LA FACCIATAmi-smgrazie6.jpg (45941 byte)

Su un'ampia piazzetta si apre la facciata, tipicamente lombarda, a capanna con il portale a forma di protiro, forse il primo lavoro fatto compiere dal Moro, intenzionato a uniformare la chiesa del Solari alla cupola del Bramante. La lunetta con la Madonna fra Ludovico e Beatrice dipinta da Leonardo scomparve presto, sostituita dall’attuale affresco (Michelangelo Bellotti, 1729).

L' INTERNO

La chiesa, il cui interno è a tre navate con la classica proporzione uno a due, è di Guiniforte Solari. Le colonne di granito sostengono le campate che al centro sono rettangolari per traverso, mentre a lato lo sono per il lungo; la copertura è a crociera cordonata, le cui chiavi di volta, formate da tonde serraglie in pietra bianca, sono opera della scuola lombarda dei Mantegazza, Cazzaniga, Briosco e Amadeo. Raffigurano "Santi domenicani" (iniziando dalla porta): Domenico, Tommaso d’Aquino, Pietro Martire, lo stemma sforzesco (proprio al centro della chiesa!), Vincenzo Ferreri, Ambrogio e la Madonna col Bambino.

LA DECORAZIONE PITTORICAmi-smgrazie8.jpg (30466 byte)

La fittissima decorazione pittorica fu realizzata, negli anni 1482-86, da Montorfano e Butinone e comprende disegni geometrici, rosoni, fiamme, tondi con figure di "Santi e Beati domenicani" a mezzo busto e a figura intera sui pilastri delle cappelle laterali. Nei lunettoni troviamo tredici figure che sporgono a mezzo busto, collocate in oculi che, in finta prospettiva, sono visti dal sotto in su, cerchiati con ghiera a marmi finti. Si individuano con una certa chiarezza: S. Caterina d’Alessandria e S. Sebastiano, S.Caterina da Siena, S. Vincenzo Ferreri, S. Domenico, S. Tommaso d’Aquino, S. Pietro Martire, mentre nella settima campata Gesù e di fronte la Vergine, ricoperta poi nel Seicento dallo stucco della Vergine del Rosario. Lungo le pareti esterne delle cappelle invece si può ammirare la teoria di "Santi e Beati domenicani", attribuiti a Butinone e Zenale, tra cui notiamo il B. Reginaldo d’Orléans, S. Domenico, i B. Roboaldo d’Albenga e Giacomo de’ Ariboldis da Monza, S. Pietro Martire, il B. Antonio Pavoni da Savigliano, il B. Antonio d'Asti e altre figure non chiaramente individuate.

LE CAPPELLE

Le cappelle della navata destra sono state tutte radicalmente restaurate dal dopoguerra a oggi.

CAPPELLA DELLA TORRE

Nella prima cappella, Della Torre, all'altare vi è un affresco del Quattrocento, qui trasportato dalla cappella della Madonna delle Grazie, "La Vergine adorante Gesù Bambino fra i Santi Ambrogio e Lucia che presentano un’intera famiglia". Non se ne conoscono i committenti, mentre per l’autore si sono fatti i nomi di Bergognone e di Bernardino de’ Conti. Alla parete sinistra si trova il monumento funebre di Giacomo Antonio Della Torre opera dei fratelli Cazzaniga (1483), con urna a muro e colonnine a candelabro raffigurante sulle specchiature l’"Annunciazione", il "Presepio" e l’"Adorazione dei Magi".

CAPPELLA DI S. MARTINO DE PORRES

Nella seconda cappella, di recente dedicata a S. Martino de Porres, oltre ad alcune lapidi cinquecentesche e all'altare, di fattura barocca, vi è una pala moderna con il santo mulatto.

CAPPELLA MARLIANI

La terra cappella, Marliani, è dedicata agli Angeli. All’altare è conservata una tavola seicentesca con l’"Incoronazione della Vergine tra i Ss. Michele e Gerolamo", mentre sulle pareti abbiamo affreschi ("La cacciata degli angeli ribelli", "Gabriele è inviato a Maria") di Aurelio e Giampietro Luini.

CAPPELLA DI SANTA CORONAmi-smgrazie9.jpg (54449 byte)

La quarta cappella, di S. Corona, era la sede della Confraternita di S. Corona sorta nel 1494 per iniziativa del P. Stefano da Seregno. In essa venivano sepolti i rettori della Confraternita. Gaudenzio Ferrari l’affrescò tutta nel 1542: nelle quattro vele a due a due "Angeli reggono gli strumenti della Passione", sulla parete destra "Ecce Homo" in alto, in basso "Flagellazione". Nella parete sinistra una grande "Crocifissione" con l’autoritratto dell’artista identificato nell’uomo sul cavallo bianco Sull’altare vi era l’"Incoronazione di spine" del Tiziano "emigrato" nel 1797 al Louvre di Parigi. Oggi vi è una "Deposizione" del 1616, opera di Gian Battista Secco detto il Caravaggino.

CAPPELLA SAULI

La quinta cappella, Sauli, venne tutta dipinta da Giovanni Demio nel 1541-42.

