grazie1.jpg (50101 byte)La sera del 20 novembre 1598 giungeva a Mantova con un seguito di ben sette mila persone Margherita d’Austria figlia dell’Arciduca Carlo del Tirolo, la quale si recava a Madrid sposa di Filippo III. All’augusta viaggiatrice e al numerosissimo suo seguito Vincenzo I, che allora imperava a Mantova, fece le più sontuose e spettacolose accoglienze; la reggia di città, il palazzo del Te, le ville di Belfiore di Porto e di Poggio Reale parate a festa videro ricevimenti, simposii, danze splendidissime; si fecero cacce sui laghi, tornei nella piazza di s. Pietro e in teatro si rappresentò il Pastor fido del Guarino.La Principessa sazia ormai di tanti spettacoli rivolse l’animo anche a pensieri religiosi, e volle visitare la Cattedrale, e le basiliche di S. Andrea, di Santa Barbara e di S. Sebastiano, che erano tra le più rinomate della città; e nel pomeriggio del giorno 24 mostrò desiderio d’essere condotta anche al Santuario di S. Maria delle Grazie, che trovasi a sette chilometri da Mantova. Accompagnata dal Duca, dalla Duchessa e da molte dame e cavalieri, e accolta rispettosamente dai Frati Francescani, che avevano in cura il Santuario, Margherita, dopo aver pregato per un istante prostrata innanzi alla Immagine miracolosa, visitò minutamente la chiesa e quanto di notevole in essa si conteneva; e nell’atto di partire domandò se vi era una storia del tempio, che ella avrebbe volentieri portato seco in Ispagna in memoria di un Santuario, che tanto le era piaciuto. Alla richiesta della Arciduchessa gli astanti rimasero tutti muti; e il Duca mortificato dovette infine risponderle, che del Santuario non vi era alcuna storia. Faceva parte del circolo, che erasi raccolto intorno alla Regina, anche Ippolito Donesmondi, frate francescano, uomo colto e studioso, e che fin d’allora stava adunando materiali per una storia ecclesiastica di Mantova; l’egregio patrizio rimase tanto avvilito per la risposta negativa, che si dovette dare alla real donna, che da quel momento deliberò di supplire esso a questa deplorabile lacuna nelle patrie memorie; e di fatto scrisse poi la Historia dell’origine, fondatione et progressi del famosissimo tempio di S. Maria delle Grazie in campagna di Curtatone fuori di Mantova, la quale venne pubblicata in Casale nel 1603. Nel 1399 fu costruito l'attuale tempio maestoso in voto alla Madonna delle Grazie dell'allora esistente piccolo Oratorio per avere miracolosamente risparmiato Mantova e il circondario dal flagello incombente della peste. Al tempio così prontamente costruito, e che ogni giorno più si andava abbellendo ed arricchendo di doni, di statue, di pitture, di preziosi arredi, era stata addetta una famiglia di frati francescani, e per loro abitazione nel 1412 si eresse attiguo alla chiesa e a suo complemento un ampio e maestoso convento per 50 frati, coll’aggiunta di un degno reparto per i forastieri. Dalla descrizione, che di questo convento fa il Donesmondi, che lo vide nel massimo suo splendore, sappiamo che vi erano annesse scuole, biblioteca, fontane, giardini e frutteti, il refettorio, il dormitorio, l’oratorio, la sala di ricevimento, e le celle nei primi anni del Cinquecento furono dipinte a fresco da un frate, che apparteneva a questa famiglia, e di cui non ci è rimasto il nome, il quale da valente artista nei vari locali rappresentò la Passione di Nostro Signore, i Misteri della Vergine, e i fatti più salienti della religione francescana. Dalle finestre alte del convento, che si aprivano sul Mincio, dove questo comincia a dilagarsi, si vedeva la città di Mantova con le sue torri e le sue cupole; e verso settentrione si ammiravano in giro i colli di Villafranca, di Custoza, di Valeggio, di Volta, di Solferino, di Castiglione allora non ancora celebri, ma sempre festanti di pini e di vigneti. Attorno alla chiesa e al convento in breve volgere di tempo sorse, come è facile a pensarsi, un villaggio abitato da persone che vivevano dando alloggio ai pellegrini, e vendendo immagini, corone, e ricordi benedetti nel tempio. Nel 1521 Federico Gonzaga, Signore di Mantova, stabilì che la fiera annuale che tenevasi nel sobborgo di Porto venisse trasferita al villaggio delle Grazie  e fissata