LA FACCIATAmi-duomo9.jpg (49298 byte)

La facciata è stata l’ultima parte della cattedrale a essere costruita. Fu iniziata agli albori del XVII sec. da Francesco Maria Ricchini e a questo progetto risalgono i cinque portali e le quattro finestre minori. Negli altorilievi dei portali, tutti su bozzetti pittorici di G.B. Crespi detto il Cerano, sono raffigurati personaggi femminili preannuncianti la Vergine. I lavori, però, vennero sospesi attorno al 1630 per l’estraneità di questa architettura rispetto al Gotico del Duomo. Carlo Buzzi approntò nel 1650 un progetto comprendente la doppia serie di altorilievi, con simboli e prefigurazioni mariane tratte dall’Antico Testamento. I lavori, di nuovo sospesi attorno al 1660, lasciarono la facciata a rustico; fu solamente per volontà di Napoleone I che il cantiere riprese nel 1807 per concludersi nel 1814, secondo il progetto di Carlo Amati e Giuseppe Zanoja. Le porte di bronzo, tutte del XX sec., raffìgurano, da sinistra: "L’affermazione del Cristianesimo a Milano" di Arrigo Minerbi (1948), "La vita di S. Ambrogio" di Giannino Castiglioni (1950), "I dolori e i gaudi della Vergine" e la sua "Incoronazione" di Ludovico Pogliaghi (1906-08)  – porta modellata per la facciata vincitrice del concorso del 1888 e qui reimpiegata con felici adattamenti –, "L’affermazione civile e religiosa di Milano libero comune" di Franco Lombardi (1959) e "I fasti del Duomo" di Luciano Minguzzi (1965).

IL PERIMETRO ESTERNO

Si consiglia di percorrere il fianco destro, il meridionale, per ammirare la sequenza dei contrafforti, finestroni, guglie, archi rampanti e falconature. Procedendo dalla facciata, si incontra la statuaria più recente, ottocentesca, e, man mano ci si avvicina all’abside, quella barocca e cinquecentesca. Nelle finestre di capocroce del transetto, si trovano le statue più antiche, raffiguranti le Sante vergini che, sul finire del Trecento, godevano di grande culto popolare, mentre lungo l’intero perimetro absidale sono collocate statue della fine del XIV sec. e del primo Quattrocento, di scuola sia campionese e lombarda sia tedesco renana e borgognona. Particolare attenzione meritano i tre grandi finestroni dell’abside (22 x 11,50 m); il centrale è dedicato alla "Incarnazione" e reca l’elaboratissimo rosone con il "Sole raggiante", il Sol justitiae simbolo del Cristo. A fianco, in ginocchio, la ‘Vergine Annunciata" e l’ "Arcangelo Gabriele", più sotto le figure prone dei Santi Patroni, Ambrogio e Galdino. Di fronte allo sbocco di corso Vittorio Emanuele, si innalza la guglia Carelli (1404), con sculture di scuola borgognona e conclusa dalla statua raffigurante il duca Gian Galeazzo Visconti. Dall’atrio dell’ascensore, si può accedere ai resti archeologici della vasca battesimale di S. Stefano alle Fonti (prima metà IV sec.), nella quale sarebbe stato battezzato S. Ambrogio. Ritornati sulla piazza, si percorra il fianco settentrionale: esso presenta le stesse caratteristiche architettoniche e ricchezza di statuaria di quello meridionale.

mi-duomo10.jpg (32781 byte)L'INTERNO

Tornati in facciata, si entri da una delle porte e, immediatamente, si è conquistati dalla suggestione dello spazio, dalla mistica penombra, dallo slancio dei piloni e delle crociere delle volte, dalla processione di Santi e di Martiri che si affacciano dai capitelli, dal cromatismo delle vetrate, dalla tensione spirituale che tutti attrae verso l’altare.

LA ZONA ARCHEOLOGICA

Da una scala ricavata nella controfacciata si scende per la visita al battistero ottagonale di S. Giovanni alle Fonti, edificato da S. Ambrogio e nel quale questi battezzò S. Agostino (Pasqua 387). È questo il primo edificio battesimale a forma ottagona della storia cristiana e, pertanto, di importante interesse teologico e liturgico; a lato, si eleva parte dell'abside della cattedrale di S. Tecla. Risaliti nel tempio, si osservi, inserita nella pavimentazione e parallela alla facciata, la lista di marmo bianco nella meridiana che riceve il Sole da un foro praticato nella volta della crociera più esterna di destra. Sostando al centro si coglie immediatamente l'impianto basilicale a cinque navate attestato sul transetto composto da tre navate; all’incrocio si apre il grande spazio della cupola e più oltre la panoramica si conclude con il presbiterio e il luminoso bagliore delle vetrate immediatamente l'impianto basilicale a cinque absidali.

