QUALE VOLONTARIATO DOPO IL GIUBILEO - Turismo, beni culturali e  volontariato

(Mons. Giancarlo Santi - direttore generale ufficio nazionale beni culturali della C.E.I.)

 

L’intervento, inviato da mons. Santi,   è letto da Alberto Frizziero.

Sintetizzo in cinque brevi paragrafi le mie riflessioni e le previsioni per il futuro.

1.                       Il turismo di massa in Italia: un fenomeno in crescita bussa alle porte delle chiese

Da alcuni anni il fenomeno del turismo nelle sue forme di turismo di massa si interessa anche dei monumenti religiosi. Gli esperti prevedono che il fenomeno è destinato a crescere ancora in futuro. Questa previsione richiede di essere attentamente mediata da parte dei responsabili della pastorale a livello Locale, diocesano, regionale e nazionale. Per la Chiesa in Italia, a tutti i livelli, si aprono nuove e grandi opportunità pastorali di incontro, di dialogo e di evangelizzazione. Le opportunità potranno essere colte a condizione che si sviluppi una specifica e mirata azione pastorale che richiede di essere attentamente orchestrata con gli operatori privati e i soggetti pubblici interessati.

2.                      Le chiese italiane : luoghi di culto aperte ai turisti

Le chiese Italiane sono in gran parte monumenti religiosi: nella quasi totalità sono aperte al culto e sono dotate di servizi pensanti per il culto. Gli orari di apertura delle chiese , i percorsi , l’illuminazione , i servizi accessori, la segnaletica sono pensati per il culto. Senza mettere in discussione la loro fisionomia consolidata di luoghi di culto, le chiese italiane, anche quelle più periferiche, sono chiamate ad essere sempre più ospitali, in modo intelligente, nei riguardi dei turisti e dei visitatori.

3.                      I turisti nelle chiese: una storia breve, problemi e soluzioni provvisorie

Fin tanto che erano poco numerosi, i turisti che entravano nelle chiese italiane erano visti con simpatia e non creavano problemi di sorta. La presenza dei turisti nelle chiese italiane non è mai stata considerata come una possibile fonte di disagio per  la liturgia comunitaria e per la preghiera individuale. Anzi, l’accoglienza ai turisti è stata considerata come un modo per praticare l’ospitalità e per manifestare la stima ecclesiale per l’arte e per i suoi cultori. Solo a partire dalla metà del XX secolo, nelle chiese in cui l’afflusso turistico è stato rilevante, quello dei turisti è diventato un problema: per essere precisi, è diventato il problema di come accogliere i turisti, non di come difendersi da loro. La presa di coscienza è avvenuta in modo spontaneo e caso per caso; ogni chiesa si è regolata in modo autonomo.  In primo luogo ci si è preoccupati di comunicare con i turisti fornendo loro informazioni nella loro lingua circa orari di apertura delle chiese, e specificando i comportamenti e l’abbigliamento da tenere.  Successivamente, a partire dagli anni novanta, con l’ulteriore aumento dei flussi turistici, il problema si è imposto all’attenzione dei responsabili in alcune città importanti come Ravenna, Verona, Firenze, Siena.

Si è ribadito che il governo di questa materia è di competenza dei singoli Vescovi. E’ emerso, inoltre, che le domande che i turisti rivolgevano alle Chiese meritavano attenta considerazione e, di fatto, potevano ricevere, come in concreto hanno ricevuto, risposte differenziate dal punto di vista organizzativo.

La domanda che i grandi flussi turistici ponevano si è articolata in tre direzioni:

a)                      come domanda di apertura delle chiese in orari specifici;

b)                      come domanda di accoglienza qualificata nelle chiese;

c)                      come domanda di supporti nelle visite alle chiese stesse.

In connessione si ponevano tre ordini di problemi:

a) quello del personale che potesse assicurare l’apertura delle chiese, la tutela delle chiese stesse e del patrimonio   presente in esse, l’accoglienza dei visitatori;

b) quello delle risorse finanziarie necessarie;

   c)quello della conciliazione delle primarie esigenze del culto e della preghiera con le esigenze dei turisti. Le risposte che sono state date si sono differenziate in relazione alle disponibilità e alle situazioni concrete: di volta in volta si è fatto ricorso al volontariato e alle cooperative, si è adottato il contingentamento, il pagamento del ticket e l’offerta libera; sono stati adottati sistemi di biglietti coordinati per la visita di diverse chiese e per la visita di chiese e altri monumenti.

Si è provveduto alla conciliazione delle esigenze primarie della liturgia e della preghiera personale con le esigenze dei turisti ricorrendo a soluzioni come la individuazione di ingressi differenziati, di itinerari specifici per i turisti e la riserva di aree per la preghiera.

4.                      Il Grande Giubileo del 2000: un evento e una svolta positiva

Con il Giubileo le problematiche precedenti hanno raggiunto un significativo punto di maturazione e di svolta.

A partire dal 1998 la Conferenza Episcopale Italiana ha iniziato a sostenere le diocesi che affidavano ad associazioni di volontari l’apertura delle chiese e l’accoglienza dei pellegrini e dei turisti. Circa ottanta diocesi, delle 227 esistenti, hanno colto l’occasione e si sono valse dei contributi della C.E.I. In questo modo è fortemente cresciuto l’apporto del volontariato per l’accoglienza dei visitatori-pellegrini e turisti-nelle chiese.

In occasione del Grande Giubileo l’afflusso di pellegrini e di semplici visitatori nelle chiese italiane, in particolare nelle cattedrali, è stato molto elevato e si è svolto in modo che è  stato generalmente molto apprezzato. Vi è da ritenere che il contributo, discreto e competente, dei volontari sia stato determinante nella felice riuscita del Giubileo.

Ciò è avvenuto grazie a una svolta silenziosa; le Chiese si sono mobilitate per accogliere i pellegrini e i visitatori. L’accoglienza nelle chiese è stata vissuta come un impegno ecclesiale; la cura della dimensione religiosa e l’attenzione alla dimensione artistica non sono entrate in concorrenza ma sono state conciliate  e hanno trovato un discreto punto di equilibrio.

5.                      Dopo il Giubileo: due suggerimenti per un progetto possibile

Mi auguro che le felici intuizioni e gli esiti promettenti del Giubileo, maturati grazie all’impegno delle diocesi e nelle diocesi stesse, non vengano trascurati ma, al contrario, vengano coltivati a lunga.

In particolare mi auguro che la valorizzazione in senso religioso del patrimonio architettonico e artistico diventi sempre più una attività inserita nella pastorale ordinaria in tutte le diocesi italiane e sia messa a frutto sia a favore delle comunità credenti, sia dei visitatori occasionali e dei turisti come modalità peculiare per annunciare il Vangelo in Italia ai vicini e ai lontani.

In concreto, perché il mio augurio diventi un progetto realizzabile, suggerisco due linee di azione per il futuro:

a)                      nell’ambito di ciascuna diocesi i responsabili dei beni culturali e della pastorale del turismo uniscano le loro risorse per far crescere nelle comunità cristiane la sensibilità e la preparazione religiosa – artistica mediante opportune iniziative formative; allo stesso modo, a livello parrocchiale le persone e le associazioni che operano nel campo dei beni culturali collaborino strettamente con chi opera nel campo del turismo e, insieme, svolgeranno una intensa attività formativa;

b)                      le diocesi, le associazioni e i gruppi escano dall’isolamento e operino a modo di rete locale, regionale e nazionale, con regolare scambio di informazioni e condivisione di risorse. Gli strumenti per comunicare non mancano certo.