INDIRIZZO:

Santuario Nostra Signora della Guardia sul Monte Figogna   16014 Ceranesi (GE); Segreteria (Sig. Romano Boccardo)  Tel. 010-718010;   Fax. 010-718011

COME SI ARRIVA AL SANTUARIO:

-a piedi (da Genova-S.Quirico, da S.Carlo di Cese,  da Sestri Ponente, da Pontedecimo) secondo le indicazioni riportate di seguito.

-con l'autobus pubblico delle linee ATM in partenza giornalmente dalla Stazione di Genova-Bolzaneto e da Genova-Piazza delle Vittorie

-con l'ovovia da Genova-S.Quirico (entro il 1999)

IN AUTO:

Da Milano autostrada A7 Milano-Genova oppure SS 35 dei Giovi. 

da Roma SS n.1 Aurelia e autostrada A12 Roma-Genova.

IN AEREO:

Aeroporto di Genova (Cristoforo Colombo)  Tel. 010-60151

IN TRENO:

da Milano FS (Milano-Pavia-Voghera-Tortona-Genova-Ventimiglia)

FERROVIE DELLO STATO:   Informazioni FS  numero verde Tel. 1478-88088 ; FS Gestione biglietti e informazioni: Tel. 0523-320637; Tel. 0523-320637

CUSTODI:

Il Rettore del  Santuario è Mons. Marco Granara   Tel. 010-718012

NUMERI DI EMERGENZA:

Soccorso pubblico di emergenza Tel. 113; Carabinieri (pronto intervento) Tel. 112; Vigili del Fuoco (pronto intervento) Tel. 115 Soccorso Stradale ACI Tel. 116; Emergenza sanitaria Tel. 118

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ACCOGLIENZA:

Il Santuario  dispone di atrezzature per la colazione al sacco. Il Santuario mette a disposizione   dei pellegrini un complesso  con ristorante e albergo per il pernottamento. nei pressi del Santuario ci sono negozi per l'acquisto di oggetti religiosi.

IL MONTE FIGOGNA TRA ALPI E APPENNINI:

