario.
Ricorrendo
il 30 novembre 1996 il 350° anniversario della posa della prima pietra del
Santuario, in occasione della visita a Como (4-5 maggio 1996) del Papa Giovanni Paolo Il, anche la Santa Casa di Tresivio
ha riaperto i battenti per permettere a una numerosa folla di fedeli di seguire
su un grande schermo, in diretta televisiva, il Santo Padre e recitare con Lui
il Rosario. E’ stata questa una
occasione memorabile per accogliere nel migliore dei modi, dopo quasi 30 anni
di attesa, la gente che, per la fede genuina, ha questo Santuario mariano nel
cuore, cosicché potesse testimoniare con la propria partecipazione la devozione
al Papa, alla Chiesa e alla Madonna nera di Tresivio.
Papa Giovanni Paolo Il, nella Sua visita a
Como domenica 5 maggio 1996, durante la
recita del "Regina coeli", rivolto ad una folla immensa ha definito i
Santuari mariani della nostra diocesi "sentinelle della fede" e quello
".... della Santa Casa di Loreto a Tresivio, monumento di arte e di
fede sincera, meta di devoti pellegrinaggi che ravvivano la devozione dei
fedeli" e ci ha esortato ad invocare Maria senza mai stancarci:
"..Maria Santissima, Madre di Dio e nostra Madre è sempre un modello attuale
a cui fare riferimento nel corso della giornata per trovare nei Suoi esempi
ispirazione, guida sicura, motivo di conforto e di speranza....".
Preghiera alla Madonna di Tresivio
Maria, tu che, nascosta
nella silente attesa della casa di
Nazareth,
hai ricevuto nel tuo grembo santo
Gesù, salvatore di tutti, e a lui ti
sei abbandonata
in una confidenza totale:
liberaci dalle nostre
tribolazioni;
aiuta chi ci è vicino e soffre;
fa che apriamo la mente e il cuore
perché il tuo Figlio
sofferente, morto e glorioso,
ci coinvolga nel suo mistero
e ci trasformi a sua immagine
nello Spirito per la gloria del
Padre.
Rendici testimoni
lieti, contemplativi e fattivi
del Cristo che ci doni,
così che abbiano a ricevere
speranza
coloro che avviciniamo:
il tuo Santuario, che guarda
dall’alto,
custodisca le nostre valli
nella fede antica e attuale e
profetica.
Como, 08 –
12 – 2001 †Alessandro Maggiolini, Vescovo
-Atti della
tavola rotonda: “La Santa Casa di
Tresivio (26-11-1983) e Il cammino della Santa Casa negli ultimi anni.-Tresivio-Bollettino
della Biblioteca comunale n.3-1985.
-Alfredo Corti – Tresivio in Valtellina e la sua
Santa Casa, “Periodico della Società storica comense”, XLIlI, Como 1969.
-M.A. CARUGO, Tresivio. Una pieve valtellinese tra Riforma
e Controriforma, Sondrio 2000.
-L. MARTINELLI PERELLI, Presenza benedettina in
Valtellina: Santa Maria di Tresivio, in Lombardia monastica e religiosa, a cura
di G. Merlo, Milano 2001.
Santuario “Santa Casa di Loreto”
di Tresivio, lì 17 novembre 2001
ARCHITETTURA, ARTE E RESTAURI DEL SANTUARIO “SANTA CASA DI LORETO”
DI TRESIVIO
(Arch. Gianandrea Maspes – Ing. Pietro Maspes)
1.PREMESSA
Il santuario lauretano è
espressione forte della civitas, ma soprattutto della civilitas di Tresivio.
E’ un monumento ad alta valenza simbolica,
che contrasta efficacemente con la tendenza economicistica di un’epoca tutta
tesa alle realizzazioni pratiche che comportano inevitabilmente
spersonalizzazione dell’individuo e generano quella aridità spirituale che
spesso si esprime nella indifferenza rispetto alla storia civile, morale e
religiosa della comunità cui si appartiene.
