BEATA VERGINE DELLA PORTA
DELL'AURORA - Vilnius
E’ il santuario nazionale e rappresenta per la Lituania l'equivalente di Czestochowa per la Polonia e di Lourdes per la Francia. Il suo nome "Ausros Vartai", "Porta dell'Aurora", è derivato dalla sua posizione al di sopra della porta orientale del muro di cinta, costruito attorno alla città all'inizio del XVI secolo.
Formata da tre piani, la Porta dell'Aurora racchiudeva al primo piano un'immagine della Madonna che, nel 1508, fu sostituita da quella attuale, dipinta su tavola, in stile Rinascimento, di autore ignoto. Il capo è inclinato sulla spalla destra, le mani aperte e incrociate nel petto, il volto splendente di celestiale bellezza e soffuso di profonda mestizia.
Nel 1629, i Carmelitani costruirono nelle vicinanze della Porta dell'Aurora un convento e, fra il 1621 e il 1650, una chiesa dedicata a S. Teresa. L'immagine, ritrovata intatta dopo l'attacco dei Russi a Vilnius e l'incendio di 17 giorni che devastò tutta la città, destò il loro interesse e li decise ad elevare, nel 1671, una cappella in legno sopra la porta per deporvela con grande partecipazione del popolo, sotto la guida del vescovo Alessandro Sapiega.
Il modesto oratorio si trasformò presto in luogo di pellegrinaggio, e Carmelitani e Gesuiti lo fecero conoscere in Lituania e nei Paesi confinanti. Molti miracoli furono registrati sotto giuramento nell'arco di quasi cento anni, dal 1671 al 1761.
Un cronista riferisce, in particolare, che un fanciullo caduto dal secondo piano di una casa e restato esanime al suolo, riprese vita dopo che la madre era corsa a gettarsi ai piedi di Maria della Porta dell'Aurora. Parimenti, un violento incendio che devastò Vilnius, nel 1706, e uno successivo, nel 1715, furono spenti per l'intercessione della Vergine.
A partire dal XVIII secolo, i vescovi di Vilnius e i papi hanno riconosciuto il carattere miracoloso dell'immagine. Nel 1927, Pio XI concesse a Nostra Signora di Vilnius gli onori dell'incoronazione e il titolo di "Madre della Misericordia". Prima della seconda guerra mondiale nel santuario, ogni giorno, dall'aurora a mezzogiorno venivano celebrate sante Messe e, nel pomeriggio, si cantavano litanie ed inni in onore di Maria. Durante queste celebrazioni, non solo la cappella, ma anche tutte le strade vicine erano piene di fedeli. Da ogni regione i pellegrini si recavano a gruppi al santuario, specialmente la terza domenica dopo Pasqua e il 16 novembre, festa della Madre di Misericordia. Le vie convergenti alla Porta dell'Aurora erano allora riservate ai soli pedoni, i quali, anche non cattolici, si scoprivano umilmente il capo.
La devozione veniva espressa anche attraverso gli ex voto, tanto che già nel 1820 ne furono contati ben 487, che in seguito si sono moltiplicati fino allo zucchetto cardinalizio di Giovanni Paolo II. Durante la dittatura sovietica, le strade sono state aperte alle automobili, le processioni interdette, ma la gente ha continuato ad inginocchiarsi e a pregare sopra i marciapiedi.
La Porta dell'Aurora ha ispirato parecchi scrittori, poeti e musicisti lituani e polacchi, che hanno esaltato Maria, a "sicura difesa del castello di Gedymin", l’unica gioia della città di Vilnius", la "potente Avvocata", la "grande Principessa di Lituania e la Regina di Polonia".
In Lituania quindici chiese sono state dedicate alla Beata Vergine della Porta dell'Aurora; all'estero cinque negli Stati Uniti, una in Canada, una in Argentina e una cappella nella basilica Vaticana. Ancora adesso la cappella è frequentata continuamente, anche se, data la ristrettezza del luogo, non può accogliere molti pellegrini.
Anzi si può dire che lo spazio della porta e la strada stessa costituiscano un santuario, in quanto vi sosta sempre della gente in raccoglimento e anche in ginocchio. Gli stessi non credenti, passando per la Porta dell'Aurora, tengono un contegno rispettoso. Giovanni Paolo II, nella celebrazione del sesto centenario della cristianizzazione della Lituania, ha salutato il santuario come "un rifugio di pace ed un saldo punto di riferimento non solo per i Lituani e i Polacchi, ma anche per i cattolici delle nazioni vicine.
Esso è diventato così un segno di speranza per un popolo che si riconosce nel messaggio di salvezza che da quel santuario emana: un messaggio di amore, di pace, di giustizia e di libertà".