grazie2.jpg (64530 byte)Sopra un’altura, ai piedi della quale il Mincio allora non ancora disciplinato e contenuto dall’arte di Alberto Pitentino si dilagava in una vasta palude, sorgeva verso il Mille un umile capitello, entro cui era collocata una rozza tavola raffigurante la Madonna con il Bambino; verso questa immagine avevano una particolare devozione i barcaiuoli, che per la caccia, la pesca, far legna e raccogliere canne solcavano in tutti i sensi l’ampio limaccioso stagno, asserendo averne ricevute molteplici grazie; onde colle povere loro offerte e con elemosine d’altri fedeli, al capitello si sostituì un oratorio; e la fama della immagine miracolosa in breve dalle rive del lago si estese alla città e alle regioni circonvicine. Nel 1399 infierendo in Italia, e in Mantova più che altrove, il flagello della peste, Francesco Gonzaga quarto Capitano del popolo non sapendo più quali provvedimenti adottare per scongiurare o lenire una cosi grande calamità, fece voto alla Madonna delle Grazie, che cessata la moria, avrebbe mutato quel suo povero oratorio in una ampia e suntuosa basilica. E il voto fu subito compiuto; nel 1399 per opera, credesi di Bartolino da Novara, quel medesimo a cui si ascrive anche la costruzione del castello di Mantova, sorse un tempio maestoso, che a detta di Paolo Attavanti, storico non molto lontano da quei tempi, importò la somma ingente di 30.000 scudi d’oro; e vi fu murata una iscrizione, che ricorda la peste, il voto e la edificazione del Santuario, il quale fu consacrato nella festa dell’Assunta il 15 agosto 1406, con un rito solenne. Presenziarono con Francesco Gonzaga e il vescovo Antonio, Nicolò Tinti vescovo di Cremona e il mantovano Giovanni patriarca di Grado e massima autorità spirituale di Venezia: la potenza con cui il signore di Mantova intratteneva stretti rapporti politico-militari.

Ex voto:

Appeso alla volta del Santuario, l’occhio è attirato da un coccodrillo, così spiegato nel 1603 da Ippolito Donesmondi: «Da cent’anni or sono egli si scoperse nelle fosse di Curtatone, et quivi faceva molto male, quando una mattina assalendo d’improvviso due fratelli caminanti insieme sopra l’argine della fossa n’ammazzò uno et l’altro, vedutosi non poter fuggire, fatto cuore et raccomandatosi a questa gloriosissima Vergine, con un’accetta longa ch’aveva, assalì l’animale e l’uccise, quale poi scorticato, s’appese la pelle piena di paglia come si vede». Ma può essere stato prelevato dall’armeria gonzaghesca, dove risulta se ne conservassero due esemplari. E per spiegare la presenza dell’esotico animale nelle acque presso il Santuario è stata anche avanzata l’ipotesi che esso fosse evaso dal giardino zoologico che i Gonzaga tenevano nel non lontano Bosco Fontana.