CAPPELLA DEGLI ATELLANI

La sesta cappella, degli Atellani, fu voluta per la sua famiglia da Giacometto della Tela nel 1508. Venne affrescata all’inizio del Seicento dai fratelli Fiammenghini. Iniziò da questa cappella nel 1929 il munifico intervento del sen. Ettore Conti a favore di S. Maria delle Grazie.

CAPPELLA DI S. GIOVANNI BATTISTA

Nella settima cappella, di S. Giovanni Battista, la pala d’altare con "S. Giovanni Battista ammonisce un devoto" è del "leonardesco" Marco d’Oggiono (XVI sec.). Le bombe del ferragosto 1943 hanno pressoché distrutto le cappelle della navata sinistra che sono poi state riedificate e restaurate.

CAPPELLA BOLLA

La prima cappella, Bolla, è dedicata alle due sante Caterina, d’Alessandria e di Siena. In essa sono state di recente sistemate sei formelle con episodi della santa senese destinate a una porta di bronzo purtroppo mai eseguita, opera di Francesco Messina (m. 1995), del quale è pure il piccolo "Crocifisso" (1981) sull’altare. Nell’angolo a destra vicino alla bella cancellata, in una nicchia di marmo, dal 1972 si conserva la preziosissima reliquia della cappa o mantello di S. Caterina da Siena. Di recente come pala d’altare è stato collocato un trittico su tavola di Nicolò da Cremona del 1520 appena restaurato.

CAPPELLA DI S. PIO V

Nella seconda cappella, di S. Pio V, sono state di recente sistemati lunettoni con le sinopie attribuite al Montorfano, mentre a sinistra si possono scorgere due lapidi dell’ultimo decennio del sec. XV del Bambaia.

CAPPELLA DI S. DOMENICO

La terza cappella è dedicata a S. Domenico, con l’altare del XVIII sec. e la coeva pala con "S. Domenico riceve dai Principi degli Apostoli il mandato", qui trasferiti dopo la guerra dal nicchione destro della cupola.

CAPPELLA CONTI

Nella quarta cappella, Conti, già Simonetta, all’altare trittico con "Madonna e Santi" di Nicolò da Cremona (1520).

CAPPELLA DI S. PIETRO MARTIRE

Nella quinta cappella, di S. Pietro Martire, sulla parete vi è un quadro con "S. Ludovico Beltràn", domenicano del XVI sec.: l’arma con cui doveva essere ucciso diventa un crocifisso.

CAPPELLA DI S. GIUSEPPE

La sesta cappella, dedicata a S. Giuseppe, nel ‘500 era cappella gentilizia dei Borromeo. La piccola pala sull’altare raffigura la "Sacra Famiglia con S. Caterina d’Alessandria", opera di uno dei migliori discepoli del Tiziano, Paris Bordone (XVI sec.); a destra vediamo "Madonna col Bambino tra i Ss. Carlo e Francesco", probabilmente del Fiammenghino, mentre sul lato opposto "S. Rosa da Lima che riceve dalla Madonna Gesù Bambino" del Montalto (1672).

CAPPELLA DELLA MADONNA DELLE GRAZIE

Da ultimo la cappella della Madonna delle Grazie. Nella lunetta corrispondente della navata principale una grande composizione a stucco, "Madonna del Rosario con S. Domenico, S. Caterina e devoti" (1632) segnala e ricorda il luogo principale, origine e cuore di tutto il complesso. Sulla lunetta sovrastante il solenne ingresso, bipartito da due colonne, il Cerano nel 1631 dipinse una tela con la "Madonna delle Grazie libera Milano dalla peste". La sottostante lapide ricorda il dono di Milano fatto a peste finita, una lampada in argento massiccio. All’altare della cappella vi è la "Madonna delle Grazie" che accoglie sotto il suo protettivo manto la famiglia del mecenate Gaspare Vimercati (scuola lombarda, XV sec.). Lungo i secoli è stata tagliata e degli Angeli si vedono solo la mano che tiene sollevato il manto e un’ala; dei figli le teste di profilo e le mani giunte. Nonostante tanti rimaneggiamenti e aggiunte, questo piccolo spazio conserva ancora un’intima atmosfera di raccoglimento e di invito alla preghiera.

