La presenza di Maria nell’isola del ghiaccio (intervista al Vescovo della Diocesi più piccola del mondo tratta dal mensile mariano "Madre di Dio")
L'isola d'Islanda, grande quasi come l'Italia Settentrionale, ha vasti territori ghiacciati tutto l'anno e comprende solo 200.000 abitanti. La Riforma Protestante, imposta con la violenza nel 1544, spense praticamente del tutto la fede cattolica. Tuttavia il culto mariano vi rimase acceso come una fiammella nascosta. Oggi spetta a un vescovo monfortano la guida degli attuali 1.500 cattolici islandesi.
Il 4 giugno 1981, Mons. Hendrik Hubert Frehen, monfortano, vescovo di Reykjavik (Islanda), venne a Roma su delega dell'episcopato scandinavo, in risposta all'invito rivolto da papa Giovanni Paolo II a tutti i vescovi del mondo per le celebrazioni centenarie del Concilio 1° di Costantinopoli (381) e di Efeso (431). Lo intervistammo allora, soprattutto per conoscere qualcosa della presenza di Maria nel cristianesimo in quella che possiamo chiamare « l'isola di ghiaccio ». Le sue risposte ci fanno valutare quanto difficile, ma preziosa, sia l'opera pastorale che Mons. Frehen svolge in quella remota diocesi d'Europa.
— Eccellenza, lei è l'unico vescovo cattolico dell'Islanda « millenaria ». Vuol dirci quando il cristianesimo mise radici nella sua terra?
— I primi missionari dell'Islanda furono il vescovo Federico di Sassonia e l'islandese Thorvaldur, intorno al 1000. Dopo solo 5 anni, essi furono scacciati dall'isola; così il cristianesimo islandese andò pian piano colorandosi di un certo « liberalismo ».
-Qual è oggi la situazione del cattolicesimo in Islanda?
— Vi fu un tempo in cui tutta l'Islanda era cattolica, con sette monasteri e, nel medioevo, con centri di cultura e di fede. Poi, nel 1544, venne la « Riforma », e fu un disastro. Le forze del re di Danimarca confiscarono i beni della Chiesa e tutti i monasteri furono distrutti. Dall'impoverimento economico nacque nella popolazione un forte astio contro la Danimarca. Il clero aderì al Protestantesimo e i due vescovi cattolici vennero uccisi.
Nel 1903 il compito di impiantare nuovamente il cattolicesimo in Islanda fu affidato alla Compagnia di Maria (Monfortani). Oggi, su un totale di 200.000 abitanti, i cattolici sono circa 1.500. Da notare che il centro dell'Islanda è praticamente disabitato, per cui la maggior parte dei cattolici vive a Reykjavik e dintorni. Debbo dire che i nostri fedeli sono abbastanza perseveranti; io sono contento di loro. Attualmente la mia diocesi conta 8 sacerdoti, 50 suore (Figlie della Sapienza, Carmelitane, Francescane di Maria) e 6 seminaristi; un vero record per quella che è la diocesi più piccola del mondo.
— Quale posto viene dato oggi alla Madonna nella vita della Chiesa islandese?
— Comincio col ricordare un episodio. Nel 1926, una famiglia del Nord ovest dell'Isola, venne a trovare Mons. M. Meulemberg, allora vescovo di Reykjavik: gli restituì una statua medioevale di Maria, sottratta a suo tempo all'iconoclastia riformistica, una statua che era passata da una generazione all'altra di cattolici. Un'altra statua di Maria si trova ora nel museo nazionale d'Islanda.
Va segnalata anche l'esistenza di molti poemi mariani popolari. Quello più famoso fu composto da un monaco agostiniano e s'intitola « Lilia ». Grande poeta mariano fu anche l'ultimo vescovo di Hólar, Jón Arason, decapitato il 17 novembre 1550 e considerato un eroe nazionale.
Nel 1857 giunsero in Islanda due missionari francesi di Reims. Uno di essi, Bernardo, possedeva una copia del libro di Henri Boudon sulla « santa schiavitù mariana ». Su quel libro egli stesso s'era firmato « schiavo di Maria ».
Dopo di loro vi fu come un vuoto nella vita cattolica. Per vent'anni rimasero nell'Isola soltanto due cattolici (senza vescovo). Con i vescovi monfortani, M. Meulemberg e G. Gunnarson, si ebbe poi una nuova primavera, che io sono felice di aver ereditata e di continuare.
I Legionari di Maria hanno regalato all'Islanda due sacerdoti. E' tornato a rifiorire il Mese di Maggio. Ogni sera, in maggio e in ottobre, cresce il numero dei fedeli che partecipano alle funzioni nella mia cattedrale, dedicata a Cristo Re.
Aggiungo che i cattolici islandesi sono incantati dal fascino di Lourdes; forse, però, c'è anche un pizzico di superstizione. Si sentono infatti come calamitati dal suo aspetto miracoloso. E' stata diffusa una traduzione islandese del libro di Alexis Carrel, il medico francese convertito a Lourdes. E' pure tradotto in islandese il « Segreto di Maria » del Montfort.
— Ci scusi, Eccellenza, se osiamo farle una domanda sugli studi monfortani ai quali lei si va dedicando da anni con ardore. Trova tempo di continuarli?
— La mia vita a Reykjavik è circondata di solitudine e di silenzio. Così, dedico ogni mio lungo inverno a comporre un lungo articolo sui « Cantici » del Montfort che, come sapete, formano il mio hobby, il mio preferito campo di ricerca. Sono particolarmente contento di aver scoperto e analizzato, anni fa, mentre ero a Roma presso il Centro Internazionale Monfortano, un secondo manoscritto del «Segreto di Maria».
— Vorremmo sapere, Eccellenza, se da buon monfortano lei ha dato un tono mariano al suo stemma e motto episcopali.