LA NAVATA ESTREMA DI DESTRA

Si inizi la visita dall’angolo formato dalla facciata con la navata estrema di destra, la meridionale. Subito si incontrano il sarcofago di serizzo e la copia (l’originale è al Museo del Duomo) del crocifisso in rame sbalzato detti di Ariberto – Ariberto da Intimiano, l’arcivescovo del "Carroccio" –, risalenti al quinto decennio dell’anno Mille. Alle spalle, la vetrata con le "Storie di S. Giovanni Evangelista", opera preziosa di Cristoforo de’ Mottis (1473-78). Segue il mausoleo Visconti, sepolcro di scuolami-duomo18.jpg (50920 byte) campionese degli arcivescovi Ottone (+1295) e Giovanni (+1354) Visconti. Dietro, la prima delle tre successive vetrate cinquecentesche delle "Storie dell’Antico Testamento", con inserti di episodi neotestamentari. Nella terza campata, tavola marmorea con l’elenco cronologico degli arcivescovi di Milano e, successivamente, l’arca Carelli, dedicata al già citato benefattore, di Filippino degli Organi e con raffinate statuette della bottega di Jacopino da Tradate (1408). Nella campata seguente, la quinta (il semplice monumento Vimercati, di Agostino Busti detto il Bambaja (metà XVI sec.) e la bella e animata vetrata delle "Storie del Nuovo Testamento", felice sintesi dell’arte lombarda dell’epoca sforzesca (1465-70). Seguono gli altari disegnati dal Pellegrini, eseguiti tra la fine del Cinquecento e i primi anni del XVII sec.- l’altare di S. Agata, con pala di Federico Zuccari e la vetrata con "Le storie di S. Eligio", opera elegante e vivace di Niccolò da Varallo (1480); l’altare del Sacro Cuore e la vetrata di Giovanni Hajnal (1988) dedicata a due amati pastori deùa Chiesa ambrosiana, di recente beatificati: dall’alto, il card. Alfredo Ildefonso Schuster (+1954) e il card. Andrea Carlo Ferrari (+1921), il cui corpo è custodito sotto la mensa dell’altare; la vetrata è dei Bertini (1897-1905); l’ altare Virgo Potens, con pala marmorea del 1393, che accoglie l’urna del Beato Card. Schuster. Nel braccio meridionale del transetto, il monumento a Gian Giacomo Medici, capitano di ventura e zio materno di san Carlo Borromeo, è opera di Leone Leoni e dono di papa Pio IV, fratello del condottiero; di classiche linee cinquecentesche, è arricchito dalle raffinate statue del "Medeghino" – così era chiamato il Medici –, della "Milizia" e della "Pace". Segue, nell’angolo, l’altare detto di Pio IV, donato da questo pontefice nel 1561 assieme alla vivace e monumentale vetrata con "Le storie di S. Giacomo Maggiore", del renano Corrado Mochis da Colonia (1565).

IL CAPOCROCE

Occupa l’absidiola del capocroce meridionale l’altare di san Giovanni Buono (inizio XVIII sec.), dedicato all’arcivescovo che attorno alla metà del VII sec. riportò la residenza episcopale a Milano dopo l’esilio genovese seguito all’occupazione longobarda; la statua del Santo, di Elia V. Buzzi (1763), è affiancata da quelle dell’"Angelo custode" e di "S. Michele"; al Barocchetto milanese appartengono i sei altorilievi con "Episodi della vita del Santo", al quale è dedicato il trittico di vetrate di Giovanni B. Bertini (1839-1842). Sopra le "portine laterali", la suggestiva Vetrata con le "Storie di S. Caterina d’Alessandria", opera di Biagio Arcimboldi e del figlio Giuseppe (1549-1556). Superato l’angolo, si incontrano l’altare della "Presentazione della Vergine", con delicata pala marmorea e statuette del Bambaja (1543), e la vetrata con le "Storie di S. Martino vescovo di Tours", del tardo Cinquecento. La notissima statua di S. Bartolomeo, diligente saggio di anatomia di Marco d’Agrate (1562), precede l’altare di "S. Agnese" (circa 1595).