Questa chiesa è per i tresiviesi
testimonianza efficace dell’impegno creativo delle generazioni che qui hanno
vissuto e operato; è perciò utile, direi indispensabile per la comprensione
della continuità storica, delle radici, e in definitiva per fornire un senso al
loro essere attuale.
E la conoscenza della storia
consente poi di conquistare un forte sentimento di identità personale, sociale
e civile.
Si rafforza così la coesione di
una società che riconosce e condivide dei valori.
In altre epoche storiche, la
civiltà ruotava attorno al tempio, a Tresivio questa centralità è ancora reale.
Lo dimostrano la cura, l’amore e
il rispetto di tutta la popolazione nei confronti di questo monumento.
2. L’ARCHITETTURA
Si tratta di un volume complesso
realizzato a partire dal 1646 e terminato nel 1760 in un susseguirsi di
interventi modificati sia nel tempo, sia nella impostazione stilistica.
Dalla architettura articolata e
ricca di chiaroscuri del barocco che impronta di luce e movimento la navata, si
passa alla pacata architettura di coro, transetto e tiburio, i cui possenti
volumi settecenteschi vengono solennemente scanditi da chiare, ampie, pareti
piane con decorazioni scenografiche.
L’ aggiunta appare molto evidente
leggendo la piante, ma si riscontra, seppure con meno evidenza, anche nei
prospetti; i documenti storici poi ci portano ad avanzare alcune ipotesi e
considerazioni.
Nei documenti si accenna ad una
primitiva chiesa quattrocentesca dedicata alla Madonna e si fa riferimento agli
imponenti lavori di spianamento del colle in occasione della erezione del
santuario.
A differenza di quanto si era
ritenuto in un primo tempo, tale operazione dovrebbe essere avvenuta non con l’asportazione
di terreno e conseguente demolizione della antica basilica, bensì con un
paziente riporto di materiale; infatti:
1) la chiesa di S.Maria de
Tronchedo, certamente non molto piccola se aveva uno schema basilicale a tre
navate, trova collocazione nell'attuale cripta. L’impianto della stessa
presenta infatti schema icnografico tripartito; risulta inoltre insolitamente
ubicata sotto la navata;
2) i poderosi muri di sostegno del
terreno intorno al colle giustificano un consistente riporto di terreno;
3) lo spirito con cui venivano
eretti i santuari in questo periodo storico in Valtellina (baluardo contro il
protestantesimo) e le caratteristiche stesse dell'edificio, richiedevano
certamente una posizione «castellana», cioè che fosse il più possibile elevata
e dominante;
4) le lesioni riscontrate
sull'edificio, che tra l'altro non appaiono molto recenti, confermerebbero
l’assestamento del terreno con resistenza meccanica non omogenea.
La posa della prima pietra del
santuario avviene presso la basilica di S. Maria de Tronchedo; a prima vista
non è facile intuire lo spazio fisico su cui tali edifici potessero coesistere;
ma anche ora le costruzioni presenti sono tre:
- l'attuale cripta, probabile
rimaneggiamento della basilica di S.Maria;
- la Santa Casa vera e propria,
che ricalca la casa di Nazareth;
- il Santuario, ovvero il
“contenitore”, lo scrigno eretto per custodire e proteggere la Santa Casa.
Infatti inizialmente l’edicola
della Santa Casa era più a sud, quindi sopra la cripta attuale, e solo nel 1701
venne rifatta nella attuale posizione.
L’edificio si presenta come un
castello-palazzo barocco di cui ha la grandiosità, la robustezza degli
elementi, il profilo rettilineo, la compattezza strutturale la fanno
assomigliare ad un presidio che domina la Valle sottostante, arroccata com’è
sul colle.
Esaminando la costruzione barocca
dall’esterno, notiamo che sopra l’alta zoccolatura si stende un disegno che
alterna, con ritmica orditura, parti vuote sovrapposte a piloni fortemente
evidenziati da un doppio ordine di lesene.
Queste ultime, rimarcate dalla
maggiore densità del colore, si staccano dal fondo chiaro delle pareti
accentuando la ritmica partizione della facciata; a completamento dei prospetti
si stagliano i cornicioni continui in pietra verde che delimitano il doppio
ordine del disegno.