— Certamente. Già il mio predecessore, Mons. Gunnarson, aveva scelto come motto le parole
« Monstra te esse Matrem ». Sul mio stemma è raffigurato il giglio (già insegna episcopale nel sec. XVI), con una lingua di fuoco e il motto : « Perseverare cum Maria Matre ». E' uno stemma e sono parole che a me richiamano sia la Chiesa primitiva orante con Maria nel Cenacolo, sia la mia missione apostolica di vescovo, affidata all'azione dello Spirito Santo e di Maria.
— Infine, Eccellenza, le chiediamo quale avvenire lei prevede per la Chiesa cattolica d'Islanda
— Vi sono oggi, in Islanda, segni di speranza e di incoraggiamento. Personalmente confido molto nella divina Provvidenza. Anni fa, due sacerdoti mi avevano lasciato. Non avevo seminaristi, ma solo missionari anziani. Era un venerdì di dolore per me! Lanciai come una «sfida» al Signore. Gli dissi : « Opus tuum fac! » (porta a compimento la tua opera!). Il martedì seguente, un giovane venne a dirmi che voleva farsi prete a servizio della Chiesa islandese. Avevo avuto partita vinta !
Non manca, in Islanda, una certa attività della stampa cattolica. Sono vive anche associazioni laicali. Per dovere di riconoscenza al Signore, debbo segnalare l'eroismo e la fedeltà dei confratelli sacerdoti (monfortani) che lavorano con me nell'isola. Dirò, per finire, che va facendosi strada, in Islanda, anche il movimento ecumenico. Malgrado taluni atteggiamenti ambigui della Riforma, da due anni a questa parte si celebrano insieme incontri di preghiera. Pregate anche voi per me.
Un poema dedicato a Maria, Madre di Dio
Questo
poema, Lilja (Il Giglio), composto dal monaco Eystein Assgrimsson
(†1360) del convento agostiniano di Tykkvabo verso la metà del XIV secolo é
dedicato a Maria, Madre di Dio e Figlia di Dio, Santuario ardente dello
Spirito Santo, Colomba di pace, Rosa senza spine, Raggio di sole che attraversa
il cristallo senza turbarne la trasparenza.
"Ti
supplico. Vergine Madre. Soccorrimi!
Il tuo aiuto sia immediato! Scegli
tu stessa per me in modo che le parole di verità Possano
fluire attraverso il ritmo delle strofe, Parole risplendenti di candore e di purezza, Come
se fossero state bagnate nell'oro incandescente E delle quali io potrei fare omaggio a Dio. Soccorrimi, dolce Vergine Madre!". Dopo
il peccato di Adamo, l'Annunciazione è l'incontro di amore tra Dio e la
Vergine, che permette l'irruzione di Cristo nella carne degli uomini: "II
Padre, che, con il Figlio e lo Spirito, Misurò
gli abissi e le vette dei monti, Lui che è Sapienza che regge l'universo, Invia
il suo angelo santo: 'Vola
verso la terra! Annunzia a Maria, La Vergine pura, docile al Signore, Che
il Figlio di Dio e gioia del Cielo Vuole
rivestirsi della sua carne' ". Maria
ai piedi della croce è posta sulla stessa cattedra di dolore del Figlio: "La
Regina del Cielo, annientata dal dolore, Prostrata,
tremante d'angoscia, Era
là, presso la Croce, Grondante
sangue delle cinque piaghe. Quanto
era lontano il tempo in cui Ella aveva ricevuto la
salutazione angelica, In
cui le parole del Cielo l'avevano ricolma di gioia. Piena
di esultanza, aveva allora accolto il Salvatore, Nel
bimbo che aveva dato alla luce per il mondo. A
lungo, aveva portato con sé il suo tesoro:
Il Figlio che tendeva le braccia verso sua Madre. Ora, disteso sulla croce, versava il suo
sangue per il mondo, Lo
versava per noi, per noi sospinti verso l'abisso.
Ora trafitta dalla punta affilata Della spada con la più grave delle pene. Ella
singhiozzava
Perché suo
Figlio, il padrone dei mondi,
Lo vedeva appeso su chiodi appuntiti
Con le mani squarciate da uncini taglienti. * * * Figlio
e Madre, tutti e due insieme sono stati feriti, Tutti
e due insieme hanno sofferto le nostre angosce. Per
il seno verginale di Maria, tu, così caro, Per
le lacrime di Maria, tu, il ferito, Rendimi
partecipe del tuo dono salutare, Dio
vivente, Spirito e Padre!". Verso
la fine del poema, dal più profondo del cuore l'autore innalza alla
Vergine una commovente supplica: "Resta
nel mio cuore, o Maria, Tu,
che sei la bontà stessa. O benedetta, quanto io vorrei, Se
me ne fosse data la possibilità,
Che il mio canto di lode ti
esaltasse di più!
Pertanto potrà mai un poeta
trovare in
tuo onore parole più profonde di queste: 'Ti
saluto, Maria, Madre purissima di Dio! Solo, il Signore è più puro di te' ". E
la conclusione è davvero stupenda e di una sincerità insuperabile: "Possa
colui che ascolta questo poema, Offrirlo
con un cuore affettuoso Alla Vergine che lo ispirò! Allora,
forse, la Vergine si ricorderà di me, Quando
brucerò tra le fiamme del purgatorio. Soprattutto,
se sarò riuscito a rinchiudere nel mio cuore la salutazione angelica, il celeste 'Ave'
". Bastano
questi passi per evidenziare il posto che veniva dato alla Madonna dagli
Islandesi durante il Medioevo: la Madre di Dio aveva lo stesso culto che si
praticava a Roma e in qualsiasi altra nazione d'Europa. |