IL TORNACORO

Svoltando a destra, si entra nel tornacoro o deambulatorio absidale, un percorso di grande interesse storico-artistico e liturgico: infatti, lega tra loro le prime realizzazioni architettoniche, scultoree e vetrarie della cattedrale, perimetra il presbiterio e la cripta custodendo il cuore del tempio e congiunge le due sagrestie con il luogo della celebrazione eucaristica. All’inizio del tomacoro, il sontuoso prospetto esterno del grande organo meridionale, con ante dipinte da Camillo Procaccini e Giuseppe Meda. Sotto l’organo hanno origine "Le storie della Vergine", serie di diciassette altorilievi in marmo della cinta del coro, uno dei più importanti cicli scultorei barocchi lombardi (1601-1630). Sulla parete esterna, dopo il monumento a papa Pio XI(Achille Ratti, arcivescovo di Milano, sul soglio di Pietro dal 1922 al 1939) di Francesco Messina (1969), il gotico portale della sagrestia capitolare, dedicato ai "Misteri della Vergine", di Hans Fernach e aiuti (1390-91): al centro, entro una ghiera con sei episodi mariani, il rilievo del "Compianto sul Cristo morto" e, nella lunetta superiore, "La Vergine in trono" e "L’incoronazione di Maria". Più avanti il monumento a papa Martino V, Oddone Colonna, che il 16 ottobre 1418 consacrò l’altare maggiore, lo stesso che ora domina il presbiterio: autore, Jacopino da Tradate (1424). Dopo il monumento al card. Marino Caracciolo (+1538), governatore di Milano sotto Carlo V, con elegante statuaria di Cristoforo Lombardo e del Bambaja, in una grande teca è custodito lo stendardo della Vagine del Rosario, donato da S. Carlo alla Confraternita da lui fondata (1583). Notiamo poi i tre finestroni dell’abside. La prima vetrata è dedicata alle "Storie del Nuovo Testamento", rifacimento delle vetrate quattrocentesche operato da G.B. Bertini (dal 1838 al 1849) e dai suoi figli, Giuseppe e Pompeo. La vetrata di mezzo, nel finestrone del Sol justitiae, racconta "L’Apocalisse": la parte superiore e centrale conserva ancora vetri quattro-cinquecenteschi, mentre la zona inferiore ospita antelli bertiniani (1834-1865). La terra vetrata, con le "Storie dell’Antico Testamento", è sostituzione integrale di quella quattrocentesca, di Giuseppe e Pompeo Bertini (seconda metà XIX sec.). Dopo il "Crocifisso della Misericordia" e tra gli affreschi del "Crocifisso", attribuito a Isacco da Imbonate (inizio XV sec.), e quello della "Madonna della Rosa", probabile opera di un artista umbro (1394), si eleva su una elaboratissima mensola di Francesco Brambilla la statua di papa Pio IV, di Angelo de’ Marinis detto il Siciliano (1556). Segue l’elegante e slanciato portale della sagrestia settentrionale o delle museo aquilonare, opera di Giacomo da Campione: nella mandorla "Cristo in gloria tra i Santi" e nella lunetta, sotto un arco con raffinate teste di "Profeti", "Cristo re e giudice tra la Vergine e il Battista". Questo portale rappresenta la prima opera scultorea del Duomo (1388-89). A fianco, il recente (1989) monumento a papa Paolo VI, Giambattista Montini, arcivescovo di Milano dal 1955 al 1963 –, opera vigorosa e di indubbia suggestione, modellata tra tensioni gotiche e formalismi barocchi da Floriano Bodini.