Queste ampie partizioni verticali,
che si alternano alle lesene, conferiscono ordine e cadenza alle facciate,
euritmia meglio percepibile sui prospetti laterali il cui disegno risulta più semplice
rispetto alla articolata facciata principale.
Le parti in maggiore evidenza per
la marcata presenza di lesene, in effetti sono le nervature della struttura,
gli elementi portanti che scaricano al suolo le spinte laterali trasmesse
dall’ampia ed elevata volta della navata.
Nicchie e finestre, organizzate
nel rigoroso disegno dei prospetti, staticamente svolgono la funzione di
alleggerimento delle murature; sono infatti ubicate nelle parti dell’edificio
meno sollecitate e contribuiscono al raggiungimento dell’equilibrio
compositivo, anzi partecipano alla perfetta sintesi tra aspetto estetico,
esigenze funzionali ed intuizione statica.
Infatti dalle finestrate dei
prospetti ricchi di vibrazioni cromatiche, disegnati con rigorosa logica
compositiva, penetra all’interno una illuminazione soffusa, filtrata dai
matronei disposti a due livelli, mentre al piano terra, gli articolati spazi
laterali sono riservati agli ambienti di sacrestia e conservazione degli arredi
sacri.
La fronte principale, più maestosa
delle altre, ha un ricercatezza maggiore, persegue tuttavia gli stessi principi
compositivi.
Suddivisa in cinque zone, quella
centrale, più ampia delle altre, ha superfici ancora più lisce: le aperture
sono formate da semplici finestre (in parte cieche), ampie, appena rimarcate da
cornici, la loro presenza non altera tuttavia la fluidità delle pareti chiare,
che contrastano con l’importanza delle lesene, elementi atti a conferire il
movimento in profondità e gli effetti chiaroscurali della composizione.
Il fondale liscio della parete
centrale è però arricchito, piacevole eccezione, dal pregevole portale dello
scultore Giuseppe Maria Tamagnino, che lo compì nel 1754, oltre un secolo dopo
la posa della prima pietra del santuario.
La differenza di impostazione
architettonica a cui si accennava all’inizio è ancora più evidente se si
esamina la pianta della costruzione come oggi si presenta al visitatore.
Sul disegno allegato sono
evidenziate, con campitura diversa, le principali epoche di realizzazione della
costruzione: due in particolare informano l’architettura del santuario: in
rosso la parte barocca, in rosa quella settecentesca (trascurando l’edicola del
1701 in colore verde).
Più ancora che tempi costruttivi
distinti, si nota la frattura tra concezioni spaziali diverse e fondate su
esigenze architettoniche non affini.
Come già sottolineato la parte più
interessante dal punto di vista del linguaggio architettonico è quella verso
Sud, cioè quella che comprende la facciata e
si estende fino alla cupola esclusa, determinando un volume
scandito dai due ordini sovrapposti alquanto
sviluppati in altezza.
Il perimetro esterno della pianta
è quasi un quadrato, ma l'architettura tende ad un effetto di contrasto per la
presenza di una volta a botte che suggerisce una assialità: questo spazio
costretto tende a «sfuggire» e dilatarsi verso cappelle laterali e matronei.
Tale tipologia ci riconduce ad
esempi di chiese ad aula, certamente più ricche di modulazioni, ma
concezionalmente analoghe a questa, reperibili oltralpe; ad esempio la chiesa
di S. Michele a Monaco di Baviera propone già nel secolo XVI questo tipo di
architettura ad aula coperta con volta a botte, cappelle laterali e matronei
che si affacciano sulla sala centrale.
Il disegno originario non
prevedeva probabilmente l'attuale zona coro-cupola-tiburio, del resto il
documento del 1752 in cui si afferma che il progetto del Santuario prevedeva
quattro torri, non fa che confermare l'ipotesi di una costruzione con pianta
rettangolare o quadrata nella quale il prospetto principale girasse
riproponendosi anche sui fianchi.
