“Magna Domina”
Nella
seconda metà del secolo IX, alcune tribù ungariche nomadi, provenienti dalle
steppe dell'Asia Minore e capeggiate da un certo Arpad, si stabilirono nella
Pannonia, antica provincia romana sul
Danubio. Un discendente d'Arpad, il duca
Geza (†997), instaurò la prima dinastia magiara e si adoperò a diffondere il
cristianesimo, chiamando nel Paese missionari bizantini e occidentali con a
capo S. Adalberto, vescovo di Praga. Suo figlio, il re S. Stefano (968-1038),
completò l'evangelizzazione con l'aiuto di S. Gerardo (†1046), un benedettino
veneziano della famiglia dei Sagredo. Il santo monaco invitò gli Ungheresi a
chiamare la Vergine "Magna Domina" (Grande Signora) e a
tributarle tutto quell'onore e quella devozione che antecedentemente avevano
riservato alla dea pagana della fertilità e della vita, la "Boldog
Asszony". S. Stefano fu devotissimo della Vergine, tanto che sul suo manto
regale volle che fosse ricamata l'immagine di Maria e nelle adiacenze della
reggia di Alba Reale (Székesfehérvár) fece costruire una stupenda chiesa
mariana, dove mise sotto la custodia della Vergine i tesori e le insegne più
preziose del regno e la propria Corona, dono del papa Silvestro II. Alla morte
prematura di Emerico, suo unico erede al trono, affidò e consacrò il suo regno
con tutto il popolo alla Madre di Dio e la proclamò "Patrona dell'Ungheria".
Il giorno della festa dell'Assunzione di Maria del 1038, anno della sua morte,
il re rinnovò l'atto di consacrazione alla Vergine Santa e offrì la sua Corona
a lei, perché vegliasse sulla giovane chiesa e la proteggesse nel corso dei
secoli.
Ungheria:
regno e dominio di Maria
Così,
con S. Stefano, l'Ungheria divenne regno e dominio di Maria e la
devozione
mariana acquistò il valore di una virtù nazionale. Non è raro trovare
rappresentato in vetrate, mosaici e affreschi delle chiese d'Ungheria antiche
e moderne S. Stefano che offre il regno alla Beata Vergine con la preghiera:
"O Maria, Vergine pia, accogli e reggi il mio regno". L'idea del
"Regnum Marianum", trasmessa dalla dinastia degli Arpadi a quella
degli Angioini, si è protratta fino al 1800, quando Francesco Giuseppe I fece
erigere una cappella in onore della Vergine nel luogo dove fu ritrovata la
santa Corona e Schitovsky, principe-primate di Esztergom, fece coniare delle
medaglie con l'immagine della "Magna Hungarorum Domina". Ma
c'è di più, fino al 1848 l'inno nazionale, che iniziava: "Dio benedica
l'Ungherese", era un inno a Maria; le monete portavano l'effigie di
Maria e la bandiera nazionale con l'immagine della Vergine che recava la
scritta: "Matre monstrante Viam, Deo duce, pro patria et libertate
vivere aut mori" (Con la Madre che addita la via, sotto la guida di
Dio, vivere o morire per la patria e la libertà). Lungo il corso dei secoli, i
papi che hanno conosciuto la bella tradizione, spesso hanno inviato in Ungheria
bandiere mariane, come Innocenzo XI in occasione della guerra contro i Turchi
per l'indipendenza nazionale (1686-1687), e Pio VII, il 7 ottobre 1814, per
ringraziare gli Ussari di averlo riaccompagnato a Roma, dopo la guerra di
Napoleone.