LA TRIBUNA BRAMANTESCA

Ritorniamo nel presbiterio. Nel 1492 l'arcivescovo Guido Antonio II Arcimboldi pone la prima pietra della grandiosa cupola voluta da Ludovico il Moro, non come prolungamento della chiesa solariana, ma come mausoleo della famiglia Sforza. Fu terminata in fretta, tanto che il Moro, il 4 dicembre 1497, scrive giustamente compiaciuto "...abbiamo costruito dalle fondamenta la Cappella Maggiore, opera insigne, eccelsa e splendida...". Donato Bramante da Urbino abbatte l’abside della chiesa solariana, prende la larghezza delle tre navate e ne fa la misura-base nell’aureo e classico rapporto di 1:2, cioè 17,20 m.: è la misura per il lato del quadrato di base, del grande cubo, del diametro e dell’altezza della cupola. Sui lati del cubo si impostano quattro grandiose arcate che, raccordate da pennacchi, sostengono la cupola. Le arcate laterali si curvano in nicchioni con catini a lacunari; da quella di fondo si allunga il piccolo presbiterio. Nel giro degli arconi si ripete il motivo della ruota radiante, mentre entro i pennacchi, come del resto tutta la decorazione sulla parete bianca, a graffito sono rappresentati i "4 Dottori della Chiesa". Questa fitta decorazione a graffito venne scoperta all’inizio dell'Ottocento sotto gli affreschi seicenteschi, restaurata più volte, non ultimo nel 1984-87, formando nel loro insieme la serie più completa e importante che si conosca in Lombardia. Nella calotta della cupola, sotto e sopra i sedici oculi troviamo busti di "Santi domenicani" ed emblemi religiosi, mentre sopra la cornice che delimita questa zona abbiamo una decorazione con nastri, corone ed emblemi sforzeschi, di difficile lettura a occhio nudo.

LA CUPOLA

Il tamburo della cupola avrebbe dovuto essere il diadema sulla sottostante tomba di Ludovico e Beatrice. È formato da architrave, fregio e cornicione, ma il fregio è formato da trentadue rettangoli, otto dei quali abbinati in quattro campi sopra ai pennacchi, formando così tribune architravate aperte e praticabili. Nel progetto primitivo molto probabilmente la decorazione doveva essere solo a graffito, perché il Bramante non avrebbe osato nascondere la purezza delle linee architettoniche con la cromia degli affreschi. Di fatto ben presto si perdette l’intenzione originaria e fu tutto ricoperto da stucchi e pitture.

IL CORO

Sulle pareti del coro, coperto da volta ottagonale ad ombrello, sopra gli stalli sono raffigurate sei grandi figure di "Santi domenicani" a graffito (scoperti nel 1935-36 durante i restauri): a sinistra S. Domenico e S. Giovanni Battista; accanto da solo S. Pietro Martire. A destra S. Tommaso d’Aquino e S. Paolo; da solo Vincenzo Ferreri. Per una porticina usciamo nel chiostrino bramantesco quadrato a cinque arcate, con capitelli rinascimentali e volte a crociera con peducci inseriti nei muri.

LA SACRESTIA VECCHIA

Nel braccio nord c’è il portale della sagrestia vecchia sempre edificata dal Bramante per volere di Ludovico il Moro. Il portale d’ingresso, con stipiti e architrave in marmo, ha un portone a battenti lignei, il tutto sormontato da una lunetta monocroma del Bramantino raffigurante la "Madonna col Bambino fra i Ss. Giacomo e Luigi IX di Francia", purtroppo piuttosto rovinata. Entrando ci si trova in un vano rettangolare con abside semicircolare, che ricorda un oratorio più che una sacrestia. Sono bellissime le due lunghe fila di armadi che ricoprono senza pause la base delle due pareti maggiori. Il diploma con cui il Moro nel 1497 dava ordini per l’edificazione della sagrestia cita esplicitamente questi armadi, atti a custodire gli arredi sacri. Poiché solo le ante dei primi due banconi a sinistra sono a tarsia, mentre tutto il resto è dipinto, si può ragionevolmente pensare che il duca li avesse iniziati in tal modo, ma poi fatto prigioniero venissero conclusi in modo meno dispendioso, cioè con pitture. Infatti gli specchi delle ante sono decorati con pitture su legno rappresentanti a destra "Episodi dell’Antico Testamento" a sinistra "Episodi del Nuovo Testamento" (autore ignoto, XV sec.).

GLI ESTERNI

Uscendo dal chiostrino si può ammirare l'imponente tribuna e la ricca decorazione con doppio piedistallo alla base, stemmi sforzeschi e medaglioni con santi (Amadeo, XV sec.), nonché percorrere il lato della chiesa lungo corso Magenta ritmato da contrafforti.mi-smgrazie13.jpg (52738 byte)

IL "CENACOLO" DI LEONARDO

Il refettorio dei frati (visibile a sinistra della facciata e ora Museo Nazionale aperto ai visitatori) contiene l'"Ultima Cena" di Leonardo, occupandone tutta la parete nord del rettangolo. L'artista iniziò, per incarico del Moro, attorno al 1496, compiendola nel 1497. Il fatto evangelico è rappresentato nel momento drammatico in cui il Cristo annuncia che uno dei suoi lo tradirà. Al centro, isolato, è Gesù, mentre intorno si agitano gli apostoli, aggruppati a tre a tre. Da subito l'opera suscitò ammirazione, ma da subito iniziarono pure i problemi per la conservazione, ancora oggi in corso. Nella parete di fronte si nota la grandiosa "Crocifissione", firmata e datata da Giovanni Donato Montorfano nel 1495. La scena si presenta estremamente animata, gremita di voci e figure che contrastano con l'assoluto silenzio e compostezza della "Cena", anzi nel corso dei secoli è stato proprio questo confronto che le ha nuociuto.