A maggior ragione credo che nel
Settecento questa «novità» non incontrasse unanimi consensi nelle comunità di
Acqua e di Tresivio; se a ciò si aggiunge l'autorizzazione del vescovo Carafino
di estendere le questue fino a Poschiavo e al Bormiese con un apporto ben
diverso di contributi finanziari, si può anche ipotizzare la coincidenza di
tale scelta con l'esigenza di modificare, mediante ampliamento, la costruzione
in corso d'opera.
L'aggiunta della zona
presbiteriale e del transetto con cupola e tiburio modificano profondamente
l'icnografia iniziale: la chiesa perde il suo impianto ad aula per assumere la
pianta a croce: lo slancio verticale del corpo a prisma iniziale viene mitigato
e il complesso assume proporzioni inusitate in Valle.
I grossi pilastri su cui si
impostano cupola e tiburio mirano ad un effetto di grandiosità ottenuto
rimarcando la possanza delle strutture; questo nuovo tema conduttore, che pur
si accosta felicemente alla precedente costruzione, se ne distacca,
architettonicamente parlando, e crea anche un diverso assetto tipologico; è
talmente sensibile la diversità di linguaggio architettonico tra le due parti
del santuario che è lecito attribuirle a due differenti personalità artistiche.
Non escluderei quindi che il primo
progettista del Santuario fosse un cittadino d'oltralpe convertitosi al
cattolicesimo, visto che il suo nome non compare mai nei documenti.
Il carattere transalpino della
parte Sud dell'edificio traspare da molti fattori; l'essenza strutturale, oltre
a plasmare lo spazio architettonico, si proietta sull'esterno in una
composizione «spontanea» delle facciate: è un modello di coerenza
plastico-strutturale a cui nulla toglie la relativa scarsità dinamica interna e
la parsimonia con cui viene trattata la decorazione.
3. IL «COMITATO»
ED I RESTAURI PROMOSSI DALLA PARROCCHIA
Il Comitato per la S. Casa,
appositamente costituito presso la Parrocchia di Tresivio, ha svolto un attento
lavoro di selezione degli interventi ritenuti di prioritaria importanza al fine
di rendere agibile il Santuario, chiuso ai fedeli dal 1968.
Nell’ambito dei progetti approvati
dalla Soprintendenza si sono pertanto operati degli stralci, definiti specifici
capitolati e computi metrici, esaminate le offerte, scelte le ditte,
sottoscritti i contratti, affidate la direzione lavori e rielaborate le singole
contabilità.
Le priorità stabilite fin
dall’inizio dal Comitato sono pertanto riassunte nei seguenti punti:
1. Consolidamento dell’angolo a
sud-ovest del muro del sagrato perchè fortemente lesionato con pericolo di
crollo.
2. Sistemazione dell’area del
sagrato con tubazioni di drenaggio, canalizzazione delle acque meteoriche e
intercapedine di isolamento lungo i muri perimetrali dell’edificio, nonchè
taglio di parecchi alberi con estirpazione delle radici; il tutto perchè le
acque non regimentate e le radici delle piante costituiscono fonte di
disgregazione del muro di sostegno del colle su cui appoggiano le fondazioni
dell’edificio.
3. Consolidamento della grossa
orditura lignea principale del tetto e fissaggio delle ardesie sia del tetto
sia del cornicione mediano con rifacimento delle lattonerie; perché la
struttura del tetto è debole e flette sotto il carico della neve, e perché le
ardesie, soprattutto nella parte perimetrale della copertura e del cornicione
costituiscono un costante e reale pericolo di caduta ad ogni soffio di vento
appena più forte della normale brezza.
4. Consolidamento, per le ragioni
di cui al punto precedente. dei pinnacoli piramidali agli angoli dell’edificio
e delle parti in pietra ammalorate del cornicione, nonchè della copertura del
campanile: infatti un pinnacolo è crollato rovinosamente sul sagrato pochi anni
or sono.
5. Restauro delle vetrate di tutti
i serramenti oltre alla sostituzione dei telai che non hanno adeguata tenuta al
vento e all’acqua: parecchi vetri legati a piombo sono rotti.
