Santuario della Madonna di Campagna a Ponte in Valtellina

Augusta Corbellini

 

L’edificio cinquecentesco dedicato alla Beata Vergine di Campagna sorge alla periferia sudoccidentale di Ponte, nello stesso luogo in cui, già agli inizi del Quattrocento, si trovava una piccola chiesa consacrata alla Vergine, di juspatronato di una nobile famiglia del luogo. La piazza antistante è chiusa su due lati da ciò che resta di un antico porticato realizzato per ospitare le fiere organizzate in occasione delle feste mariane (25 marzo, 15 agosto e 8 settembre); verso est si trova invece l’elegante palazzo costruito nel 1568 dalla Scuola della Beata Vergine, che amministrava i beni del cospicuo beneficio annesso alla chiesa.

Si apre sulla campagna verso occidente, infine, un arco dalle linee classiche (1792), posto sulla via che per secoli ha costituito l’accesso al paese, prima che venisse tracciata la strada che ora unisce il borgo al fondovalle.

Nel 1540 la Scuola Maggiore dei laici, divenuta proprietaria della chiesetta nel frattempo cedutale dalla famiglia cui era appartenuta, decise di edificare il nuovo tempio con le sue eleganti linee bramantesche.

All’esterno è rimarchevole il protiro in marmo bianco, cavato sulla montagna sovrastante il paese, con una bellissima Annunciazione ad altorilievo. La data incisa sull’architrave ricorda che il protiro venne ultimato nel 1593, allorché il vescovo Ninguarda in visita pastorale consacrò il tempio. Il portale marmoreo è abbellito da due paraste, poggianti su plinti con busti di profeti, interrotte in mezzeria da tondi con putti disposti specularmente.

Sulla sinistra dell’edificio si eleva il campanile a canna chiusa, costruito nel 1581, sopraelevato con una lanterna solo nel 1794.

La chiesa è a tre navate, scandite da quattro colonne lapidee a pianta esagonale rivestite in scagliola (1746), che ne alleggerisce il peso e le armonizza con i colori tenui e soffusi del manto pittorico che ricopre l’intera superficie delle pareti e delle volte. Il pavimento in marmo bianco e nero con effetto "onda di mare" (1742) ha sostituito quello più antico in lastroni di pietra verde locale.

I due confessionali dalla struttura architettonica, posti frontalmente nelle navate laterali, modellati in linee sinuose e ornati da intarsi a motivi geometrici e intrecci, furono realizzati da Andrea Rinaldi di Chiuro nel 1775.

Le due cappelle, con altari e balaustre in marmo policromo, sono dedicate a Santo Stefano e alla Madonna. Entrambe sono affrescate con finte architetture e quadrature settecentesche, opera di due noti pittori dell’epoca (1770).

Al Coduri spetta la cappella di destra, dedicata a Maria, nella quale l’artista disegna, sopra il cornicione aggettante, una finta balaustra con pilastrini ornati da volute e ghirlande di fiori. La realizzazione, sulla volta, di una finta lanterna e finestroni aumenta la spazialità della cappella. Per questo stesso altare Gaetano Gandolfi nel 1773 dipinse la pala con l’Assunzione della Vergine; trafugata nel 1973, fu ritrovata nel 1981 mutilata della parte superiore nella quale era raffigurata l’Assunta. La parte inferiore, raffigurante in luminosa cromia gli Apostoli, variamente atteggiati con espressioni stupite accanto al sepolcro vuoto, è ora conservata presso il Museo parrocchiale.

Al Porro tocca decorare, invece, la cappella di fronte. Nel catino, sopra il cornicione, il quadraturista finge una balaustra ornata di fiori policromi e sovrastata da finte colonne entro cui si apre una finestra a lunetta. Allo stesso autore si devono i quattro piccoli paesaggi - si tratta di vedute con ruderi - a monocromo rosso posti nell’intradosso della medesima cappella.

La cupola fu affrescata, con scene dal vecchio testamento e simboli mariani, da Giovanni Muttoni sul finire del 1600. Sulla volta, in alto, è raffigurata l’Assunta attorniata da un tripudio di cherubini. L’intera scena è racchiusa entro una finta balaustra, nella quale trovano posto gli otto tondi con simboli riferiti alla Vergine e iscrizioni latine. Sui quattro pennacchi sono raffigurati i quattro Dottori della Chiesa, mentre nel tamburo sono dipinti Ester e Assuero, Davide e Abigail, Mosé di fronte al roveto ardente e Giosué che intima al sole di fermarsi.

Sulle volte e sulla fascia alta delle pareti il pittore bergamasco Giuseppe Prina affrescò tra il 1718 e il 1719 dieci scene veterotestamentarie, entro eleganti cornici, con cartigli indicanti i versetti biblici corrispondenti agli episodi narrati. La figura centrale di quasi tutte le scene è una donna, il che va letto come preconizzazione di Maria.

Nella navata sinistra si vedono sulla parete Mosé salvato dalla figlia del faraone, una donna di Tekoa che intercede presso Davide; sulla volta il sogno di Giacobbe, Giuditta e Oloferne. In quella centrale sono affrescate le scene di Rebecca al pozzo e di Betsabea che incontra Salomone. A destra, infine, si trovano sulla parete Rut nel campo di Booz e la profetessa Debora; sulla volta l’arca dell’alleanza e Giaele e Sisara.