Per la posizione dominante l’intero bacino del Polcevera, lo sbocco verso il mare e i passi appenninici che immettono nell’entroterra, il monte Figogna fu sede, nei secoli che precedettero l’apparizione della Vergine, di un importante punto di segnalazione o di «guardia». Sulla sommità esisteva una torre, da cui si mandavano segnali ad altre torri, quando eserciti nemici facevano la comparsa sulle linee di Valico e navi di pirati spuntavano sull’orizzonte marino. Punti di guardia collegati al monte Figogna erano sicuramente il bricco del Gazzo e la località Scorca, sopra Gazzolo, toponimi di origine germanica, riferibili all’organizzazione militare del territorio e al controllo delle vie di comunicazione. Una lapide, trovata in mezzo ai detriti di una vecchia cisterna, con la data del primo novembre 1469, i simboli della Repubblica di Genova e il nome di Pomota da Voltaggio, che per conto del Governo della città probabilmente in quella data aveva ricostruito o riparato la torre, proverebbe l’esistenza del manufatto e il suo utilizzo fino agli anni prossimi alle vicende che hanno dato origine al santuario. L’istituzione di luoghi di «guardia» era frequente nell’area ligure e alcuni di essi, nel corso dei secoli, col diffondersi della devozione mariana, divennero santuari, assumendo il titolo di «Guardia». Il più antico è il santuario della Madonna della Guardia di Alassio, in origine un’edicola costruita dai marinai in onore della «Stella maris» attorno al 1100, trasformata in chiesa nel secolo XVII. Anche Notre Dame de la Garde presso Marsiglia è un antico luogo di culto: le prime notizie risalgono al 1218. Il monastero della Madonna della Guardia, fondato sui Giovi dai padri agostiniani nel 1488, precede di due anni l’apparizione sul monte Figogna. Più tarda è invece la costruzione del santuario di Nostra Signora della Guardia sulla punta estrema di capo Verde, a levante di Sanremo (1667). È dunque nella tradizione che il toponimo «Guardia», per il suo significato di protezione e difesa, passi spontaneamente, tramite la devozione popolare, ai santuari che in quei luoghi sono sorti e così è stato per la «Madonna della Guardia» in Val Polcevera. Dal punto di vista paesaggistico-ambientale, la montagna della Guardia, in mezzo alla cerchia di monti che chiude a Ovest la Val Polcevera, occupa una posizione di singolare privilegio. Madre natura, infatti, in un arco di tempo che va da 200 a 70 milioni di anni, ha fatto in modo che il monte Figogna dominasse, solitario e maestoso, la cerchia di monti che chiudono la Val Polcevera a Est e a Ovest. Se si percorre il perimetro del santuario è facile accorgersi di questa realtà: il monte della Guardia è separato dalla catena di cui fa parte da solchi vallivi più o meno profondi, sicché da lassù si domina un orizzonte vastissimo. Tutto ciò non è accaduto a caso. Il monte Figogna (m 804), sotto il profilo geologico, appartiene alla linea Sestri-Voltaggio, una specie di cerniera rocciosa che divide il sistema appenninico, al di là della sponda di sinistra del Polcevera, dal cosiddetto «Gruppo di Voltri», montagne che, per la particolare composizione delle rocce, appartengono alla formazione alpina. Poiché in questa zona di transizione si trova gran varietà di formazioni rocciose di differente durezza (dolomie, calcari, scisti, diaspri, diabasi), anche il monte Figogna risulta formato da un impasto di rocce di varia resistenza. I cuscini di diabasi di cui è formata la parte sommitale hanno resistito più a lungo all’erosione congiunta di acqua, vento, gelo, disgelo, mentre altre parti della montagna sono state erose più facilmente. Da ciò la particolare conformazione della Guardia, che presenta fianchi ora dirupati ora più dolci, terrazzi, poggi a solatio, numerose vallecole alla base e colline emergenti tutt’attorno, mentre le propaggini del gruppo di Voltri, che si vedono bene dal lato destro del piazzale volgendo le spalle alla chiesa, appaiono nude, dilavate, aspre, prive di vegetazione e scarse di insediamenti umani. Va da sé che una così gran varietà di paesaggi naturali ora ha favorito, ora ha ostacolato la presenza dell’uomo e dato vita a consociazioni vegetali diverse, essendo le pietre verdi il sostrato d’elezione per le conifere, prediligendo i castagneti i terreni calcarei, insediandosi assai bene la vegetazione arbustiva mediterranea, con macchie di eriche, ginestre, piccoli lecci, corbezzoli, lentischi, sulle rocce precipiti esposte a mezzogiorno. La Val Polcevera («squallida e cara/bellezza, collina scesa a morire/tra le case le fabbriche, i muri» ha scritto Adriano Guerrini) si stende ai piedi della montagna della Guardia in tutta la sua lunghezza e lo spazio antistante il santuario è ancora il punto ideale per osservare l’intero bacino della Valle, dal ventaglio di monti dei passi della Bocchetta (m 772) e dei Giovi (m 472), fino alla linea del mare. Lo sviluppo della Valle appare regolare nel tratto Bolzaneto-mare, mentre la parte retrostante si allarga verso linea spartiacque appenninica, dividendosi in Vallate minori. A Bolzaneto divergono sulla sinistra i bacini dei torrenti Secca e Sardorella, sedi di Comuni di Serra Riccò e di Sant’Olcese; da Pontedecimo comincia l’alto corso del Polcevera, nel quale affluisce dalla sponda destra il torrente Verde, dal vasto bacino confinante con la provincia di Alessandria verso i Piani di Praglia e le Valli del Gorzente, ricco di Valori paesistici. Nella cerchia di monti che fanno corona al santuario si scorgono a Sud-Ovest il bricco del Gazzo (m 421) e i monti Contessa (m 550) e Teiolo (m 660); a Ovest i monti Proratado (m 928) e Orditano (m 950); a Nord le Figne (m 1.172) e i monti Taccone (m 1.113), Leco (m 1.072), Calvo (m 831), Capellino (m 708). Meno elevata, più rettilinea e regolare, appare la dorsale sinistra del Polcevera, salvo le tre pittoresche impennate terminali del Diamante (m 670), del Fratello minore (m 622) e del Puin (m 500). Una voce popolare chiamava questi monti, su cui nel secolo XVIII la Repubblica di Genova ha costruito poderosi baluardi di difesa, «I tre fratelli della Madonna della Guardia». Ma un quarto forte, il Fratello Maggiore, è stato demolito da tempo.