6. Ricostruzione delle scale e dei
solai in legno interni al campanile, crollati già da anni, sia per permettere
in futuro il ripristino delle campane e la possibilità di suonarle, sia per
tenere legati i quattro muri perimetrali del campanile stesso. I suddetti
lavori sono prioritari e devono essere eseguiti nella stessa sessione in quanto
comportano la costruzione e il nolo di ponteggi di notevoli dimensioni, stante
la grande mole del Santuario.
Come spesso succede nei lavori di
restauro, in corso d’opera si è reso necessario, come vedremo, apportare alcune
modifiche ai programmi iniziali; allo stato attuale delle cose però il Comitato
può sostenere di aver raggiunto il primo obiettivo: la revoca dell’ordinanza di
inagibilità da parte del Sindaco di Tresivio.
4.IL MURO SUD OVEST DEL SAGRATO
Il primo intervento ha dunque
riguardato il consolidamento del muro sud ovest che “contiene” il terreno su
cui sorge il santuario; il sagrato è delimitato perimetralmente da murature e
arcate possenti, che hanno subito nel corso degli anni lesioni, deformazioni,
‘spanciamenti’ e strapiombi, alterazioni a volte vistose, a volte minime e di
diversa natura.
La tecnica costruttiva e la
tessitura stessa delle murature si presenta infatti con caratteristiche non
omogenee, mostrando le diverse ‘mani’ e certamente la non contemporaneità di
costruzione.
Il progetto prevedeva del resto il
rifacimento di una delle arcate del tratto sud-ovest che aveva già subito il
crollo parziale in chiave, mettendo a rischio la stabilità di quelle adiacenti,
tuttavia in corso d’opera, effettuate le opere di decespugliazione ed estirpate
le radici degli alberi, è stato chiaro che purtroppo si rendeva indispensabile
intervenire in modo più radicale.
Quello che in un primo tempo
appariva una semplice operazione di “cucitura” e consolidamento parziale, una
volta liberata la struttura, effettuati gli scavi all’estradosso e realizzati
alcuni ponteggi, si è reso necessario ripensare completamente modalità e
criteri d’intervento.
Il nuovo progetto, tempestivamente
redatto, ha comportato la predisposizione di nuove centinature e la
realizzazione di strutture di ancoraggio in calcestruzzo armato, il ricorso a
tiranti in acciaio, l’uso di malte speciali di consolidamento delle murature e
dell’estradosso delle arcate, scavi più estesi in situazioni delicate, opere di
protezione e di drenaggio finalizzate a contenere l’azione devastante del gelo
e della vegetazione.
La foto sopra dimostra in modo
eloquente la delicatezza dell’intervento compiuto: dopo avere
messo in sicurezza le arcate per
scongiurare i possibili crolli, si è provveduto ad eliminare piante, radici e
terreno fino a mettere a nudo l’estradosso delle arcate.
E’ ben visibile il segno della
quota a cui arrivava il riporto di terreno sopra le volte e il rapporto con
l’altezza d’uomo: per contenere la spinta anche su questa parte della muratura
si è provveduto quindi ad inserire una serie di zanche nel muro, a predisporre
una rete in acciaio e quindi a consolidare il tutto con una malta specifica per
questo tipo di interventi.
All’esterno delle volte si è
quindi provveduto a predisporre un trave continua per collegare i tiranti
(distinguibili per la guaina rossa) ancorati alla muratura consolidata.
Eseguite le opere di
impermeabilizzazione e fissato il telo protettivo anti radice, l’acqua raccolta
nel tubo microfessurato perimetrale viene convogliata in un pozzetto
ispezionabile di raccolta sul lato ovest e da qui in una vasca di desabbiazione
da cui verrà immessa nella rete delle acque meteoriche.
5.IL CAMPANILE
Parallelamente ai lavori di
consolidamento del muro di sud ovest, si provvedeva a sistemare le parti del
campanile ottocentesco più deteriorate: tetto, cornicioni ed impalcati interni.
Raggiungere la cella campanaria
utilizzando gli impalcati esistenti era infatti molto pericoloso, perché ci si
trovava di fronte a strutture fatiscenti, friabili e marciscenti; le scale in
legno risultavano prive di alcune traversine e quelle rimaste non erano affatto
affidabili; la stessa grossa orditura di copertura risultava deteriorata ed
aveva spinto pericolosamente parte dei cornicioni, con evidente rischio per i
passanti.