Sulla controfacciata, a lato del cartiglio centrale recante la scritta relativa alla consacrazione della chiesa, si trovano Balaam e Mosé, Salomone e Davide. Altre quadrature completano la frescatura delle pareti e sono ascrivibili alla mano del Biumi, collaboratore del Prina.

Sull’altare maggiore è collocato un affresco devozionale quattrocentesco con la Madonna in trono con il bambino, san Maurizio e sant’Antonio Abate: è quanto resta della primitiva chiesetta. L’affresco fu a lungo oggetto di venerazione, ancor prima che si edificasse il tempio, tanto che, quando venne demolita la vecchia cappella per far luogo al nuovo edificio, si decise di conservarlo "in seguito a prodigiose grazie ottenute" (come scrive il Tam). Il Ninguarda, in occasione della sua visita e della consacrazione della chiesa, lo trovò nella cappella di destra, intitolata alla Vergine; ma al tempo dell’Archinti, nel 1614, era già sull’altare maggiore: "est imago B.M.V. miraculosa in pariete depicta, quae ex alio humiliori loco huc fuit translata".

Si narra di miracolosi interventi della Madonna: il Tam in particolare ricorda che "due negozianti di vino, mentre discendevano dal borgo col loro carico di vino, a un tratto i cavalli rincularono e sbizzarrirono talmente che già si vedevano le botti sbalzate dai carri ed il vino correre per la strada se non avessero invocato l’aiuto della Madonna che tutto ridusse a un semplice spavento, per cui i negozianti diventarono distinti benefattori del santuario".

La chiesa, come scrive il Salice, "attirò ben presto alla Madonna di Campagna affollate processioni, provenienti anche da lontano. Per limitarmi ad una, dirò che la domenica 23 aprile 1570 ve ne giunse una molto numerosa da Sondrio con alla testa nientemeno che l’arciprete Gian Giacomo Pusterla. Il motivo fu che nel capoluogo valligiano si erano manifestati alcuni casi di peste patecchiale e, nel timore che il morbo si propagasse, la comunità aveva deliberato di pellegrinare - a piedi s’intende - sino a Ponte recando in dono alla chiesa due torce di quaranta once".

L’organo fu realizzato nel 1518 per la chiesa parrocchiale dall’organaro Antonio Bizarri e fu qui trasferito nel 1657. La cassa è sormontata da un fastigio barocco con statue e angeli ed è fiancheggiata da due grandi telamoni in noce, che reggono un capitello dorato. La fronte della cantoria è ripartita in nicchie separate originariamente da colonnine e piccole statue. Lo strumento, recuperato da un sapiente restauro, oggi è utilizzato per concerti da maestri di fama europea. La cassa e il coro, in noce parzialmente dipinto e dorato, sono stati oggetto di furti che li hanno privati di alcune decorazioni scultoree.

La tela posta di fronte all’organo, raffigurante entro una cornice marmorea scura l’Immacolata, è opera del pittore pontasco Giovanni Maria Piazzi (1678).

Il presbiterio è completato da scanni corali in legno scolpito e dipinto che, purtroppo, come la cassa dell’organo, portano i segni di furti sacrileghi. Le pareti e il catino absidale sono interamente affrescati con finte architetture e ingentiliti da decorazioni a stucco di Bernardo Bianchi (1619) che vi eseguì angeli reggenti il tondo centrale con la colomba dello Spirito Santo, simboli mariani e volti di cherubini.

La volta della sagrestia ha un ampio affresco, ormai gravemente degradato, dipinto dal pittore morbegnese Giovan Pietro Romegialli nel 1788; vi è effigiato il Trionfo delle tre virtù teologali.

  

Per informazioni: tel. 0342 482158.

Bibliografia

Cenni storici su Ponte, Como 1901.

T. SALICE, Archivi valligiani. La chiesa di Ponte, "L’ordine", 20 luglio 1975.

M. GIANASSO, Guida della provincia di Sondrio, Sondrio 1979.

D. SOSIO, Cinque secoli di arte organaria in Valtellina e Valchiavenna, Sondrio 1981.

A. CORBELLINI, Ricerca a cura della scuola media di Ponte in Valtellina, "Bollettino parrocchiale", numero speciale, 1987.

G. GIACOMONI, La chiesa della Madonna di Campagna. Appunti di storia e arte, "Bollettino parrocchiale", Ponte 1987.

F. NINGUARDA, Atti della visita pastorale diocesana 1589-1593, ordinati e annotati da S. Monti, Como 1892; ristampa Como 1992.

AUTORI VARI, La chiesa della Madonna di Campagna. Parrocchia di Ponte in Valtellina, Sondrio 1993.

AUTORI VARI, Il Settecento, Bergamo 1994.

AUTORI VARI, Pittura in Alto Lario e in Valtellina, Milano 1995.

AUTORI VARI, Il secondo Cinquecento e il Seicento, Bergamo 1998.