IL TRANSETTO DI SINISTRA

Prendendo a destra, si entra nel braccio settentrionale del transetto: dopo l’altare di S. Tecla- che ricorda la santa titolare della antica cattedrale e della attuale parrocchia del Duomo –, si incontra l'altare di S. Prassede, alle cui spalle s’innalza la vetrata con le "Storie di S. Giovanni Damasceno", prestigiosa opera di Niccolò da Varallo (1478-80). Segue la vetrata con la ‘Vita di S. Carlo", eseguita dai maestri vetrai Beltrami, Buffa, Cantinotti e Zuccaro (1910). Nell’absidiola, l’altare della Madonna dell'Albero, disegnato da Tolomeo Rinaldi (1571) e portato a termine dal Ricchini e da Fabio Mangone. La "Vergine col Bambino" è di Elia V. Buzzi (1778), mentre sulle lesene laterali sono collocati sei altorilievi con la ‘Vita della Madonna" risalenti alla prima metà del Cinquecento. Al centro della navata, si innalza il candelabro Trivulzio a sette braccia, bronzeo capolavoro della seconda metà del XII sec. e pezzo di oreficeria unico al mondo, di provenienza culturale del Centro-Nord Europa, acquistato a Parigi e donato al Duomo dall’arciprete Giovanni Battista Trivulzio (1562); l’elaboratissimo piedistallo è efficace sintesi scultorea dell’Antico Testamento e del sapere medievale, conclusa nel nodo centrale dall’insolita "Cavalcata dei Magi alla Vergine in trono col Bambino". Alla sinistra dell’altare della Madonna, a S. Caterina da Siena sono dedicati il gotico altare e la parte superiore della vetrata di Corrado Mochis (1562), mentre l’inferiore reca la ‘Vita dei genitori della Vergine" di Giovanni da Monte (1562-67); a lato, la vetrata degli "Apostoli" di Corrado Mochis su cartoni del cremasco Carlo Urbini (1567).

LA NAVATA ESTREMA DI SINISTRA

Rientrati nella navata più esterna di settentrione, si incontrano l’altare di S. Ambrogio, con bella pala dipinta di Federico Barocci (1600). Segue l’altare di S. Giuseppe, con lo "Sposalizio della Vergine" di Andrea Salmeggia e vetrata con episodi della "Vita di S. Giuseppe" del fiammingo Valerio Perfundavalle (1576). Il terzo altare è dedicato al "Crocifisso di S. Carlo", portato in processione dal Borromeo durante la peste del 1576; sopra, vetrata di "S. Elena e il rinvenimento della Croce" (1570-77). Nella campata successiva, sopra il monumento Tarchetta, vetrata con le "Glorie della Vergine", forse su cartone di Giovanni da Monte (1565). Seguono la riproduzione in fac-simile della "Madonna dell’aiuto" (l’originale è nel tomacoro) e la vetrata dedicata ai "Santi Quattro Coronati" (gli scultori martiri Claudio, Nicostrato, Sinforiano e Castorio), ultima opera di Corrado Mochis (1569) su cartone di Pellegrino Pellegrini (1567). Più oltre, il mausoleo Arcimboldi degli arcivescovi Giovanni, Giovanni Angelo e Guido Antonio (circa 1555) e la vetrata con la "Lotta dell’arcangelo Michele e dei demoni", singolare realizzazione di Giovanni Buffa (1939). Nella penultima campata, il polittico degli "Apostoli", altorilievo incompleto di scuola campionese (circa 1185), appartenuto alla cattedrale di S. Maria Maggiore. Concludono la rassegna del fianco settentrionale la lapide settecentesca della meridiana con il segno zodiacale del Capricorno e la vivace vetrata delle "Storie di Davide", di Aldo Carpi (1939).

LA CONTROFACCIATA

Uno sguardo alla controfacciata mette in evidenza la sua architettura composta da moduli monumentali manieristici, e le otto vetrate che, a partire da destra verso sinistra, rappresentano: "Il Martirio di S. Tecla(1860); "S. mi-duomo15.jpg (60275 byte)Ambrogio eletto vescovo (1855) e, sopra, "la Chiesa" (1955); "la Vergine Assunta" (1854) e, sopra, (La Trinità" (1955); "S. Carlo Borromeo vende il principato d’Oria (1855) e, sopra "La Sinagoga" (1955); "S. Michele Arcangelo" (1858). In corrispondenza della seconda campata, a sinistra, il battistero, classico tempietto eseguito dal Pellegrini.

IL TIBURIO

All’incrocio con il transetto, sopra i quattro piloni centrali si elevano altrettanti pennacchi sferici con i busti marmorei (1470 circa) dei Dottori della Chiesa occidentale (Gerolamo, Gregorio Magno, Ambrogio e Agostino), alternati a quattro pseudo gallerie con sessanta statue di Patriarchi, Profeti, Sibille e personaggi dell’Antico Testamento: chiude, in alto, la cupola ottagonale (1500).