Fin qui erano arrivate le piante
infestanti, il manto di copertura lapidea risultava instabile, le scossaline
avevano perso parte degli ancoraggi, il pinnacolo aveva subito l’oltraggio di
un fulmine.
La mole del santuario fa apparire
il campanile quasi un modesto accessorio, ma quando si dovettero predisporre
gli arditi ponteggi a sbalzo per raggiungere il tetto dall’esterno, si ebbe la
reale percezione delle dimensioni dell’opera e l’emozione del volo che da tale
sommità si poteva abbracciare con lo sguardo.
Ora il tetto è rifatto e solido,
cornicioni e intonaci opportunamente restaurati, gli impalcati in legno
sostituiti nella loro posizione originale, le scale solide e percorribili,
seppure con la cautela che tale “arrampicata” comporta.
L’accesso al campanile ha
consentito anche il restauro delle campane e la loro puntuale elettrificazione:
ora il santuario è ancora più presente tra la gente.
6. IL CONSOLIDAMENTO STATICO
Anche la Soprintendenza, che aveva
provveduto a fare consolidare l’arco trionfale vistosamente lesionato,
ritenendo in un primo tempo che questo fosse l’unico provvedimento
indispensabile ed urgente per l’assetto statico della struttura, si dovette
ricredere e chiese di dirottare parte del finanziamento previsto per il
restauro architettonico verso opere più urgenti.
Il modello delle deformazioni
spaziali venne predisposto dal Politecnico di Milano sotto la guida del prof.
ing. Lorenzo Jurina, già incaricato dalla Soprintendenza stessa: si procedette
quindi ad una serie di azioni puntuali.
La molteplicità dei problemi
strutturali di un organismo così complesso ha reso infatti necessari cospicui
interventi finalizzati a vincolare le murature in elevazione al livello della
cupola, dei secondi matronei e del pavimento del Santuario, nonché a migliorare
la resistenza meccanica della muratura.
Per contrastare le forti spinte
orizzontali indotte dal peso della struttura si è posizionata sull’intradosso
della base della cupola una catena anulare in lega d’acciaio ad alta
resistenza; l’aspetto innovativo di tale elemento, che svolge una funzione
simile a quella di un cerchio per una botte, consiste nel suo posizionamento
all’interno della struttura e non all’esterno, come sarebbe più intuitivo; i
vantaggi che se ne traggono, a parità d’efficacia, sono molteplici: in primo
luogo la sua installazione è stata più semplice e rispettosa della struttura,
in secondo luogo risulta meno visibile sia dall’esterno che dall’interno del
santuario in quanto celata dalla cornice alla base della cupola, in terzo luogo
costituisce un anello in grado di bilanciarsi distribuendo gli sforzi in
maniera più omogenea sul tamburo ottagonale.
Dal momento che nell’economia
dell’operazione ha inciso in maniera determinante il costo per la realizzazione
dei ponteggi (basti pensare che l’imposta della cupola si trova 22 metri sopra
il pavimento del Santuario, l’equivalente di un edificio di sette piani, mentre
l’intradosso della lanterna raggiunge i 33 metri), si è ritenuto opportuno
completare il restauro della cupola anche per i lavori non strettamente legati
alla statica dell’edificio.
In particolare si è provveduto al
fissaggio, mediante microchiodatura, degli stucchi e delle modanature
pericolanti, al consolidamento delle cornici, al montaggio dei serramenti ed
alla tinteggiatura di tutte le superfici con colori conformi agli originali.
Al fine di migliorare
l’accessibilità in sicurezza di questa zona in occasione di future
manutenzioni, si sono poi montati degli anelli per rocciatori e delle mensole
in acciaio che, se aperte, consentono il rapido allestimento di un ponteggio
mentre, in posizione di riposo, scompaiono dietro la cornice.