I PERCORSI ODIERNI VERSO IL SANTUARIO

È da presumersi che, fin dai tempi di Benedetto Pareto, il monte Figogna, essendo sede di una torre di guardia, fosse percorso da sentieri, praticati anche dai pastori e dai contadini che sul monte salivano a pascolare e a raccogliere l’erba. Erano percorsi agibili solo da chi li conosceva e aveva confidenza con la montagna. Quando sorse il Santuario e cominciò l’afflusso di Pellegrini, la strada di accesso divenne una necessità, ma si dovette aspettare fino alla metà del Seicento per conoscere i primi tentativi di dotare la Guardia di una sterrata, che consentisse la salita al santuario anche a pellegrini malati, a lettighe e carri. La prima iniziativa è della Compagnia di Nostra Signora della Guardia e risale al 1651, ma «sia per deficienza di denaro, sìa per le opposizioni dei proprietari del terreno» i lavori andarono così a rilento che nel 1653 si era costruito un tratto di strada di soli cinquanta metri. confratelli ricorsero una seconda volta al Senato della Repubblica chiedendo sussidi «per poter presto ridurre a perfezione una così santa opera» e precisando che «la strada per andare in detto santo luogo resta molto alpestre e cattiva, in maniera che tante divote persone tralasciano di accingersi al viaggio in tal devozione; si son per risoluti li fratelli di detta Compagnia (...) far fabbricare una nuova strada per tutta la salita della montagna, la quale non alzi in più di dieci in dodici per cento, in molti luoghi da 6 in 8, et in altri piana, larga parmi 14 in 15 con quantità di piazze per comodità di lettighe, seggette et altre, con giubilo grandissimo di ogni devota persona». Il Senato concesse alla Compagnia i soldi ricavati dal riscatto di due banditi e il vicario arcivescovile permise di indire raccolte di denaro, mentre si dava al parroco di Livellato il permesso di prelevare L. 200 dalla cassa del santuario e di destinarle alla costruzione della strada. La Compagnia scomparve nel 1658 senza portare a compimento la strada, l’onere della quale passò ai massari che completarono l’opera. Lungo la salita la Compagnia aveva fatto collocare quindici croci con i misteri del Rosario e su ogni croce aveva fatto scrivere strofe, dettate da padre Giancardi, nello stile aulico e barocco del tempo («Or che l’or t’è concesso/ Real, mio cor d’alme virtù incorona,/Perché faccian corona/Al tuo gran nome entro il mio cor impresso. - Quinto mistero glorioso). Intanto altre croci erano state innalzate sui poggi, così la Guardia diventò un «Sacro Monte», un percorso ideale di espiazione e di perfezione, attraverso la meditazione dei misteri della morte e della resurrezione di Nostro Signore. Il Giancardi si compiaceva dell’opera: «Quindici croci misteriose postevi e inalberate dalla Compagnia per rendere dolce e soave la via alpestre di tre miglia, che ricorda e insegna la via della perfezione e della devozione a Maria SS. e la via del Paradiso». Le «quindici croci misteriose» (allusive, cioè, ai misteri del Rosario) furono in seguito fatte togliere e furono costruite lungo il percorso altrettante cappellette con piccoli dipinti su ardesia, ancora sui temi dei misteri del Rosario. L’allargamento della strada, compiuto in più riprese e in tempi diversi, provocò la scomparsa delle edicole e delle tavolette dipinte. Il percorso della prima strada seguiva certamente la traccia di una preesistente mulattiera. Il Cambiaso afferma che a metà salita c’era la cappella di San Bernardo, oggi in prossimità del bivio per Livellato nella frazione omonima, e che alquanto più in alto si trovava la cappella di San Pantaleo con una grande statua del santo e una più piccola della Vergine, ambedue del Cinquecento. La statua di San Pantaleo si trova oggi in una cappella sulla strada che da Livellato porta alla Gaiazza, ma probabilmente vi è stata trasportata da altro luogo. Si può dunque presumere che la strada iniziata nel 1651 partisse da Bolzaneto, forse in prossimità della località Geo e che da qui salisse a San Bernardo, per poi proseguire lungo la costa meridionale del monte Figogna fino al Santuario. Tratti dell’antica strada esistevano ancora quando negli anni ’50-60 l’amministrazione del santuario fece tracciare il nuovo percorso, asfaltato nel 1964 col contributo dell’Amministrazione Provinciale di Genova. Purtroppo la viabilità recente ha cancellato le tracce dell’antica e quanti salgono a piedi al santuario (e sono molti, perché ai santuari è a piedi che bisogna andare) non ha altra scelta che viaggiare ai margini della nuova rotabile, continuamente percorsa, nei giorni festivi, da automobili. Circa la viabilità del santuario, un fatto storico degno di nota è la costruzione dell’impianto della guidovia Genova Serro-Santuario della Guardia. Del progetto si discuteva già nel 1891 e nel 1906 era stata costituita una cooperativa per la realizzazione della linea, ma l’ente si sciolse nel 1924, senza essere riuscito a formulare proposte concrete. Qualche anno dopo i fratelli Corazza, industriali di Salsomaggiore, profondendo nell’impresa ingegno e mezzi finanziari, realizzarono l’opera. L’impianto di guidovia delle vetture, funzionanti a motore a scoppio, si fondava su due linee parallele di cemento, cui erano applicate internamente guide d’acciaio. I convogli, muniti di cerchioni di gomma a bordo d’acciaio, poggianti direttamente sulle «coulisse» in calcestruzzo, scorrevano contenuti dalle guide interne delle rotaie. Il sistema, denominato «Laviosa» dal suo inventore, era usato con successo negli Stati Uniti d’America e consentiva (allora) costi minori di impianto, a confronto con le linee elettriche e a vapore, di esercizio, di manutenzione e grande sicurezza. La guidovia fu 'inaugurata 'il 2,9 luglio 1929: la potenzialità di trasporto era di circa 900 viaggiatori all’ora; il percorso, che in nove chilometri copriva un dislivello di 700 metri, veniva compiuto dalle singole vetture in 45 minuti, superando una pendenza media del 65 per mille con altissimo coefficiente di sicurezza, dovuto allo speciale armamento, che permetteva una aderenza delle ruote superiore a quella delle normali ferrovie. L’asfaltatura della strada nel 1967 e l’istituzione del servizio di autobus Genova-Santuario resero antieconomica, si disse, l’autoguidovia, che subito dopo fu soppressa. Per quanti erano affezionati a quel trenino efficiente, non inquinante, sicuro, che attraversava un territorio di incontaminata bellezza, quella fu una perdita secca e dolorosa. La Federazione Italiana Escursionisti (FIE) ha individuato alcuni percorsi che consentono ai camminatori e a quanti amano viaggiare a piedi tra il verde, di raggiungere il santuario fuori della via consueta.

