IL SACELLO DI S. SATIROmi-smsansatiro2.jpg (61295 byte)

La basilichetta o sacello di S. Satiro, accanto alla quale nel XV secolo è stata costruita la grandiosa chiesa di S. Maria, sorse poco prima dell’879 per volere dell’arcivescovo Ansperto da Biassono (869-881) su un’area di proprietà della sua famiglia nell’ambito dell’Insula Asperti – che appunto da lui prese il nome – quasi come cappella domestica. La sua funzione spiega la ridotta dimensione e la scelta della pianta a croce greca. Nel suo testamento fatto il 10 settembre 879 l’arcivescovo Ansperto dispose che il sacello da lui dedicato ai santi fratelli Satiro e Ambrogio e a S. Silvestro, e le sue proprietà – di cui una parte proveniva da una permuta fatta col monastero di S. Silvestro di Nonantola – formassero un corpo unico e divenissero uno xenodochium (ospizio) affidato a otto monaci che vi sarebbero stati mandati dall’abate di S. Ambrogio, costituendovi una "cella". Pur con tutte le modifiche subite tra il IX secolo e il XX, il sacello di S. Satiro rimane "il più importante monumento di epoca carolingia superstite a Milano" (C. Perogalli).

IL MIRACOLO

L’attività religiosa e benefica dei monaci della "cella" e della basilichetta continuò regolarmente fino al 25 marzo del 1242, quando si verificò il miracolo della "sanguinazione" del Bambino in braccio alla Madonna di S. Satiro, provocata dalla sacrilega pugnalata di Massazio da Vigonzone (che subito se ne pentì, ne fece penitenza diventando monaco, morì santamente e "s'acquisì il merito d’essere annoverato fra i Beati"). Fu l’inizio di una moltitudine di miracoli e di un continuo e crescente affluire di pellegrini. Ai primi del medesimo XIII secolo un atto del 29 giugno 1209 rivela che i "vicini" della chiesetta di S. Satiro formavano una comunità curata da un "offitialis" – poi detto parroco – che allora era Giovanni Stampa. L’incessante afmi-smsansatiro4.jpg (63221 byte)flusso dei pellegrini che esprimevano la loro devozione e gratitudine alla Madonna anche con varie e cospicue offerte, determinò la necessità di una onesta e oculata amministrazione, che nel XV secolo fu assunta da una Confraternita che il 4 settembre 1480 ottenne l’approvazione ducale

L'OPERA DEL BRAMANTE

Si deve soprattutto a questa Confraternita se verso il 1470 si cominciò a costruire la chiesa di S. Maria, per la quale prestò la sua opera decisiva e il suo ingegno Donato Bramante durante gli anni della sua permanenza a Milano, nell’ultimo ventennio del XV secolo. L’attività pastorale non subì rallentamenti troppo rilevanti nel corso dei lavori. Come attesta l’accordo stipulato il 2 aprile 1483 con il sacerdote Protasio de Lonate, la nuova chiesa poté essere consacrata nel 1523 da mons. Francesco Ladini vescovo titolare di Laodicea. Ciononostante non si può affermare che i lavori fossero finiti: come in ogni chiesa vitale non si cessò di abbellire, modificare, restaurare e adattare alle nuove esigenze artistiche e liturgiche. Nel 1507 venne collocato nella sagrestia il gruppo della "Pietà" – opera di Agostino De Fondutis. Nel 1531 fu completata la pavimentazione in marmo che sostituì l’originaria in cotto; la copertura della chiesa fu ristrutturata circa un secolo dopo e nel 1693 si rinnovò la zona presbiteriale sostituendo, fra l’altro, la balaustra di ferro con una di marmo.  

I FILIPPINI

Nel frattempo, dal 1754 al 1787, la chiesa e la parrocchia rimasero affidate alle cure pastorali delmi-smsansatiro3.jpg (94047 byte)la congregazione religiosa dei Figli di S. Filippo Neri (Filippini) il cui prevosto fungeva da parroco, rappresentato però da un vicario curato. Il più noto di questi prevosti-parroci è il sacerdote milanese Serviliano Latuada che ricoprì la carica negli anni 1764-1765: è l’autore dei preziosi cinque tomi della Descrizione di Milano ornata con molti disegni in rame delle fabbriche più cospicue che si trovano in questa metropoli, stampato in Milano tra il 1737 e il 1738.

I RESTAURI OTTOCENTESCHI

Attorno al 1819 venne costruito in marmo anche un nuovo altar maggiore, in sostituzione del precedente in legno, sotto la guida dell’architetto Felice Pizzagalli. All’architetto Giuseppe Vandoni fu invece commissionata la direzione dei lavori, che fra il 1856 e il 1871 trasformarono in battistero la sagrestia bramantesca e dotarono la chiesa di una nuova facciata prospiciente la piazza, ampliata e aperta sulla via Torino, che in quegli anni incorporò l’antica contrada della Lupa. L’ultimo ciclo di restauri che ha dato al complesso di S. Satiro-S. Maria l’aspetto e lo splendore attuali è terminato nel 1992, in occasione del 750º anniversario del miracolo del 1242. Nel 1996 fu inaugurato il rinnovato organo, ultimo episodio di una storia che inizia con la chiesa stessa. Del 7 luglio 1490 è il contratto d’acquisto di un organo presso il veneziano Iohannes de Turriano. Nel 1563 venne collocato nella controfacciata un nuovo organo fatto da Giacomo e Benedetto Antegnati. Vi lavorarono poi dal 1794 al 1929 Guglielmo Schieppati, Eugenio Biroldi, i fratelli Carrera di Legnano, il Bemasconi e Vincenzo Mascioni.