All’interno del tempio nei due lati longitudinali e sopra gli arconi delle cappelle girano due ordini di logge (1600 c.a), ove separate da intercolonnii si disegnano varie nicchie, entro ciascuna delle quali sono collocate statue di cartapesta e di ferro rappresentanti in grandezza naturale Pontefici, Imperatori, Re, Cardinali, Principi, Guerrieri. Le statue sono in numero di 70, e,   se sotto l’aspetto religioso, si considerano di gran pregio, perché ricordano la visita di illustri Personaggi, miracoli, doni, memorie, voti, dal lato dell’arte esse appartengono al genere del tutto contrario al bello, e oseremmo dire, che deturpano le linee così corrette della chiesa ogivale. Siccome però ad alcune di queste statue sono annesse delle memorie storiche di qualche rilievo, così di esse diremo brevissime parole. Partendo dall’altare maggiore e discendendo verso l’uscita del tempio la statua seconda rappresenta Federico Gonzaga, quello che fu poi il primo duca di Mantova; fu posta come voto per la vittoria da Federico ottenuta sotto Pavia nel 1522, come lo accenna la iscrizione dell’Equicola sopra riportata: in questo tempio furono allora depositate le bandiere, le armi, i trofei acquistati in quella gloriosa campagna. grazie15.jpg (74410 byte)La quarta statua raffigura Carlo V, e ricorda la visita che nel 1530 il potente Imperatore fece a questo tempio, e la corona di pietre preziose, che vi lasciò. L’Imperatore che nel marzo di quell’anno era venuto a Mantova per proclamare Duca il Marchese Federico, sazio di feste e di piaceri, volle consacrare tutto il tempo pasquale in pratiche devote, e la visita a questo tempio non poteva mancare. Il pontefice, che si vede effigiato nella quinta statua è Pio II, che nel 1459 trovavasi a Mantova per tenervi un concilio, affine di persuadere ai Principi Cristiani una crociata contro i Turchi; più di 8 mesi rimase tra noi Pio II, e nell’ottobre per tre giorni dimorò nel convento delle Grazie assistendo a solennissimi riti, ed egli stesso pontificando attorniato dalla sua corte. Il giovane principe rappresentato dalla statua sesta è Filippo II, che fu re di Spagna. Filippo venuto nel 1549 a visitare il Milanese, fece una corsa anche a Mantova; accompagnato da Ferrante Gonzaga vicerè di Milano, dal duca d’Alba e da molti altri Ministri e Generali si recò ad ascoltare la messa in questo Santuario. Queste tre statue verso la metà del secolo scorso furono spostate nella galleria superiore. Intorno alla statua settima, che ritrae le fattezze di Carlo, duca di Borbone, si aggruppano vari episodi storici, che dipingono tempi e persone. Il Borbone, ribelle al suo Re, militava sotto le bandiere imperiali: quando nel 1525 i Francesi furono battuti sotto Pavia, il Borbone con poche forze cesaree scorazzava nel Mantovano; un corpo francese ancora intatto, che trovavasi in questi dintorni, colse il destro per vendicare la prigionia del proprio Re, e a Governolo distrusse l’accozzaglia del Borbone, che a stento fuggendo potè salvarsi presso il Marchese di Mantova, di cui per parte della madre Chiara Gonzaga era cugino. Il Borbone, grato alla Madonna, da cui riconosceva d’aver potuto scampare alla morte o almeno a una prigionia, appese la sua armatura di ferro in voto a questo Santuario, e vi fece porre anche la sua statua. Ma quando, due anni dopo questo Avventuriero, andò ad espugnare Roma, i frati inorriditi, che egli avesse portato le armi contro il Vicario di Cristo, sebbene ne rimanesse subito punito cadendo prima ancora di prendere la città, levarono via la statua e l’armatura: e quando più tardi la statua fu rimessa al suo posto, vi posero sotto i seguenti versi, che esprimevano i loro sentimenti: Se nol sai, te n’avviso in questi carmi,/ Divoto pellegrin, Borbon son io,/ Quel che a piè di Maria depose l’armi;/ Fui rubello al mio Re, ma più di Dio./ Questa quartina fu poi sostituita con la terzina che riportiamo insieme a tutte le altre. La prima fervente devozione non gli valse presso questi Frati il perdono dell’ultima sciagurata sua impresa.  Le altre statue ricordano soldati del Borbone, che scampati all’eccidio di Governolo avevano presso questo Santuario trovato rifugio e soccorso: nobili, popolani e religiosi, rappresentanti di tutte le classi sociali sono presenti in qualità di devoti e di graziati della Vergine. Alcune di esse erano rivestite di armature quattro-cinquecentesche il cui eccezionale valore è stato riconosciuto soltanto in questo secolo per l’appassionato interessamento del Vescovo Mons. Domenico Menna, a proprie spese, coadiuvato dall’inglese dott. Mann, e restano rarità mondiali. Attualmente, restaurate, sono esposte al Museo Diocesano «Francesco Gonzaga» – piazza Virgiliana, 55 – Mantova. Riportiamo le scritte in terzine di versi endecasillabi riferentisi alle statue votive a partire dall’altare maggiore.

I) La statua posta sotto l’orologio rappresenta uno che prega inginocchiato. Uom che t’accosti al tuo periglio ognora Ecco il tuo scampo, la tua guida e il porto, Bacia la soglia, e il simulacro adora.

2) La nicchia è vuota. Vi era raffigurato, con l’armatura, Federico II Gonzaga, che difese Pavia assediata nel 1522. Co’ soldati il Gonzaga il voto scioglie Salve dell’arme del Tesino in riva E al tempio dona le guerriere spoglie.

3) Un Cardinale che scioglie il voto durante una malattia.  D’in fermo san, di misero felice, Colei m’ha fatto dopo affanni, e cure, Che fu del mondo la riparatrice.

A questo punto la galleria o sovrastruttura lignea s’interrompe per far posto al riassetto neoclassico della cappella nella quale fu venerata l’immagine miracolosa della Madonna delle Grazie fino all’anno 1932. Lo spazio vuoto comprendeva tre nicchie con le statue ora collocate in alto.

