Santuario della Madonna del piano a Bianzone

Gianluigi Garbellini 

 

La sua luminosa facciata barocca, scandita da alte lesene, da cornici in pietra verde e da una serie di nicchie simmetriche, coglie di sorpresa chi transita sulla statale n. 38 dello Stelvio in direzione di Tirano, lungo il rettilineo di Bianzone. Dietro l’imponente fronte dalle forme eleganti e piene di armonia, fa capolino il campanile romanico a bifore, che si leva dalla superficie uniforme del tetto in ardesia assieme al tiburio ottagonale con la relativa lanterna.

Del primitivo edificio, la cui fondazione risale probabilmente al XIII secolo, non resta più niente, perché la chiesa venne ricostruita nel corso del XV secolo. Sul corpo tardomedievale si innesta la costruzione della seconda metà del Seicento, che portò alla ristrutturazione generale e trasformò il dimesso e antico oratorio di campagna, dal tetto a capriate, in un sontuoso tempio. Fu dopo l’apparizione della Madonna a Battista de’ Flagelli nel 1676 che l’antica chiesa nel piano di Bianzone ricevette nuova veste architettonica, diventando uno degli edifici sacri più ammirati della valle.

Stefano Panizza di Ponte, collaudato capomastro, e Nicolò Tamagnino di Bormio, abile "piccapietra", ne furono gli autori con le loro maestranze, impegnati per diversi anni. L’interno con unica aula "a sala" si presenta luminoso e solenne scandito da alte lesene dai capitelli in stucco finemente lavorati, con ampie volte a crociera e il presbiterio coronato da una cupola a pianta ottagonale, dipinta nei primi decenni del Settecento, con tanto di sigla, da Alujsius Riccardus, che raffigurò l’incoronazione della Vergine Assunta in un tripudio di angeli e di cirri luminosi. Dell’altare maggiore non resta oggi che l’ancona di delicati marmi policromi, da cui domina la statua della Madonna, opera recente, realizzata in una bottega artigiana di Ortisei nel 1984 a imitazione dell’antica del XVII secolo, trafugata da mano sacrilega.

Forse nessun’altra chiesa della provincia è stata spogliata in modo tanto sistematico e così brutale come questa, soprattutto negli anni sessanta e settanta, con l’asportazione di tutti gli arredi: da quelli d’altare, i più vulnerabili, alle pale dipinte, alla stessa venerata immagine della Vergine, fino agli ornamenti dell’organo e del pulpito, veri capolavori d’intaglio e alle balaustre di marmo pregiato. Restano a ricordare quello scempio i moncherini della cassa dell’organo e le ancone vuote degli altari laterali dalle fantasiose e scenografiche architetture settecentesche.

Finalmente all’inizio degli anni ottanta avvenne la rinascita della Madonna del piano con i radicali lavori di restauro promossi con tenacia dal vecchio parroco del paese e finanziati dallo Stato e da enti pubblici locali con il contributo dei fedeli. Anche la sede della strada statale, che da quasi un secolo aveva affossato il sacro edificio, correndogli al fianco a diversi metri di altezza e lambendone lo spigolo sud-ovest, venne spostata a valle di diversi metri, permettendo la creazione di un vasto piazzale che valorizza il complesso architettonico e, insieme, una ottimale visione.

Il 22 settembre 1985 il vescovo di Como Teresio Ferraroni con solenne cerimonia riaprì al culto il santuario che nel passato fu uno dei più frequentati della zona, con processioni dai paesi limitrofi e grande concorso di fedeli, specialmente nel giorno dell’Assunta.

  

Per informazioni: tel. 0342 720014.

Bibliografia

La Madonna del piano in pericolo, Sondrio 1977.

D. SOSIO, Bianzone. Il santuario di Madonna del piano. Appunti di storia, Sondrio 1985.