Fondamentale per il miglioramento
dell’efficienza strutturale del Santuario è stata l’iniezione di materiale
consolidante nelle porzioni di muratura sottoposte agli sforzi di compressione
più elevati, in particolare i sostegni della cupola e le pareti del transetto.
Dai carotaggi effettuati, la
tessitura del muro e soprattutto la composizione delle malte risultavano
palesemente inadeguate a sopportare carichi così gravosi e manifestavano segni
di schiacciamento.
Per garantire che il materiale
iniettato raggiungesse tutte le cavità e chiudesse le fessure si è reso
necessario l’utilizzo di tecniche sofisticate unite alla realizzazione di un
gran numero di fori distribuiti indicativamente su di una maglia di 100 x 50
cm.
Per evitare il riaprirsi delle
lesioni presenti sulle pareti del transetto (di cui si è provveduto alla
sigillatura), migliorare la resistenza della muratura su cui poggia la cupola e
per rendere solidali presbiterio e transetto, è stato opportuno il montaggio di
una rete di tiranti costituiti da barre filettate in acciaio ad alta
resistenza, in parte inglobate nella muratura, in parte celate al di sopra
della cornice del transetto.
Il tensionamento avviene in alcuni
casi agendo con chiave dinamometrica, in altri mediante l’utilizzo di
martinetto idraulico.
La realizzazione alla quota dei
secondi matronei di una soletta cementizia armata nelle due direzioni e
separata tramite una guaina dalle strutture sottostanti, riveste un ruolo
determinante per l’irrigidimento di questa porzione di fabbricato; il fatto che
ad essa sia ancorata una catena che attraversa il transetto è utile per
conferire maggior rigidezza longitudinale, necessaria sia in base alle indagini
dirette sull’edificio sia da considerazioni sul modello numerico predisposto al
calcolatore.
Con le stesse finalità e con i
medesimi obiettivi si è provveduto a predisporre sotto il pavimento della
chiesa i tiranti longitudinali che vincolano la navata alla zona del transetto
e dell’abside, allo scopo di frenare la rotazione verso il basso della zona
nord del fabbricato che in passato ha recato consistenti danni al Santuario.
Infatti le vistose lesioni longitudinali lungo il transetto e le cappelle
laterali furono determinate da un assestamento del santuario lungo l’asse
principale, constatazione che avvalora l’ipotesi secondo la quale la chiesa
venne realizzata in parte sul riporto di terreno necessario per ottenere lo
spianamento del colle.
Coerentemente con i risultati sia
delle misurazioni con distanziometro millesimale effettuate nel periodo
1987-88, sia del modello numerico predisposto in occasione dell’intervento
attuale, si sono evitati nuovi interventi sulle fondazioni che avrebbero potuto
modificare un assetto statico ormai consolidato da tempo.
Prima di chiudere questa fase dei
lavori sono stati rimossi dal tetto i pinnacoli pericolanti (che attualmente si
trovano dal restauratore) e con l’occasione si è provveduto a controllare le
lastre tegulari (piöde) del tetto e quelle dei cornicioni, in modo da fissare
quelle instabili e integrare con nuove quelle mancanti.
7. LE FINESTRATE
La luce diffusa che si pennella
morbida sulle articolate modanature e pareti del santuario è un elemento
fondamentale nella percezione della spazialità tipica del barocco tedesco.
Evitare alterazioni di tale
aspetto determinate era di fondamentale importanza, per cui si è posta
particolare attenzione nella scelta del tipo di vetro da utilizzare ad
integrazione di quelli esistenti ormai quasi completamente distrutti.
Visto che i telai in legno dello
spessore di soli 3 cm erano irrecuperabili, si è deciso di ricorrere ad una
struttura tubolare in acciaio zincato con vetro-camera, nella quale tuttavia
inserire i pannelli con vetri e piombi esistenti, quando recuperabili, e
comunque in modo tale da non modificare il disegno originario.
Predisposti i disegni esecutivi,
sono stati richiesti numerosi preventivi a diverse ditte del settore ed anche
campionature di vetri e telai, per cui il Comitato ha potuto operare le proprie
scelte, tenendo conto anche dell’aspetto economico della operazione, per cui si
è pervenuti ad una scelta semplificata rispetto ai disegni di progetto, senza
tuttavia alterazioni sensibili del risultato finale.