4) L’imperatore Carlo V sotto la quale si leggeva la scritta: Tu che hai lo scettro e le vittorie in mano Donna dell’armi il diadema accogli Di Carlo V imperator romano.

5) Papa Pio II (Enea Silvio Piccolomini) Dopo le cure dolorose e gravi Chiuso il Concilio il successor di Piero A Te porge Maria ambe le chiavi.

6) Filippo II re di Spagna, anch’esso ornato del collare del Toson d’Oro. Fu a Mantova, da principe, nel 1549. Filippo il figlio il gran Monarca Ibero In questo tempio a Te del ciel reina Vien del padre seguendo il bel esempio. (L’imperatore Carlo V, papa Pio II, Filippo re di Spagna, sono stati spostati nella galleria superiore e le scritte distrutte).

7) Carlo di Borbone (il Connestabile). Il forte braccio, e la cervice altera, Ch’a niun volle piegar Borbone invitto Quivi umilia a Colei, che in cielo impera.

8) Nicchia vuota. Si tratta di un membro della compagnia borbonica che partecipò alla battaglia di Pavia del 1522.  Dalla cruda tenzon sotto Pavia Or che per Tua pietà salvo ritorno, Quest’arme accogli, e la sembianza mia.

9) Un frate francescano, identificato dal Donesmondi in padre Serafino di Legnago, che collaborò alla costruzione delle gallerie confezionando le cere (mani, cuori, seni, occhi ecc.) per la decorazione. A mia parte più degna, ed immortale La stanca etade già squarciava il velo, Ma di morte Costei spezzò lo strale.

10) Nicchia vuota. C’era un soldato in armatura della battaglia di Pavia. In mezzo all’arme, già vicino a morte, Poichè, o gran Donna, a Te mia voce alzai, Tu di vita m’apristi ambe le porte.

11) Sconosciuto condannato a morte per annegamento in un pozzo con un grosso sasso al collo salvato da due angeli. Fuor d’esto pozzo uscii libero e sciolto, Col grave sasso che pendea dal collo Perch’allor fui dalle Tue braccia accolto.

12) Nicchia vuota. C’era un guerriero con armatura (soldato) ferito a morte nella battaglia di Pavia. Nella guerra pavese a terra giacqui Colpito a morte da nemica spada. Per Te, Vergine, allor salvo rinacqui.grazie16.jpg (58486 byte)

13) Condannato a morte per taglio della testa. Il Giustiziere è il famoso «Giuanin d’la masola» e il protagonista, secondo il Donesmondi, sarebbe un certo Rinaldo della Volta, fornaio mantovano, condannato a morte e poi graziato. Per mio delitto condannato a morte E in van datomi un colpo il giustiziere L’altro sostenne pur Tua destra forte.

14) Condannato a morte per strangolamento. Innocente t’imploro e Tu se’ presta; Quattro volte si frange il laccio ingiusto, Perché Tua man l’altrui fierezza arresta.

15) Condannato a morte per slogatura delle ossa. Dalla fune onde in alto era sospeso, Vergine benedetta, io Te chiamai, Leggier divenni e non rimasi offeso.

16) Condannato a morte per impiccagione. Io veggo e temo in cor lo stretto laccio; Ma quando penso che Tu l’hai disciolto, Ribenedico il Tuo pietoso braccio.

17) Nicchia vuota. Per Te cingo quest’arme, e tanta gloria Vincendo ottenni, a Te consacro adesso, Del vincitor, il vinto e la vittoria.

18) T’implori ogn’un nel mezzo a ria procella, Vergine santa, che Tu sola sei Di questo tempestoso mare stella.

19) Nicchia vuota. A Te consacro, o Vergine Beata, Che me salvasti entro mortai periglio Quest’immagine mia di ferro armata.

20) Condannato a morte per abbruciamento. Col fuoco a’ piedi, oimè, posto tra ceppi, Sottratto fui dal barbaro tormento Perché devoto a Te volger mi seppi.

21) Nicchia vuota. Nella guerra crudel mi fu troncato L’un de’ membri, ch’al corpo era sostegno; Quando Maria chiamai fui risanato.

22) Madre di Lui che i nostri lacci ha sciolti, Raccomandami a Tuo figliuol verace; Tu fa, ch’el pianto, e la mia voce ascolti.

23) Soldato spagnolo con elmo e con vestito a fiorami. L’alma volea fuggir per doppia uscita Che due colpi spietati in me già fero; Ma Tu accorresti a trattenermi in vita.