ITINERARI

San Carlo di Cese (m 295) – Santuario della Guardia (m 804); segnavia: rombo rosso orizzontale; tempo: ore 2.

San Carlo di Cese è una località dell’alta Val Varenna a 8,5 chilometri da Pegni, raggiungibile con autobus dell’AMT o con vettura propria. L’itinerario, che ha inizio presso la chiesa parrocchiale di San Carlo, risale la Valle passando vicino alle case Orezzo e Bacecchi sul versante a solatio, in mezzo a campi e boschi, dove esistono in casolari e cascinali sparsi per la campagna, i segni più tipici dell’antica cultura contadina. La Val Varenna è interessante anche per i resti di cartiere, fonderie, mulini, lavanderie e per gli antichi ponti sul torrente, in cui scorrono acque ancora limpide tra cascate e laghi.

Sestri Ponente (m 60) - Santuario della Guardia (m 804); segnavia: due quadrati rossi pieni; tempo: ore 3,30.genova3.jpg (48089 byte)

L’itinerario parte dalla strada che conduce al santuario del monte Gazzo, salendo fino alle pendici di questa montagna, divorata dalle cave e piegando poi sulla sinistra, in mezzo a macchie di pini e piccoli lecci, lungo le pendici dei monti Spassoia e Contessa. In prossimità della baracca del Cuppo, dove passa l’oleodotto, il percorso piega verso monte Scarpino, aggirando a monte la Valletta dove si trova la graziosa località di San Pietro ai Prati. Da qui si raggiunge l’osteria dello Zucchero, la costa Colletta e infine l’osteria Bossero, poco sotto il santuario.

Pontedecimo (m 90) - Gaiazza (m 360) Madonna della Guardia (m 504); segnavia: due cerchi rossi pieni; tempo: ore 2,30.

Il percorso parte dal campo sportivo di Pontedecimo e raggiunge la località Gaiazza, in comune di Ceranesi. Da qui percorrendo più o meno il tracciato della vecchia mulattiera, raggiunge le case Cavo e Sereto e le pendici a levante del monte Figogna, dove si trova una cappella con fonte. Questo percorso, seguito dai pellegrini che dall’alta Val Polcevera confluivano su Pontedecimo, attraversa boschi e campi un tempo intensamente sfruttati, oggi in abbandono, continuamente affacciato sulla parte montana della Val Polcevera, animata dai piccoli centri e dalle case sparse a mezza costa e sui poggi.Dai Piani di Praglia il santuario è raggiungibile a piedi percorrendo parte dell’itinerario che conduce a Bolzaneto, segnato con un triangolo rosso pieno, in poco meno di due ore. Il sentiero parte dall’osteria della Chelinna, raggiunge il Prato in Arco e il colle del Canile, taglia le pendici dei monti Seieu e Proratado, passa per la rocca Maia, dove si trova un ricovero e, tagliando in diagonale il fianco sud del monte Torbi, scende a Lencisa, poco sotto il Santuario. Bella passeggiata, ambientata in un paesaggio arioso e dai larghi orizzonti.

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