L'immagine
della Santa Vergine fu spesso incisa anche sulle spade dei soldati e sulle
monete d'oro e d'argento, recanti iscrizioni significative, come queste: "Patrona
Regni Hungariae"; "Maria, Mater Dei, Patrona Hungariae, sub tuum
praesidium confugio". Immagini o edicole di Maria dominavano sui muri
fortificati dei castelli ed erano suggestivamente rischiarate dalla luce di
molte lampade di bronzo o d'argento massiccio. I re innalzavano chiese, cappelle
e santuari in onore della Madre di Dio; ne incoraggiavano il culto con il loro
esempio. S. Ladislao (1077-1095), il re mariano per eccellenza, che nelle
battaglie portava legato al braccio o alla spada la corona del rosario, fece
costruire
a Nàgyvàrad (oggi in Romania) una chiesa mariana che non aveva nulla da
invidiare a quella di Alba Reale. Geza II (1141-1161) introdusse nel Paese i
Cistercensi e fondò in onore della Santa Vergine l'abbazia di Cikàdor. Bela IV
(1235-1270) impresse con sigillo d'oro le parole della Bolla di fondazione
dell'abbazia di Turòc: "Patrona et Domina regni Hungariae gloriosissima
Virgo et nostra advocata", e aiutò, nel 1239, il primo padre provinciale
dei Frati Minori ad erigere un convento con annessa una chiesa dedicata alla
Madonna Ausiliatrice. Più tardi, nel 1270, inaugurò la grande basilica
consacrata alla "Magna Domina" sotto il cui altare maggiore fu poi
sepolto secondo il suo voto.
Il
culto di Nostra Signora
Luigi
il Grande (1342-1382), che meritò dal papa il titolo glorioso di "alfiere
della fede cattolica", fu anche l'alfiere del culto di Nostra Signora.
Infatti,
innalzò diverse chiese mariane e le abbellì di marmi; offrì immagini della
Vergine a santuari e monasteri celebri, come Marianosztra e Mariazell,
dove,
nel 1369, fece edificare al centro della chiesa la "cappella delle
grazie" a somiglianzà della Santa Casa nella basilica di Loreto e
della Porziuncola in Santa Maria degli Angeli ad Assisi. Luigi il Grande
non si limitò a diffondere il culto mariano solo dentro i confini
dell'Ungheria, ma passò anche la frontiera, inviando un gruppo di monaci di
Marianosztra nella Polonia, i quali, insieme ad un monastero, costruirono il
celebre santuario di Czestochowa. Giovanni Hunyadi (1387-1456), il terrore dei
Turchi, si portò in corteo trionfale nella chiesa di Nostra Signora di Buda per
deporre sull'altare i trofei delle sue glorie militari e, dopo la sua più
brillante vittoria di Belgrado del 1456, vi si fece trasportare per
ricevere gli ultimi sacramenti dalle mani del suo santo amico Giovanni da
Capistrano. Suo figlio, il re Mattia Corvino, arricchì la chiesa di Alba Reale
di un meraviglioso portico, proibì le fiere del bestiame durante le feste
mariane e dispose che nei tribunali si giurasse e si emettessero le sentenze in
nome di Maria. Sul suo scudo fece incidere l'iscrizione: "Alma Dei
Genitrix Maria, interpella pro rege Mathia". Leopoldo I, in segno di
gratitudine per la riacquistata integrità del regno, nel 1687 fece dipingere un
quadro di Maria Ausiliatrice da portare processionalmente a Vienna e consacrò
di nuovo l'Ungheria alla Vergine. Infatti, nel 1693, la domenica
dell'ottava dell'Assunzione, nella cattedrale di S. Stefano, dopo la santa
comunione, pronunciò un voto solenne in cui offrì e riconsacrò il suo regno
alla Regina e Sovrana dell'Ungheria. Con la pace di Carlowitz (1699) l'Ungheria
e la Transilvania vennero annesse all'Austria e durante il regno di Maria
Teresa (1717-1780) conobbero una notevole prosperità e autonomia.
Luci
e ombre del regno mariano
La
situazione cambiò bruscamente con la successione al trono di Giuseppe II, che
s'impegnò, spesso dispoticamente, a rafforzare l'unità nazionale e a farsi
interprete delle idee illuministe in campo ecclesiastico. Come nelle altre nazioni dell'impero
austro-ungarico, i santuari che non erano parrocchie vennero soppressi, i loro
beni confiscati, i pellegrinaggi impediti.