24) Nicchia vuota. Non del ferro le acute e dure tempre Servato m’hanno da mortai periglio, Ma la gran Donna che qui onoro sempre.

25) In mezzo al rio cammin di questa vita D’ogni fedel nocchier fidata guida Per noi sei posta, e Tu ne porgi aita.

26) Nicchia vuota. In quel fatal e memorando giorno Che mia coscia portò l’alta ferita A Te mi volsi, ed or sano torno.

27) Al mio nemico che qui giace a terra Miglior vita dal ciel dal Figlio ottieni, Se già mi festi trionfante in guerra.

28) Nicchia vuota. Questa del corpo mio destra colonna Già per piaga crudel dolente e inferma Tu risanasti, gloriosa Donna.

29) Nel petto a manca man ferito a morte Dal periglio scampai, chè mi sostenne Maria col braccio valoroso, e forte.

30) Nicchia vuota. Per Te, Maria, vittorioso fui Con quest’arme felici, ond’io son cinto, Ed or le pongo umile a’ piedi Tui.

31) Da bellicoso stral nel collo offeso Alzo mia voce a Lei, che tutto ascolta; La man mi porse e io rimasi illeso.

32) Nicchia vuota. Perché sottratto m’hai, Vergine Pia, Da tanti colpi di nemica mano, T’offro con l’armi la sembianza mia.

33) Nella gola ferito in rio cimento, L’orribil piaga mi sanò Costei, Che da’ mortali ascolta ogni lamento.

34) Nicchia vuota. Il fulmine scorrea a me vicino, Ma tratto fui da morte, e di periglio, Perché Maria lui fé torcer cammino.

35) Un cannoniere affiancato dal suo pezzo (purtroppo di legno). Questa di fuoco rapida procella Per Colei sola non provai nocente Che può spezzar di morte le quadrella.

36) Nicchia vuota. Morte scacciando, apristi a me la via Di scampo ancor, o Madre di pietate, Quando al colpo crudel l’alma fuggia.

37) Le due ferite, o Vergine, chiudesti Che due coltelli già mi dier nel petto; Doppia vita così pronta mi desti.

38) Nicchia vuota. Da forte acceso marzial furore Nel Tuo nome trattai l’arma sovente; Scudo mi fosti, ed or Ti rendo onore.

39) Da mal noioso di formica oppresso, A Te, che pronta mi porgesti aita, Offro il mio cuor in questa imago espresso.

40) Nicchia vuota. Vi era rappresentato un reduce dall’Ungheria. Secondo il Donesmondi si tratterebbe di un gentiluomo di Ostiglia andato in Ungheria al seguito del duca di Mantova. L’effigie era rivestita da armatura filettata d’oro. Tornando un dì dall’Ungaro paese, A Te l’arma sacrando, io già proposi Viver lontan da militari offese.

41) Su’' pianto d’Eva in allegrezza torni, 0 saldo scudo dell’afflitte genti; Tu questa vita allumi e l’altra adorni.

42) Nicchia vuota. Tu per vera ed altissima umilitate Salisti al ciel onde i miei preghi ascolti; Tu partoristi il fonte di pietate.

43) Vergine in cui ho tutta mia speranza Non mi lasciar in su l’estremo passo Non guardar me: ma l’alta Tua sembianza.

44) Vergine bella, che di sol vestita Dai luce al mondo, il mio sentier rischiara E mi guida al confin dell’altra vita.

Visitatori illustri

Ricorderemo anche gli illustri Personaggi, che, oltre i già citati, vennero in questo tempio.

Nel 1414 il pontefice Giovanni XXIII, l’antipapa,  mentre si recava al Concilio di Costanza intimato per togliere il gran Scisma d’Occidente, giunto a Mantova si fermò per tre mesi presso questo Santuario, quasi presago, che in quel Concilio avrebbe dovuto deporre la contrastata tiara. Reduce dal Concilio di Costanza passava di qui il nuovo Pontefice Martino V nel 1419, e, lieto della pace restituita alla Chiesa, fece a quel tempio ricchi doni, e concesse numerose indulgenze. Visitarono e onorarono il Santuario nel 1433 l’imperatore Sigismondo, che era venuto a Mantova per conferire la dignità di Marchese a Gianfrancesco Gonzaga Capitano del Popolo; nel 1543 il Pontefice Paolo III, quando tornava da Busseto, dove aveva avuto un convegno con Carlo V; e nel 1598 il pontefice Clemente VIII, che erasi recato in queste parti per prendere possesso della città di Ferrara da lui tolta a Cesare d’Este.