Naturalmente si è posta
particolare attenzione alle vetrate con decorazioni che sono state recuperate
integralmente nei nuovi telai e restaurate nelle parti in cui i colori avevano
perso di intensità.
8. DRENAGGI E SISTMAZIONI ESTERNE
Il muro di sud ovest era
particolarmente lesionato e di dimensioni ciclopiche, tuttavia la tecnica
costruttiva e la tessitura stessa delle murature perimetrali al sagrato si
presentano con caratteristiche non omogenee, mostrando le diverse ‘mani’ e
certamente la non contemporaneità di realizzazione.
intercapedine attorno alla cripta
nei pressi della fondazione dei campanili di facciata.
Oltre a ciò si è previsto la nuova
modellazione del terreno al fine di ridurre la spinta sui muri perimetrali ed
al tempo stesso riportare i parapetti alla altezza di sicurezza prevista dalle
normative di legge vigenti.
La posa dei pozzetti per la
raccolta delle acque meteoriche dai pluviali
Solo in un tratto verso est, dove
il muro di sostegno venne realizzato completamente a secco, si è ritenuto
opportuno creare una correa di ripartizione dei carichi e prevedere un
parapetto in legno che si prevede di mascherare con la piantumazione di una
siepe sempre verde.
Sempre verso est, in prossimità
delle abitazioni attigue al santuario, si è provveduto ad abbassare il muro
fortemente stapiombante ed a consolidarlo con correa e tiranti in calcestruzzo
armato ed un terrazzamento al fine di ridurre il più possibile la spinta del
terreno.
Il disegno dei percorsi attorno al
santuario rispetta il disegno di progetto, seppure con una riduzione in altezza
delle aiuole come richiesto dal comune.
Perimetralmente alla cripta si è
provveduto a realizzare l’intercapedine di ventilazione delle murature e
attorno a tutto il santuario si è provveduto a disporre uno strato drenante ed
a riportare un opportuno strato
materiale arido costipato e quindi di terreno al fine di consolidare il piede
delle possenti murature settecentesche. Tutte le modifiche introdotte sono
state effettuate in accordo con i funzionari della Soprintendenza che hanno
compiuto numerosi sopralluoghi.
[1] Atti privati milanesi e comaschi del sec. XI, a cura di G. Vittani e C. Manaresi, Milano 1933, n.77.
[2] Atti privati, IV, a cura di C. Manaresi e C. Santoro, Milano 1969, n.313.
[3] Archivio di stato di Milano (ASMi), Archivio Diplomatico-Pergamene, (AD, P) cart. 104, atto del dicembre 1106.
[4] Ibidem, ivi.
[5] Il documento è stato rogato da Martino Ambra, ma non ne esiste traccia nelle imbreviature dello stesso notaio presso l’Archivio di stato di Sondrio. Cfr. la nota di Tarcisio Salice in G.A. PARRAVICINI, La pieve di Sondrio, Sondrio 1969, p. 301 e F.S. QUADRIO, Dissertazioni critico-storiche intorno alla Rezia di qua delle Alpi oggi detta Valtellina, Milano 1960-1961, IlI, p. 289.
Il Besta attribuisce la fondazione della “cella benedettina di Santa Maria di Tronchedo” alla famiglia Beccarla, citando come fonte “le pergamene di Sant’Abbondio presso l’Archivio di Stato di Torino” (E. BESTA, Storia della Valtellina e della Valchiavenna, I, Dalle origini all’occupazione gigiona, Milano 1955, p. 195.
L’esame di questo fondo operato da Liliana Martinelli Perelli non ha tuttavia permesso di rintracciare le prove di tale attribuzione (L. MARTINELLI PERELLI, Presenza benedettina in Valtellina: Santa Maria di Tresivio, in Lombardia monastica e religiosa, a cura di Grado Giovanni Merlo, Milano 2001, p. 296.
[6] M.A. CARUGO, Tresivio. Una pieve valtellinese tra Riforma e Controriforma, Sondrio 1990, p.23.