IL PRESBITERIO

Davanti, si apre scenograficamente il presbiterio nella sua rinnovata versione (1986) a seguito della riforma liturgica del concilio Vaticano II. Esso valorizza tutti gli elementi del presbiterio cinquecentesco voluto da S. Carlo e attuato dal Pellegrini e mette in luce, al centro della gradinata semicircolare, l’antico altare(1185) già appartenuto a S. Maria Maggiore. La cattedra e l’ambone sono recenti bronzi di Mario Rudelli, mentre segni eloquenti della Parola tornano a essere i due pulpiti, disegnati dal Pellegrini (1580 circa). Dietro di essi, le monumentali casse degli organi (circa 1580), in legno intagliato e dorato con le grandi ante dipinte della fine del Cinquecento; al centro, dietro il nuovo coro dei Canonici, il pellegrinesco ciborio a otto colonne che schiude, sollevato da quattro angeli di bronzo, il tabernacolo a torre, dono (1562) di Pio IV. Alle spalle del presbiterio festivo, la cappella feriale di recente acquisizione (1986), racchiusa dal coro cinquecentesco dei Canonici intagliato in noce, che nei settantun stalli maggiori presenta la "Vita di S. Ambrogio" e i "Santi Martiri milanesi", mentre nei dossali del covo minore sono effigiati i "Santi Vescovi di Milano". In alto, la serraglia del semicatino absidale, copia del tondo in rame sbalzato e dorato raffigurante il "Padre Eterno" (l’originale è al Museo del Duomo, 1424), mentre nella volta centrale del coro, segnato da un lume rosso, domina il tabernacolo a forma di croce raggiata e dorata che custodisce il Santo Chiodo, reliquia venerata ab immemorabile già nell’antica cattedrale di S. Teda.

LO SCUROLO DI S. CARLOmi-duomo19.jpg (32119 byte)

Ritornando sulla destra nel tornacoro, dalle scale di fronte alla sagrestia capitolare si scende nella cripta o coro jemale, cappella circolare elegante per il gioco delle volte e della decorazione a stucco (XVII sec.); a sinistra, si accede allo scurolo di S. Carlo, prezioso vano ottagonale nel quale sono custodite in un’urna d’argento e cristallo di rocca le spoglie mortali del grande Borromeo (1610).

IL TESORO

A fianco, il Tesoro, che in due sale racchiude alcuni dei più significativi oggetti della sagrestia capitolare, tra i quali: la cappella argentea di S. Nazaro (circa 386), l’evangeliario d’avorio (V sec.), la situla d’avorio di Gotofredo (fine X sec.), l’evangeliario di Ariberto (1040), la croce di Chiaravalle (secc. XIII-XVI), l’ostensorio Castiglioni(XVI sec.), oltre a calici, reliquiari, vasi sacri, paramenti e stendardi.

LE TERRAZZE

Usciti dal Duomo, si ritorni sul fianco settentrionale (di fronte alla Rinascente) per salire a piedi o in ascensore sulle terrazze. Appena giunti in quota (35 m) con l’ascensore o le scale (158 gradini), si è conquistati dal numero e dalla fantasiosa varietà degli ornati di falconature e archi rampanti, della statuaria d’ogni misura che popola le centotrentacinque guglie, dei raffinati altorilievi che decorano i passaggi lungo i terrazzi. Percorrendo i camminamenti e salendo le rampe di scale che conducono di terrazza in terrazza, si scopre che il Duomo non è coperto da tetti, ma da terrazze, tutte pedonabili, che consentono di vivere un’esperienza unica: camminare in un mondo quasi irreale, in un museo all’aperto di architettura e di scultura che si proietta di continuo su scorci interessanti della città e, nelle giornate limpide e soleggiate, sull’intera Lombardia e sulla corona delle Prealpi e delle Alpi. Giunti sulla grande terrazza che corrisponde alla navata centrale (circa 55 m), si coglie appieno la vastità del Duomo, il fascino: la "foresta pietrificata" delle guglie, l’imponenza del tiburio ottagonale, accanto al quale si innalzano quattro elaboratissimi gugliotti: a destra, il "gugliotto Pestagalli" (1843) e, dietro, il "gugliotto Cesa Bianchi" (1887), a sinistra, il "gugliotto Vandoni (circa 1875) e, dietro, il "gugliotto detto dell’Amadeo" (1507-1520), dall’elegante veste architettonica e decorativa. Sopra il tiburio, attorniata da otto gugliette recanti simboli mariani e dalle quali si staccano altrettanti archi rampanti rovesci, si innalza la grande guglia (1765-69), sulla quale venne posta la statua in rame sbalzato e dorato della "Madonnina" (1774); con essa, il Duomo raggiunge l’altezza di 108,50 m.