Solennissima e degna di memoria fu la visita a questo tempio fatta nel 1585 dai tre ambasciatori Giapponesi; essi annunciavano un nuovo e ricco regno scoperto nell’angolo più remoto dell’Asia e conquistato alla fede. Il Principe, il clero, la popolazione tutta andarono a gara per onorare questi strani personaggi: e tutti gioirono quando li videro prostrati ai piedi di quella Vergine, che qui era tenuta in tanta considerazione, e il culto della quale si sarebbe esteso anche in quelle lontane regioni. Era quell’entusiasmo, che più tardi ispirò al Manzoni i seguenti versi: In che lande selvagge, oltre quai mari / Di si barbaro nome fior si coglie, /Che non conosca de’ tuoi miti altari/ Le benedette soglie?

Nel 1551 venne qui Massimiliano re dei Romani, e nel 1598 quella Margherita d’Austria, la quale, come già accennammo, diede occasione al Donesmondi di scrivere la storia del Santuario.grazie19.jpg (35226 byte)

Il 23 giugno 1991 in questo Santuario sostò in preghiera Papa Giovanni Paolo II in occasione del quarto centenario della morte di S. Luigi Gonzaga.

HOC . IN .TEMPLO CELESTI . REGINAE . SACRO

IOANNES . PAVLVS . II PONT . MAX B. V. MARIAM

GRATIAE . MISERICORDIAEQ . MATREM PIE .VENERATVS .EST POPVLVM . OVANTEM SOLLEMNITER . BENEDIXIT DIVINOQ PRESIDIO . COMMENDAVIT ET. SVB . SOLIS . OCCASVM

DIEM . ILLAM .DOMINICAM MEMORATV . PERQVAM . DIGNAM VNA . CVM .EGIDIO. EPISCOPO MANTVANAQ .ECCLESIA . CELEBRATAM AD . EXITVM . FELICISSIME . PERDVXIT IX . KAL . IVL .AN . SAL . MCMXCI (In questo santuario, sacro alla Regina del cielo, Giovanni Paolo II, sommo pontefice, la beata Vergine Maria, madre di grazia e di misericordia, piamente venerò, il popolo acclamante benedisse e affìdò alla tutela divina, e al tramonto quella domenica, degnissima d’essere ricordata e celebrata insieme con il vescovo Egidio e la chiesa mantovana, felicissimamente portò a termine.  23 giugno dell’anno della salvezza 1991.

Ma sarebbe troppo lungo e anche abbastanza noioso e per di più di nessuna utilità il ricordare tutti gli altri Personaggi, che fecero omaggio dei loro voti a questo tempio: accenneremo solo per ultimo la venuta di Francesco I imperatore d’Austria, il quale nel 1825 insieme alla moglie Carolina di Baviera, ed Arciduchi e Arciduchesse facendo il giro del Lombardo-Veneto, giunto a Mantova visitò e onorò il Santuario, lasciando preziosi doni. Che diremo, poi, delle popolazioni che accorrevano a questo Santuario? Per la festa della Assunzione il concorso dalle provincie di Mantova, di Brescia, di Verona, di Parma, di Cremona era veramente enorme; devozione, commercio, affari, divertimenti vi chiamavano gente anche dai paesi esteri; e in una occasione si annoverano simultaneamente più di 80.000 persone quivi adunate. Non potendo la chiesa contenere tanta moltitudine, fu eretto per i divini ufficii un altare sul vasto piazzale, e quivi fu pure attivata una fontana di abbondantissima acqua per abbeverare in quei giorni della canicola tanta folla di uomini e di bestie.

PREGHIERA
Sui passi di Cristo Gesù, veniamo a Te, Madonna delle Grazie, e Ti salutiamo: Ave o Maria, Ave o Madre di Cristo; Ave Madre della Chiesa e Madre nostra!grazie20.jpg (31816 byte)

Accogli, o Vergine Santa, affetti, trepidazioni e suppliche che da sempre a Te rivolgiamo. Sostieni i nostri passi sulla via di una fede serena e coraggiosa.

Insegnaci a faticare e a vivere come Gesù, in quotidiano abbandono alle buone mani di Dio nostro Padre, nella premura per le nostre famiglie, per il prossimo e per la Chiesa, come testimoni di perdono, di pacificazione e di tenace speranza.

Fa’ che con Te contempliamo sempre il volto glorioso di Cristo nostro Signore, Il Figlio Tuo crocifisso risorto e asceso al cielo, per noi fatto via, verità e vita. O clemente, o pia, o dolcissima Vergine Maria.

Maggio, 1997 † Egidio Caporello