per il 15 di agosto festa della Assunzione di M. Vergine; e poichè per questo fatto al concorso dei devoti si sarebbe aggiunto anche quello dei mercanti, fra Paolo della Volta superiore del Convento fece erigere attorno al piazzale, che si stende avanti alla chiesa, un lungo portico di 52 arcate, che servisse di ricovero tanto ai pellegrini quanto ai mercanti, e i cui proventi fossero a beneficio del Santuario, che non aveva alcuna dotazione. Crescendo il tempio, ogni giorno di più, in rinomanza, molti Patrizi della città chiesero ed ottennero di predisporre in esso le loro tombe di famiglia; e allora questi andavano a gara nell’ornare le cappelle, che a tal scopo erano state loro concesse; e anche i vari membri della famiglia regnante, abbandonate le storiche tombe di S. Francesco e di Santa Paola nell’interno della città, vollero quivi essere sepolti: alle solennità quindi festose della Vergine si aggiunsero anche le pompe funerarie, alle quali interveniva un numero grandissimo di preti: e allora apparve necessaria una più ampia e più decorosa sagrestia, e questa fu costruita nel 1642: è una graziosa chiesetta, che poi dalla famiglia Capilupi fu ornata di un ricco altare e di quadri di valore. Come col tempo aumentava la fama del Santuario, così in pari grado cresceva anche la importanza della fiera; e tale e tanta era la moltitudine che vi accorreva, che la sua durata fu estesa a tre giorni, poi a otto e nel 1652 si dovette costruire una nuova ala di portici nel mezzo del piazzale. Per accedere al Santuario furono realizzate varie e comode vie; una vi veniva da Mantova, una da Brescia per Goito e Rivalta, e una da Cremona per Marcaria e Castellucchio; e sulla punta del lago ai piedi della chiesa venne scavato un ampio e sicuro porto, dove le barche potessero facilmente approdare e sostare. Ormai l’umile villaggio è divenuto una lieta borgata, e la devozione e gli affari lo costituiscono un centro di riunione di gente dei più rinomati nell’alta Italia. La penultima nostra duchessa Anna Isabella di Guastalla, devotissima di questo Santuario, volle che lo spazio di 5 miglia, che corre tra esso e la città, venisse ripartito in 15 stazioni, e che in capo ad ognuna di esse si costruisse una cappelletta, ove fosse dipinto uno dei 15 misteri del Rosario; l’opera fu incominciata; ma la morte della Duchessa avvenuta nel 1703 impedì che fosse condotta a termine. Da questo punto, se rimase ancora vivo il sentimento religioso  e ragguardevole l’importanza della fiergrazie3.jpg (42381 byte)a, per ciò che si attiene alla storia dell’arte il Santuario cominciò a decadere: e noi non abbiamo più altro a registrare che deperimenti, spogliazioni e distruzioni, che non è necessario descrivere, perché non si possono che troppo facilmente immaginare. Nel 1810 il governo francese soppresse il grande convento e ne cacciò i Frati francescani. Il Santuario restò in desolazione fino a quando, per le amorose cure di Vescovi mantovani (Corti, Rota, Sarto, il futuro S. Pio X e sopra tutti Mons. Domenico Menna grande devoto della Madonna delle Grazie) visse una nuova vita, sia per opportuni restauri, sia per il rinnovarsi della devozione. Nel 1886 vi ritornarono i figli di S. Francesco, i quali dall’aprile all’ottobre del 1899 poterono celebrare la commemorazione cinque volte centenaria della Fondazione del Tempio con numerosi pellegrinaggi e feste grandiose, presiedute dal Vescovo Mons. Origo e condecorate dall’intervento di due Cardinali e di quattro Vescovi. Ai figli di S. Francesco, per diretto interessamento del S. Padre Pio X, successero nel 1905 i Padri Passionisti, i quali ebbero il merito di promuovere le grandi celebrazioni dell’incoronazione della Madonna nel maggio 1907 e di ottenere per il Santuario il titolo di Basilica Minore. Dal 1935 il Santuario è officiato da Sacerdoti mantovani alle dirette dipendenze del Vescovo. Il 15 agosto, con sempre maggior concorso di popolo, ricorre la solennità annuale della Madonna delle Grazie durante la quale dal 1973 il sagrato si colora dei vivaci dipinti dei madonnari. La Madonna dall’alto del magnifico Tabernacolo, nelle armonie delle linee e degli archi, troneggia Regina e Madre, dispensatrice di grazie.