Il governo assolutista degli Asburgo tendeva a cancellare le differenze
nazionali; di conseguenza l'ideale del "regno mariano" passò in
secondo piano e la paura del nemico francese comune contribuì a contenere le
spinte autonomiste ungheresi; il "regno mariano" riaffiorò alla luce
nel 1867, quando l'Ungheria tornò ad essere una nazione con una costituzione
propria, anche se federata con l'Austria.
Il momento più solenne si ebbe quando l'imperatore Francesco Giuseppe e
l'imperatrice Elisabetta vennero incoronati nella celebre chiesa mariana
dell'Incoronazione a Buda, secondo l'antico rituale magiaro. Nel 1896 fu
solennemente celebrato l'inizio del millennio della conversione dell'Ungheria
alla fede cristiana, e in tale occasione l'approvazione della festa della
"Grande Signora degli ungheresi" da parte di Leone XIII parve
suggellare il legame della nazione con la Vergine. Dopo la sconfitta nella prima guerra mondiale, l'Ungheria dovette
rinunciare, in osservanza al trattato di Trianon, alla Slovacchia,
Transilvania, Voj Vodina, Croazia e al Banato.
Negli anni Venti e Trenta l'Ungheria fu retta da governi reazionari e
finì per allearsi con le potenze dell'Asse all'inizio della seconda guerra
mondiale. Nel decennio che la
precedette e durante il suo corso, davanti ai pericoli che incombevano sulla
nazione, si sviluppò un forte movimento di penitenza ed espiazione, che trovò
nei santuari mariani la sua sede privilegiata.
Nella
difficoltà, tutto il Paese consacrato al Cuore Immacolato di Maria
In
questo contesto è molto sentita la consacrazione del mondo al Cuore Immacolato
di Maria, fatta da Pio XII il 31 ottobre 1942.
A Budapest fu solennemente ripetuta, per bocca del sindaco della città,
il 27 giugno dell'anno seguente. Il rito fu reiterato un po' dappertutto nel
Paese e ovunque con una partecipazione massiccia di fedeli. Nel 1945 l'Armata
Rossa occupò completamente il Paese, e l'Ungheria fu costretta ad entrare
nell'orbita sovietica. I cattolici
sentirono la necessità di stringere le fila per riaffermare la loro identità
davanti alla propaganda comunista, e in questo trovarono un leader d'eccezione nel cardinale primate
Mindszenty, uomo dalla fede intrepida e grande conoscitore della storia
nazionale. Nei suoi discorsi la «Grande
Signora degli ungheresi» ritorna di continuo, con la convizione di toccare le
corde più profonde della fede e del sentimento nazionale.
Il
cardinale martire Jòzsef Mindszenty
Nel
1947, mentre il governo si preparava a celebrare con grande risonanza il primo
centenario della rivoluzione del 1848, il cardinale Mindszenty il 15 agosto
apriva solennemente l'Anno Mariano, per riaffermare apertamente che le vere
radici della nazione erano nella sua fede cristiana e nell'ideale del
"regno mariano", realtà che non erano in contraddizione con i
contenuti autentici della rivoluzione nazionalistica del 1948. I cattolici
ungheresi, e in qualche modo anche i protestanti, risposero con massiccia
partecipazione alle celebrazioni indette per l'Anno Mariano, che consistevano
soprattutto in pellegrinaggi ai santuari del Paese. Dapprima le autorità diedero segni di tolleranza, ma ben presto
si accorsero che il fenomeno andava oltre il culto strettamente privato, e
impedirono i pellegrinaggi con ogni mezzo. Per il grande cardinale arrivò l'ora
della prova, perché nel dicembre del 1948 fu imprigionato dopo un processo farsa.
Con
l’aiuto di Maria si ritorna alla libertà
Ma
la dimostrazione di fermezza dei cattolici, in questa occasione e in quella
ancora più drammatica dell'insurrezione democratico-popolare del 1956, non fu
vana, perché in seguito convinse i governanti a rispettare, almeno in parte, il
sentimento popolare e a permettere una relativa libertà di culto. Il governo di
Kadar durato fino al 1988 introdusse progressivamente delle riforme economiche
e procedette a delle aperture in politica estera. Anche in ambito religioso si
giunse poco per volta a un clima di distensione.